Il coraggio di mamma Marta: la “vittoria” della vita sul tumore

L’8 maggio ricorre la Festa della mamma. Ma è anche la Giornata dedicata al Tumore ovarico. Si tratta di una patologia molto subdola, tanto da essere definita “silent-killer”: non esiste uno screening mirato e i sintomi sono spesso aspecifici, per cui la diagnosi avviene quando la malattia è già in fase avanzata. In Italia sono 5.200 le nuove diagnosi all’anno. Paura, angoscia, senso di impotenza, a volte disperazione: sono i sentimenti che provano le donne dopo la diagnosi. Ma c’è anche chi riesce ad affrontare questa patologia con grande coraggio e determinazione. Come è accaduto a Marta, 34enne romana, giornalista di professione, che è riuscita a scoprire e vincere la malattia grazie alla sua gravidanza, per la quale ha lottato con tutte le sue forze fino alla nascita di Bianca Vittoria. Ed è stata davvero la “vittoria” della vita sulla malattia! E donnainsalute ha avuto il privilegio di poterla raccontare.

«Tutto è cominciato ad aprile dello scorso anno», ricorda Marta. «Non avevo alcun sintomo, ma solo il sospetto di essere incinta. Dopo il test positivo fatto a casa, con tanta gioia per il lieto evento, la conferma dell’ecografia in ospedale. Ma la ginecologa, accertando la gravidanza, si era accorta che avevo delle cisti ovariche abbastanza voluminose. E per questo mi inviò a un centro specializzato del Policlinico Gemelli di Roma per meglio valutare la situazione. Due giorni dopo sono stata sottoposta a un’ecografia transvaginale che è durata circa un’ora: lì mi sono accorta che qualcosa non andava, perché i medici parlavano tra loro in modo incomprensibile. Alla fine mi avevano prospettato di fare una biopsia perché sembrava che le cisti fossero maligne o quanto meno “borderline”. Per fare questo esame dovevano operarmi in anestesia totale, ma avrei dovuto aspettare la 13a settimana di gravidanza per non causare danni al feto. All’epoca ero alla 6a settimana e ho trascorso più di un mese nell’angoscia dell’intervento che, in un primo tempo, avrebbe dovuto essere in laparoscopia, ma poi hanno dovuto ricorrere a una tecnica più invasiva, la laparotomia. Al risveglio, appena mi hanno comunicato il referto “borderline”, dopo un esame istologico rapido, le mie preoccupazioni per la malattia sono svanite quando mi hanno assicurato che la gravidanza continuava e il feto non aveva subito alcun danno. Dopo qualche settimana, invece, il referto definitivo era cambiato: si trattava di un tumore all’ovaio maligno, precisamente un “carcinoma sieroso di basso grado”, molto raro, con un’incidenza inferiore al 5%, la cui unica soluzione era la chirurgia. Ma in questo caso avrei perso la bambina. Di fronte alla mia determinazione a proseguire la gravidanza, i medici che mi seguivano hanno ipotizzato di iniziare una chemioterapia, nella speranza che il tumore non sarebbe progredito e non ci sarebbero stati danni per la bimba, lasciando passare ancora qualche mese per poter poi partorire. Era comunque una soluzione “sperimentale”, poiché non c’erano molti casi in letteratura, nè la certezza che il tumore potesse essere fermato da questa chemioterapia. Nel caso di mancata risposta a questi farmaci, avrebbero comunque dovuto intervenire con la chirurgia.

Ho trascorso 4 mesi da incubo! Temevo che i farmaci non avrebbero avuto successo e di dover dunque rinunciare alla mia bambina. Ma ero decisa a proseguire: il mio obiettivo era di portare a termine la gravidanza e tutto il resto mi sembrava marginale. Compresi gli effetti collaterali della chemioterapia, che sono stati comunque molto pesanti. Mi sono sottoposta a 5 cicli di chemio, con infusioni della durata di sei ore, di carboplatino e taxolo, ogni 21 giorni. La mia preoccupazione era sempre quella di non danneggiare la bimba che stava crescendo in grembo. La prima chemio è stata una tragedia: ero disperata per la preoccupazione che potesse far male alla piccola. E poi ero sola, perché, con le misure anti-Covid, non c’era nessuno accanto a me, anche se il personale infermieristico è stato molto presente e sensibile. Le conseguenze sono state molto pesanti, soprattutto la nausea e la perdita di capelli, la manifestazione più evidente della malattia. Non avevo altri sintomi, ma la perdita di capelli mi confermava che ero malata. Per fortuna, tra una chemio e l’altra, facevo le ecografie per la gravidanza e vedevo la mia bimba che pian piano cresceva: identificavo il suo viso, il suo cuoricino e questo mi dava la forza di andare avanti, di superare tutte le sofferenze che le cure mi stavano procurando. Anche l’oncologa, che mi è stata sempre accanto come un’amica, mi rassicurava dicendomi che altre donne in gravidanza facevano la chemio per altri tipi di tumori e mi aveva riferito che gli unici problemi che avrebbe potuto avere la bimba erano il basso peso alla nascita e una possibile ipoacusia.

