E’ una malattia, prima asintomatica e latente, che poi diventa di colpo traumatica perché provoca una frattura. Una donna su tre dopo i 50 anni va incontro a una frattura da osteoporosi: una su quattro vertebrale e una su sei all’anca e al femore (la probabilità di avere un tumore al seno è di una a nove). 250.000 le fratture causate ogni anno dall’osteoporosi, di cui 80.000 riguardano l’anca e 70.000 il femore. Complessivamente, dunque, il rischio di fratture a femore, vertebre, anca è del 40%, simile a quello di avere una malattia cardiovascolare. Ma non solo: a causa delle conseguenze di queste fratture, soprattutto al femore, la donna ha un rischio di morire paragonabile a quello per il tumore al seno. Purtroppo però ancor oggi si tende a sottovalutare l’osteoporosi severa, che colpisce il 30% delle donne in menopausa: solo il 10% delle italiane con osteoporosi si ritiene correttamente seguita nella cura della malattia. Lo rivela un’indagine dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna (O.N.Da) che evidenzia una scarsa attenzione a questa patologia, soprattutto da parte del medico di base che spesso prescrive un trattamento farmacologico standardizzato, trascurando cure più mirate e efficaci. <Per questo sono frequenti i casi di interruzione della terapia, con ripercussioni sull’evoluzione della malattia> fa notare la professoressa Maria Luisa Brandi, docente di Endocrinologia e malattie del Metabolismo osseo all’Università di Firenze e presidente della Fondazione Raffaella Becagli FIRMO. <In conseguenza di questo “effetto domino”, si è registrata una mortalità del 20% delle pazienti a un anno dalla frattura al femore, il 40% di disabilità motoria e un rischio di permanenza in strutture di lungo-degenza 6 volte superiore>. Quali soluzioni si potrebbero prospettare? <Sicuramente una maggior attenzione da parte del medico di famiglia che deve indirizzare la donna con osteoporosi allo specialista del metabolismo osseo, non all’ortopedico che ha un approccio prevalentemente chirurgico alla malattia> tiene a precisare il professor Sergio Ortolani, presidente della Lega Italiana Osteoporosi (LIOS). <Fondamentale è la prescrizione dei farmaci innovativi ai quali dovrebbe essere estesa la nota 79, che prevede la rimborsabilità in caso di avvenute fratture o di non risposta alle terapie di primo livello. Con queste nuove cure si potrebbe rallentare il decorso della malattia e ridurre il rischio di fratture e disabilità>.
In questi giorni è partita la Campagna “Stop alle Fratture”, un progetto educazionale rivolto alle donne con più di 50 anni per informarle sull’osteoporosi grave e sulle conseguenze che questa potrebbe comportare, se non curata adeguatamente. A promuoverla sono le cinque società scientifiche che si occupano di malattie del metabolismo osseo: SIOMMMS (Società Italiana di Osteoporosi, Metabolismo Minerale e Malattie dello Scheletro), SIOT (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia), SIR (Società Italiana di Reumatologia), ORTOMED (Società Italiana di Ortopedia e Medicina) e GISOOS (Gruppo Italiano di Studio in Ortopedia dell’Osteoporosi Severa). Per scoprire il proprio potenziale di rischio, le donne dai 50 anni in su possono effettuare il Defra Test di autodiagnosi, pubblicato sul sito: www.stopallefratture.it. Rispondendo a semplici domande sugli stili di vita, abitudini personali, sul fatto di aver avuto fratture, sui valori dell’ultima MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata), si potrà definire il livello di rischio che ha la donna di incorrere in una frattura da fragilità ossea nei successivi 10 anni. La novità di quest’anno è che le donne con rischio elevato potranno avere un consulto personalizzato via e-mail con uno specialista che aderisce alla Campagna. Sul sito è anche disponibile il primo database nazionale dei Centri autorizzati, più di 580, per il trattamento dell’osteoporosi severa dove poter prenotare una visita.
di Paola Trombetta