<Aveva 18 mesi quando, dopo una febbre, Francesco non è più riuscito a reggersi in piedi. Quattro mesi di calvario, di esami, di consulti medici, finché, dopo una biopsia muscolare, arrivò la diagnosi: glicogenosi di tipo II, una malattia genetica causata dalla mancanza di alcuni enzimi che intervengono nel funzionamento dei muscoli>. Nadia, mamma di Francesco, ricorda oggi, dopo cinque anni, quel verdetto che ha segnato la vita di suo figlio. <Non sapevamo nulla di questa malattia, di cui mio marito e io abbiamo scoperto essere portatori sani. All’inizio ci avevano detto che esisteva una terapia per poterla curare: si trattava di somministrare l’enzima mancante. Francesco da cinque anni segue questa cura, che ha parzialmente bloccato la progressione della malattia. Purtroppo però non ha recuperato la funzionalità dei muscoli e non riesce a camminare se non con un supporto meccanico. Oggi ha sei anni e va a scuola, sempre accompagnato. Per fortuna vive serenamente la sua situazione, nonostante le terapie che deve fare ogni 15 giorni in ospedale, la fisioterapia e la logopedia quotidiane. La malattia, per il momento, ha colpito solo le gambe: Francesco mangia, scrive, muove le braccia senza problemi. Unica preoccupazione recente è stata una brutta polmonite che ha richiesto il respiratore notturno per aiutarlo a respirare. Purtroppo non sappiamo come evolverà la malattia, perché neppure i medici del Policlinico Federico II di Napoli, che hanno in cura nostro figlio, ci sanno dare precise indicazioni. Vorremmo avere un altro bambino, per consentire a Francesco di vivere in compagnia di un fratello o una sorella, ma abbiamo il terrore di mettere al mondo un altro figlio malato. Abbiamo chiesto di ricorrere alla fecondazione assistita, per consentire la diagnosi pre-impianto dell’embrione, ma in Italia non è ancora consentita dalla legge. E per assurdo, invece, è consentito l’aborto “terapeutico” quando il feto, al terzo mese, dopo aver effettuato l’amniocentesi, risulta malato! E’ una situazione inaccettabile e contraddittoria. La legge consente l’aborto di un feto di tre mesi malato, con tutte le conseguenze psicologiche e umane che la scelta di abortire comporta, e non permette a una coppia di portatori di una malattia genetica di concepire un figlio sano! Spero presto che questa legge cambi e consenta la diagnosi pre-impianto alle coppie portatrici sane di anomalie genetiche. Forse non farò in tempo ad avere un figlio sano, essendo già avanti negli anni, ma lo auspico per le tante mamme che si trovano nelle mie stesse condizioni>.
Come Nadia sono tante le donne, portatrici di malattie genetiche, che auspicano la possibilità di concepire un figlio sano, con la diagnosi pre-impianto. Ufficialmente la legge 40 non lo permette, nonostante una recente sentenza della Cassazione ne abbia riconosciuto il diritto a una coppia che aveva fatto ricorso. Nel frattempo nascono bambini con malattie genetiche “rare”, cosiddette in quanto riguardano “poche” persone. La glicogenosi, ad esempio, colpisce un bambino su 100mila. Ma queste malattie sono più di 8 mila e 2 milioni i soggetti colpiti, soprattutto bambini. Per questo i malati gridano a gran voce: “Io esisto”, come cita il manifesto della Campagna Telethon (dal 9 al 16 dicembre), proprio per sottolineare che sono tante le persone con queste malattie: assieme alle famiglie, chiedono di trovare una cura che possa loro permettere di vivere.
<Oggi sono 23 le malattie per cui la ricerca sta sviluppando strategie di cura>, conferma la dottoressa Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon. <Per alcune di queste (Ada-Scid, distrofia di Duchenne) le terapie stanno già dando buoni risultati sui pazienti. Per altre (talassemia, emofilia, fibrosi cistica) è stata da poco avviata la sperimentazione clinica di alcune nuove cure. Ma le patologie di cui ci si dovrebbe occupare sono molte di più: oggi ne sono state studiate “solo” 500 delle quasi 8 mila esistenti. La speranza per il futuro è di avere a disposizione fondi necessari per avviare tante ricerche quante sono le malattie rare e trovarne le cure>.
di Paola Trombetta
SCREENING NEONATALE PER L’ADA-SCID
E’ partito dalla Toscana il progetto di includere nei neonati di 48-72 ore di vita, lo screening neonatale dell’Ada-Scid (deficit dell’enzima adenosina deaminasi), una forma di immunodeficienza grave che costringe i bambini a vivere in una “bolla di vetro” per non contrarre infezioni. Obiettivo del progetto, avviato all’Ospedale Mayer di Firenze, con il contributo di Recordati, è di aumentare il numero dei neonati sottoposti a questo screening, da 45 mila a 100 mila entro il 2013. <Diagnosticare precocemente una malattia come l’Ada-Scid, vuol dire salvare la vita di molti bambini>, tiene a precisare la dottoressa Chiara Azzari, che si sta occupando di questo progetto all’Ospedale Mayer di Firenze. <Bastano poche gocce di sangue, prelevate dal piedino, per individuare quei marcatori che indicano la presenza dei geni alterati. Per questa malattia oggi esiste una cura mirata, con le cellule staminali prelevate dal midollo e corrette in laboratorio con il gene mancante>. (P.T.)