Ho finito i cicli di chemio a ottobre e il parto è stato fissato per i primi di novembre. Il 3 novembre sono entrata in sala operatoria: per il parto mi hanno fatto l’epidurale per darmi la possibilità di vedere la mia bimba. E’stata un’esperienza positiva. Mi sembrava di essere su una navicella spaziale dove tutto era molto soft: mi hanno fatto addirittura ascoltare la musica che preferivo e con estrema velocità è nata la mia bimba, per fortuna sana. Poi, in anestesia totale, hanno iniziato l’intervento per asportare il tumore, che si era nel frattempo esteso alla zona peritoneale e all’utero. E’ stata un’operazione davvero debilitante, con conseguenze pesanti, soprattutto per la cicatrice molto estesa, per i farmaci che sto ancora assumendo e perché sono andata in menopausa, con tutti i sintomi che questa comporta: vampate, sudorazione, spossatezza. In più la gestione della bimba in queste condizioni è impegnativa. Già avere un bimbo ti cambia la vita. Ma in queste condizioni è stata una situazione molto difficile, nonostante l’aiuto del mio compagno e dei miei genitori. Ma devo riconoscere che nella mia sfortuna, sono stata “fortunata”. Se non fossi rimasta incinta, avrei scoperto molto più tardi di avere un tumore e forse la situazione sarebbe stata ben peggiore e magari non più risolvibile. Invece Bianca Vittoria mi ha salvato la vita! Anzi ci siamo salvate a vicenda: lei ha salvato me, perché altrimenti non mi sarei accorta di avere un tumore. E io ho salvato lei perché ho voluto a tutti i costi proseguire una gravidanza che era comunque a rischio. Ed è stata questa la nostra reciproca “vittoria”!».

di Paola Trombetta

“Scatta la rinascita”: una mostra fotografica di pazienti oncologiche

Una mostra, quaranta fotografie scattate da pazienti oncologiche (una di queste è Marta), con un unico obiettivo: raccontare la propria personale rinascita dopo la malattia e dare un segno di speranza alle donne affette da tumori ginecologici. La mostra “Scatta la rinascita”, a cura di Loto Odv (lotonlus.org), con la collaborazione del fotografo Nino Migliori, è allestita a Bologna a Palazzo d’Accursio fino all’ 8 maggio, Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico. Si sposterà poi nei Day Hospital dei reparti di Ginecologia e Senologia Oncologica di sette ospedali italiani, Policlinico Sant’Orsola a Bologna, Ospedale Maggiore di Parma, Ospedale Morgagni Pierantoni di Forlì, Ospedale degli Infermi di Rimini, Ospedali Riuniti di Ancona, Policlinico Universitario Gemelli di Roma e Ospedale Civico di Palermo. La diagnosi di un tumore ginecologico (utero, ovaio, cervice, vulva, vagina) in Italia interessa circa 18 mila donne l’anno: è un’esperienza che lascia ferite, nel corpo e nell’anima. Ma può essere anche un punto di svolta dal quale si può rinascere: attraverso il confronto con medici e psicologi, le cure adeguate, la condivisione di esperienze e il supporto delle associazioni.

«Quando si è affetti da un tumore, la malattia diventa totalizzante e ci si identifica quasi completamente con essa», spiega Sandra Balboni, Presidente di Loto Odv. «La lente di una fotocamera permette di rappresentarci, è un’istantanea sulla propria mente, ma anche il riscatto di se stessi attraverso l’immagine. In ognuna delle nostre foto c’è una parte di noi e ci racconta contenuti spesso inconsapevoli: può anche avere un ruolo riabilitativo vero e proprio. Da questa riflessione è nata l’idea del contest aperto a tutti e della mostra itinerante, diventati realtà grazie alla collaborazione del fotografo Nino Migliori e al supporto di BPER Banca. Il nostro scopo è quello di sensibilizzare e informare le donne sui tumori ginecologi, e prendere per mano quelle che ricevono la diagnosi. Anche arricchendo le sale d’aspetto degli ospedali con immagini di speranza e rinascita».

