Recenti fatti hanno ricordato come ciascuno di noi, in qualsisasi momento, può trovarsi in situazioni di pericolo: pensiamo al recente naufragio della Costa Concordia, ma non solo. In questi giorni, centinaia di persone sono rimaste bloccate in un treno al gelo per parecchie ore. In simili situazioni, le reazioni possono essere diverse: nel caso del treno, alcuni hanno deciso di scendere e proseguire a piedi verso la stazione più vicina. E così anche nel caso della nave, dove alcuni passeggeri hanno deciso in autonomia di gettarsi in mare e di nuotare verso riva. In entrambe le situazioni, però, alcuni passeggeri sono rimasti immobili al loro posto, sia per impossibilità a reagire per la sorpresa, sia per le circostanze e anche per proprie caratteristiche di personalità.La paura è una reazione utile di allarme, che induce a prendere le misure necessarie alla sopravvivenza nel caso di una situazione reale di pericolo: la reazione può essere di lotta, di fuga, o anche di immobilità, che è una estrema reazione di difesa (sono come morta, non mi vedono, non mi sentono…).
Le reali situazioni di pericolo sono tante e di solito improvvise, perciò non è possibile preordinare tecniche di sopravvivenza. Una tecnica che può comunque valere in tutte le situazioni di emergenza, (fatte salve le circostanze specifiche della situazione), è quella di concentrarsi sul respiro: respirare consapevolmente; se la situazione di pericolo è determinata da altre persone, la tecnica può essere quella di una mossa inaspettata, dettata dall’istinto: non ci sono ricette, nelle persone sane il sistema nervoso mette in atto piani d’azione difensivi innati.
Ci sono persone che si sentono perfettamente in grado di difendersi dai pericoli, altre non si sentono in grado: tutto dipende dalla fiducia in se stessi. Oltre alle risorse esterne, ci sono le risorse interiori: in questo i bambini sono favoriti, perché oltre ad affidarsi all’adulto, possono ricorrere ad altre forme, come un peluche, un animale, un “angelo”. Sicuramente nelle situazioni citate all’inizio, le persone che hanno reagito si sono scrollate di dosso la paura e così in loro non si formeranno cicatrici traumatiche: molte volte, invece, nei superstiti rimangono i “segni” del trauma. Se si provano strani sintomi, che nessuno sembra in grado di spiegare, potrebbe trattarsi di una reazione traumatica a un evento passato, di cui magari nemmeno ci si ricorda. I sintomi, infatti, si possono manifestare molto tempo dopo e persistere per anni: gli eventi traumatici non sono soltanto quelli catastrofici o gli incidenti o le aggressioni, ma anche fatti della vita: lutti, abbandoni, aborti, licenziamenti, interventi chirurgici… Bisogna liberare l’energia che è rimasta congelata dentro: questo blocco persistente provoca sintomi debilitanti, come sensazioni di impotenza, iperreattività, ipervigilanza, estrema sensibilità alla luce o al rumore, reazioni emotive eccessive, incubi, insonnia, sbalzi di umore, attacchi di panico, comportamento elusivo o, al contrario, attrazione per le situazioni pericolose, pianto frequente, amnesia o smemoratezza, paura di morire, emicrania, asma… Questi blocchi possono essere sciolti con varie tecniche: la più usata in psicotraumatologia è l’E.M.D.R.(Eye Movement Desensitisation and Reprocessing). Come agisce? Si parte dal ricordo dell’esperienza traumatica e dalle emozioni collegate: mentre il paziente racconta, nelle pause del racconto il terapeuta – che siede di fronte e di fianco – fa scorrere le dita davanti ai suoi occhi da sinistra a destra e viceversa, per qualche secondo: la stimolazione del movimento laterale degli occhi provoca reazioni neurofisiologiche, per cui l’esperienza perde il significato traumatico e il paziente recupera sicurezza e benessere psicocorporeo. La terapia ha durata variabile secondo i casi. In Italia è presente l’associazione EMDR Italia che raggruppa terapeuti esperti in questa tecnica (www.emdritalia.it).
di Luisa Merati