Essere donna oggi? Tutt’altro che facile! Dall’adolescenza all’età matura, è un susseguirsi di problemi legati all’affermazione della propria femminilità, ma anche ai cambiamenti del proprio corpo. Dagli approcci adolescenziali alla genitalità, alla consapevolezza dell’importante ruolo procreativo, ma anche alla presa di coscienza delle difficoltà che questo comporta. Tanto che è stato coniato il termine di “Fertipausa”, per indicare il periodo in cui la fertilità è ormai in declino. Se ne parlerà al Congresso internazionale di Endocrinologia ginecologica, che si terrà dal 7 al 10 marzo a Firenze. In anteprima l’intervista con una delle specialiste di maggior spicco del mondo ginecologico italiano e internazionale, la professoressa Rossella Nappi, oggi coordinatore delle attività del Servizio di Endocrinologia ginecologica, di Fertilità e di Menopausa del Policlinico San Matteo- Università di Pavia, già presidente della Società Internazionale per lo studio della Sessualità Femminile. A lei il compito di inquadrare le differenti “età ginecologiche” della donna.
Iniziamo dall’adolescenza, età difficile, ma anche piena di risorse che, se ben sfruttate, permetteranno poi di acquisire una precisa identità, anche sessuale.
<L’adolescenza è il momento della scoperta e del riconoscimento della femminilità, legata soprattutto al cambiamento che avviene nel proprio corpo. L’aumento della statura, del peso, delle forme corporee si intreccia alla comparsa delle mestruazioni, che ricordano ogni mese alla ragazza di essere diventata “donna”, di poter addirittura procreare. E questa consapevolezza dovrebbe indurre la giovane a un approccio più responsabile anche nei confronti della sessualità. E’ finito il tempo del gioco, del divertimento, e comincia il tempo della presa di coscienza, anche dei rischi che la sessualità potrebbe comportare. Primo fra tutti le malattie a trasmissione sessuale, troppo spesso sottovalutate dalle giovani: si sentono onnipotenti (“a me non capiterà mai!) e più del 70% si crede al riparo da malattie sessualmente trasmesse perché si fida del partner e non usa il preservativo e nel 60% si affida al coito interrotto. Le conseguenze? Sono in rilevante aumento tra le under 20 la contraccezione d’emergenza e l’incidenza di malattie sessualmente trasmesse, alcune delle quali, come la Clamidia, potrebbero poi provocare infertilità. Per non parlare del Papilloma virus, responsabile del tumore al collo dell’utero. Non a caso a 12 anni si propone la vaccinazione contro l’HPV che si vorrebbe ora estendere anche ai maschi. La scelta di una sessualità responsabile è legata all’uso della doppia protezione (preservativo e pillola) per evitare tutti gli spiacevoli inconvenienti che potrebbero danneggiare la sessualità futura. Il panorama attuale offre una vasta gamma di contraccettivi, con nuovi preparati ormonali “più naturali” e vie di somministrazione sempre più personalizzate, per esempio transdermica e vaginale, che possono soddisfare tutte le giovani. Dovrebbe passare il concetto che la pillola non è solo un metodo contraccettivo, ma un modo per conservare la propria fertilità e preparare il terreno alla maternità >.
E’ la possibilità di procreare, dunque, che dovrebbe far scattare il passaggio dall’adolescenza alla consapevolezza dell’età matura?
<La giovane che viene informata fin dall’adolescenza sulla sessualità responsabile diventerà una donna più consapevole e accetterà più serenamente la sua identità. Dai 20 ai 30 anni è il momento più delicato per impostare la propria vita sessuale, con una scelta contraccettiva concordata col proprio ginecologo. Che magari diventa anche un metodo terapeutico per “tenere a bada” quelle patologie che potrebbero comparire, come l’endometriosi o la policistosi ovarica. La giovane donna diventerà sempre più responsabile: imparerà che la visita dal ginecologo, dapprima vissuta magari con imbarazzo, è un momento importante per conoscere la propria genitalità e impostare una vita sessuale responsabile; si renderà conto dell’importanza di esami diagnostici come il pap-test e l’autopalpazione al seno per prevenire le malattie; sarà consapevole della scelta contraccettiva per tutelare i propri organi riproduttivi, in preparazione di una fertilità futura>.
Una fertilità che sta diventando un traguardo sempre più spesso irraggiungibile…
<La fertilità deve essere preparata con uno stile di vita sano, tanta attività fisica, una regolare alimentazione. Non basta preservare l’apparato riproduttivo, se poi si conduce una vita stressata e sregolata. La donna deve imparare a regolare la sua vita nella complessità e non ritardare troppo la decisione di avere un figlio e sottoporsi ai controlli del caso. L’orologio biologico ha un limite! L’età giusta per avere un figlio è tra i 25 e 35 anni. Se a 25 anni una donna ha l’80% dei follicoli attivi, a 40 ne ha solo il 10%. A ben poco servono le cure ormonali: fisiologicamente i follicoli sono “vecchi” e molti sono privi di ovociti. Tanto che proprio in occasione di questo congresso abbiamo coniato il termine di “Fertipausa“, per indicare un periodo in cui la fertilità è ormai in declino. Pertanto non si può aspettare troppo a decidere di avere un figlio e arrivare a 40 anni convinte di poter ancora procreare naturalmente. A quell’età più del 30% delle donne si rivolge alla fecondazione assistita perché non riesce a procreare: con tutte le delusioni e le sofferenze che questa può comportare. E quando, finalmente, si ottiene una gravidanza, si assiste a un progressivo accanimento terapeutico di controlli continui con le tecniche più sofisticate di diagnostica preventiva, di esami per scongiurare rischi, come il diabete e l’ipertensione gestazionale, più frequenti in mamme attempate, per non parlare dell’abitudine, non sempre giustificata, di ricorrere ai parti cesarei (l’Italia è il secondo Paese al mondo, dopo il Messico dove si praticano più parti cesarei). In questi casi, direi che andrebbe ripensata la gravidanza in un contesto più naturale. Giusti e doverosi i controlli per valutare il decorso, ma cerchiamo di rimettere il parto in una prospettiva meno medicalizzata e più naturale, riportando la donna a vivere la gravidanza e il momento del parto con meno ansia!>.
E quando la donna, dopo una gravidanza, si sente appagata e impegnata ad accudire il bambino, trascura spesso di controllare se stessa e sottoporsi a screening diagnostici, con il rischio di spiacevoli sorprese….
<A partire dai 45 anni il rischio di patologie, anche gravi, come i tumori al seno, all’ovaio, all’utero, al colon è sempre più elevato. Ed è vero che la donna, impegnata nel suo ruolo tanto atteso di madre, dimentica spesso di fare i controlli annuali. E’ allora compito del ginecologo riportare la donna ad aver cura di se stessa, con visite ed esami periodici. E’ fondamentale che il ginecologo, in questo periodo, prepari la donna ad affrontare più serenamente la perimenopausa, periodo preparatorio alla menopausa. La misurazione della pressione, della glicemia, del colesterolo devono avvenire periodicamente per scongiurare il rischio cardiovascolare; come pure il pap-test, la mammografia, l’ecografia pelvica, l’esame del sangue occulto nelle feci, per la diagnosi precoce dei tumori. Anche i sintomi pre-menopausali (vampate, atrofia vaginale, depressione) che interferiscono con la qualità di vita, devono essere presi in considerazione e risolti con terapie adeguate. Per restituire alla donna il gusto della vita, facendola stare bene col proprio corpo e la propria sessualità per un invecchiamento più sereno e appagante in un mondo anziano che sarà sempre più femminile>.
A cura di Paola Trombetta