Tra gli altri appuntamenti promossi da Loto Odv, sabato 7 maggio, alle 9, presso l’Hotel NH Bologna De La Gare si terrà il convegno scientifico “I tumori dell’ovaio e dell’endometrio nel 2022” con l’obiettivo di fare il punto sulle nuove prospettive di cura e gli strumenti di diagnosi precoce di questo tipo di neoplasie. A partire dalle 19.30 presso il chiostro della chiesa Santissima Annunziata in piazza delle Barricate è prevista la Peony Charity Dinner a sostegno delle attività di Loto e della ricerca contro il tumore ovarico: partecipare è un’opportunità per fare del bene (per adesioni 333/4772157). Sempre sabato a Roma, è in programma un’intera giornata dedicata alla bellezza e al make-up. Perché prendersi cura di se stesse e del proprio corpo, nonostante la malattia, aiuta ad affrontare meglio le terapie, accresce l’autostima e agevola il percorso di cura. Loto Odv invita le pazienti oncologiche a partecipare all’iniziativa “Curate e coccolate”, sabato 7 maggio dalle 10 alle 16 presso il Policlinico Gemelli: un piccolo gesto di vita quotidiana per riappropriarsi del proprio corpo. Inoltre, a partire dalle ore 21, i centralissimi Palazzo Podestà di Bologna, il Palazzo Comunale di Parma, la Fontana di Piazza Ordelaffi di Forlì, Castel Sismondo di Rimini, il teatro delle Muse di Ancona e il Teatro Massimo a Palermo si illumineranno di “azzurro Loto”: un modo scenografico per arrivare a tutti e richiamare l’attenzione su questa patologia.  P.T.

Altre iniziative di ACTO Onlus

Domenica 8 maggio, 18 milioni di persone da 45 paesi  faranno sentire la loro voce in 41 lingue diverse per accendere i riflettori sulla neoplasia ginecologica più grave di cui soffrono circa 800 mila donne nel mondo e 50 mila in Italia. La rete delle Associazioni Acto prevede una diretta Facebook alle 15.15 (www.facebook.com/Actoonlus), dedicata alla qualità di vita delle donne che convivono con questa neoplasia. Il “Fattore Q”, cioè la qualità di vita, è diventato un tema centrale in oncologia, perché i progressi della medicina hanno migliorato la sopravvivenza: oggi il 65% delle donne è viva a 5 anni dalla diagnosi. Nel campo del tumore ovarico, la genetica e la disponibilità di terapie mirate stanno regalando alle pazienti molti anni di vita in più che, però, devono essere di qualità: una migliore qualità di vita migliora anche la sopravvivenza. Nell’ evento di domenica pomeriggio, dopo la lettura magistrale della Professoressa Nicoletta Colombo che introdurrà il tema di qualità di vita nella scienza e negli studi clinici, si discuterà con medici e pazienti e si offrirà una panoramica di tutti i progetti che Acto Italia e le associazioni Acto regionali promuovono per migliorare la qualità di vita delle donne malate. Si parlerà di “Cure oltre le cure” con Acto Piemonte, di Movimento e Salute con Acto Toscana, di sessualità con Acto Lombardia, di bellezza con Acto Sicilia, di prevenzione con Acto Puglia e Acto Campania e di ricerca clinica con Acto Italia, che presenterà il suo progetto Ricerca InActo, incentrato su conoscenza ed esperienze verso gli studi clinici delle pazienti con tumore ovarico. Il pubblico sarà coinvolto nell’esprimere commenti o preferenze, perché il parere di ogni donna, di ogni paziente, di ogni familiare o caregiver è ciò che più conta quando si parla di qualità di vita. «Per la prima volta, ci ritroviamo tutte insieme in un evento pubblico», puntualizza Nicoletta Cerana, Presidente Nazionale Acto. «Ognuna di  noi potrà raccontare il proprio impegno e la propria unicità nello stare al fianco delle donne che soffrono. I progetti coprono diverse aree, ognuna delle quali aggiunge un piccolo pezzo di “normalità” alla vita delle nostre pazienti, quella normalità che la malattia colpisce duramente». Sono in programma anche altri eventi nelle sedi regionali. Si va dalla partecipazione di Acto Lombardia alla Civil Week  (la quattro giorni di Milano sull’impegno civico) con il Defilé della Rinascita il pomeriggio del 7 maggio, alla festa di Acto Puglia nel pomeriggio del 20 maggio, durante la quale verrà consegnata la borsa di studio in memoria di Adele Leone, fondatrice e primo presidente di Acto Puglia: quest’anno è stato anche avviato il progetto #veniAMOdaTe di prevenzione nelle carceri con visite e incontri informativi. Acto Piemonte ha promosso il corso ECM per i medici del 26 maggio sulla terapia oncologica integrata. Non mancheranno anche eventi di sensibilizzazione come la campagna regionale sul tumore ovarico “La prevenzione inizia dalla buona cucina siciliana” dal 2 all’8 maggio organizzata con LILT da Acto Sicilia. Sempre Acto Sicilia presenterà il 7 maggio il progetto “Con-TU-rbante” e sarà al Catania book festival il 6,7,8 maggio per presentare “Oltre l’obiettivo”, il libro fotografico che racconta per immagini storie, testimonianze, paure, speranze, abbracci, di pazienti, famigliari e personale sanitario dell’Ospedale Cannizzaro di Catania. Per info: www.acto-italia.org.  P.T.

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