E’ Aurora la prima bimba nata in Italia, tra le poche al mondo, a essere stata concepita con il congelamento di tessuto ovarico. La mamma Rosanna, 29 anni, affetta da una forma di beta-talassemia, per la quale era stata sottoposta all’età di 21 anni a trapianto di midollo osseo e chemioterapia, aveva deciso di congelare alcuni frammenti di tessuto ovarico, prima che la chemioterapia potesse danneggiarlo, in vista di una futura gravidanza. E dopo 8 anni, ecco il lieto evento, reso possibile dall’équipe della Clinica ginecologica universitaria dell’Ospedale Sant’Anna di Torino, diretta dalla professoressa Chiara Benedetto.
Per sapere di più di queste nuove tecniche, abbiamo intervistato la dottoressa Eleonora Porcu, responsabile del Centro di Fertilità e procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola-Università di Bologna, pioniere delle tecniche di congelamento di ovociti.
Come si esegue il congelamento del tessuto ovarico e in quali casi si utilizza?
<E’ una tecnica che permette di conservare la fertilità nei casi di trattamenti, come la chemioterapia, che la donna deve subire in conseguenza di malattie, soprattutto di natura tumorale, che potrebbero compromettere la funzionalità ovarica>, spiega la dottoressa Porcu. <In laparoscopia viene prelevata una porzione di tessuto ovarico, che contiene ovuli immaturi, e viene conservata anche per anni in azoto liquido. Quando la donna decide di avere un figlio, il tessuto viene scongelato e reimpiantato nell’ovaio, dove riprende a funzionare e produrre ovociti. Nel caso della signora Rosanna, il ripristino della funzionalità ovarica ha consentito addirittura una gravidanza naturale>.
In molti altri casi, soprattutto malattie oncologiche, si adotta invece la tecnica del congelamento degli ovociti, avviata in Italia diversi anni fa proprio all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. In che cosa consiste?
<Prima di sottoporre la donna alla chemioterapia, viene stimolato l’ovaio per produrre ovociti che vengono poi prelevati in laparoscopia, ripuliti da ogni possibile contaminazione di cellule tumorali e congelati>, risponde la dottoressa Porcu. <Grazie a particolari tecniche, come la vitrificazione, è possibile oggi congelare un elevato numero di ovociti che rimangono perfettamente integri anche per molti anni, fino allo scongelamento. Già nel 2007 sono state partorite due splendide gemelline, le prime al mondo nate con questa tecnica dalla mamma alla quale erano state asportate le ovaie, a causa di un tumore. E ora stiamo aspettando con trepidazione, nei prossimi giorni, la nascita di un altro bimbo, la cui mamma, Alberta, ha sconfitto tre anni fa un tumore al seno>.
E’ possibile, allora, avere figli, nonostante un tumore di natura ormonale come quello al seno?
<Certamente sì, e la storia della signora Alberta lo conferma. Una mamma davvero coraggiosa che abbiamo assistito con grande piacere: nonostante i protocolli prevedano, nel caso di un tumore al seno, di aspettare almeno cinque anni prima di avviare una gravidanza, la coraggiosa mamma 34enne ha voluto battere i tempi. In accordo con gli oncologi che l’hanno avuta in cura, abbiamo applicato un protocollo sperimentale che associa la gonadotropina FSH (follitropina alfa ricombinante), per favorire la produzione di ovociti, con un farmaco (letrozolo) che riduce gli estrogeni, evitando così un’eccessiva stimolazione ormonale che avrebbe potuto aumentare la diffusione del tumore. E allora, quasi nove mesi fa, siamo partiti con la fecondazione assistita e abbiamo scongelato alcuni ovociti che sono stati fecondati: abbiamo impiantato tre embrioni e uno ha subito attecchito. A giorni aspettiamo la nascita di questo bebè che aprirà nuove prospettive per tutte le donne operate di tumore al seno>.
a cura di Paola Trombetta