In Italia il numero di donne che convive con l’HIV è in crescita esponenziale: dallo 0,7% nel 1985 si è passati oggi al 77,1%. Basta, infatti, un solo rapporto a rischio per infettare da una a dieci donne su mille. Il 35% delle nuove diagnosi riguarda il sesso femminile, con quasi 1500 casi all’anno sui 4000 sieropositivi. A differenza degli uomini, che contraggono l’infezione da rapporti occasionali, le donne si infettano da rapporti stabili col partner. E magari si accorgono dell’infezione solo in gravidanza, con il test dell’HIV che l’Associazione Network Persone Sieropositive, fondata e ora guidata da Rosaria Iardino, ha proposto come obbligatorio (npsitalia.net).
A lanciare l’allarme dell’aumentata incidenza di HIV nelle donne è stata la Giornata mondiale dell’AIDS. In quell’occasione a Roma è stato presentato il progetto europeo SHE (Strong Hiv positive Empowered women) www.shetoshe.org. <E’ un programma educazionale rivolto alle donne sieropositive e realizzato in diversi Paesi europei (Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Portogallo, Polonia) da medici e donne malate per offrire informazioni e supporto alle nuove infette che spesso non sanno a chi rivolgersi e come vivere questa condizione> spiega Antonella D’Arminio Monforte, responsabile della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Paolo di Milano. <Per la scarsa conoscenza di questa malattia, oggi ben controllata con i farmaci antiretrovirali, le donne rischiano di compromettere le loro scelte di vita>. Un esempio: nelle sieropositive gli aborti sono aumentati dieci volte rispetto alle donne sane, un dato confermato dallo studio DIDI (Donne con Infezione da Hiv) che fa parte di un altro progetto europeo, WFPA (Women for Positive Action) coordinato dall’Ospedale San Paolo di Milano e dallo Spallanzani di Roma su circa 600 donne sieropositive. Le cause? <Sicuramente la paura di mettere al mondo un figlio malato e la scarsa conoscenza delle potenzialità dei farmaci che hanno oggi ridotto la trasmissione dell’infezione al feto dal 25% a meno dell’1%> puntualizza la professoressa D’Arminio Monforte. <C’è poca conoscenza anche dell’efficacia e degli effetti collaterali dei farmaci, finora testati solo sull’uomo>. Per la prima volta al Convegno di Roma è stato presentato uno studio europeo di comparazione di efficacia nella donna e nell’uomo del farmaco atazanavir.