Un viso sorridente è un buon modo per cominciare la giornata e viverla con buonumore, ma anche con più energia ed entusiasmo. Come risuona bene nell’animo un bel “buon giorno” rivolto con un sorriso. Proviamo a sorridere più spesso. <Un gesto semplice. Per aprirsi agli altri, coltivare uno sguardo diverso sul nostro vivere quotidiano>, come suggerisce Antonella Parigi, ideatrice e direttore di Torino Spiritualità, la bella rassegna che si svolgerà a Torino dal 26 al 30 settembre, dedicato quest’anno proprio al tema della sapienza del sorriso. Ad accompagnare il pubblico nel percorso di approfondimento, proponendo diverse chiavi di lettura, filosofi, scrittori, artisti, scienziati (info sul programma completo:www.torinospiritualità.org).
<Il sorriso è una carica energetica luminosa: diffonde gioia di vivere, simpatia, speranza, ottimismo, solidarietà. Il sorriso che accompagna un gesto o una parola, ne impreziosisce il significato>, racconta Antonella Parigi. <E’ forse il primo fra i gesti innati del corpo con il quale incontriamo l’essere umano che ci sta di fronte. Una sorta di riconoscimento reciproco, sempre un segno di fiducia negli altri, di apertura, e di meraviglia in ciò che vedrò, sentirò, leggerò, vivrò… Non è negare la realtà dei fatti, né fingere che vada tutto bene>, precisa Antonella. <E’, invece, la scelta consapevole di guardare anche altro, di rivolgere lo sguardo a ciò che di buono ci circonda, di imparare a vedere il mondo e la vita con occhi nuovi>.
E’ di questo sorriso che abbiamo tutti bisogno. Una felicità sobria, intima che si rafforza quando incontra gli occhi, lo sguardo di un altro e assume un significato più profondo allorchè viene ricambiato. Gesto raro, di questi tempi. Perché nel quotidiano che ci assedia del sorriso non c’è quasi piu traccia. E parliamo di quello pieno, autentico, senza riserve: un sorriso vero, che nasce “da dentro” e non si forma soltanto sulle labbra. Spesso il sorriso trionfa come espressione meccanica stereotipata nelle relazioni sociali ma scarseggia come pure manifestazione di gioia. Da gesto di calore, vicinanza, apertura è ormai diventato un mero rituale sociale, che dissimula, inganna se non addirittura viene sfoggiato come pura strategia manipolativa per ottenere determinati risultati. Quanti sorrisi senza senso, forzati o d’abitudine, retorici e insinceri!
Sorridiamo meno, vero. Le ragioni sono svariate: la crisi, l’incertezza generalizzata, E invece la capacità di sorridere con il corpo, la mente e il cuore è una delle più grandi risorse a nostra disposizione per comunicare, coltivare la forza dello spirito e vivere meglio anche nelle circostanze più difficili.
Più pacato e moderato della risata, con la sua gioia non troppo rumorosa, il sorriso riesce ad accendere questi tempi di passioni tristi? <Credo che la sapienza del sorriso oggi sia più che mai necessaria, salvifica per chi ne fa un mezzo per resistere alla deriva del cinismo, alla pesantezza del mondo. E’ il sorriso di chi non perde mai la capacità di meravigliarsi, di aprirsi all’altro, come riconciliazione con l’imperfezionre umana, con gli alti e bassi della vita>. Senza trascurare il fatto che il sorriso innesca una chimica del benessere: la psico-neuro-endocrino-immunologia ha bene analizzato la questione in questi ultimi decenni dimostrando che sorridere stimola il sistema Immunitario, rilascia endorfine, cioè gli ormoni della felicità. Ma c’è soltanto un sorriso che attiva il centro della felicità nel cervello ed è quello “sincero”, chiamato anche sorriso di Duchenne – dal nome dello scienziato che ha fatto esperimenti.
Il sorriso è un’espressione innata. Il bambino inizia a sorridere addirittura durante le ultime fasi della vita fetale: non è un’attività cosciente, ma un riflesso automatico che serve a esercitare il muscolo risorio, presente nell’uomo e assente negli animali. Alla seconda settimana di vita, il neonato esprime già col sorriso una sensazione di benessere. A partire dall’età di sei settimane circa, il sorriso del bambino inizia a trasformarsi in un “sorriso sociale”: è il primo contatto verso l’esterno, il primo timido tentativo di instaurare una relazione con il mondo, la risposta a stimoli quali la voce della mamma, un suono, un movimento, un alito di vento. Nella nostra memoria custodiamo tutti il sorriso della prima persona che si è chinata sulla nostra culla, nostra madre. Un sorriso d’accoglienza che ci tiene ancora compagnia.
di Cristina Tirinzoni