Pelle bianchissima, compatta come quella di una fanciulla, capelli lisci, lucidi e neri come l’inchiostro, unghie corte con smalto trasparente, nemmeno l’ombra di un gioiello. È Kay Rush. Splendida con i suoi occhi scurissimi, brillanti e di taglio orientale, il raffinato look dalle sfumature etno-chic, agile e tonica come una gazzella, ti sorprende per la capacità di entrare in immediato contatto con l’interlocutore, senza fronzoli né formalismi. Schietta e spontanea, nonostante l’inconfondibile accento straniero, che potebbe sembrare un po’ snob e, dagli anni ’80 a oggi, ha siglato il suo successo come deejay e conduttrice radiofonica e televisiva. Nel conoscerla, qualche giorno fa a Milano, mi ha colpito la sua “complessa semplicità”. Sembra un paradosso, ma non lo è. In Kay la semplicità – di per sè una dote, specie per chi appartiene allo star-system – non sembra innata, ma raggiunta grazie a un lungo e articolato percorso di vita. Un’impressione che trova conferma, nel parlarle a lungo, amichevolmente. Una semplicità non solo venata di saggezza e spiritualità (anche 5 ore di yoga e meditazione al giorno, dieta vegetariana), ma dall’anima irrequieta. Kay ha, infatti, origini cosmopolite (“sono nata negli Stati Uniti a Milwaukee, Wisconsin, da madre giapponese, Kim, e padre di origine tedesca e svizzero-tedesca, Milton), una forte passione per i viaggi (“adoro viaggiare, soprattutto in luoghi lontani dove posso incontrare gente e culture diverse dalla mia e dove i sensi possono arricchirsi con emozioni nuove”) e scarsa propensione alla… stanzialità. Oggi si divide tra Rishikesh, in India e la francese Chamonix, ai piedi del Monte Bianco. Predilige la natura e gli sport duri, come l’alpinismo, che le consentono di mettersi alla prova e si tiene lontana dalle grandi città (“non mi sono mai state congeniali”). Nel contempo, però, “Milano è stata per buona parte della mia vita la residenza principale, nonostante i 3 anni trascorsi in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta e molto tempo a Madrid. Nella primavera del 2006, mi hanno dato la cittadinanza italiana, di cui vado fiera non solo perché sono molto legata a questo Paese, ma anche perché mi sento europea al 100%”. Tanti cambiamenti non le impediscono, tuttavia, di essere soddisfatta delle sue scelte: “Sono sempre riuscita a vivere dove volevo e continuare a fare il mio lavoro. Che, dunque, non ha condizionato i miei spostamenti, perché la cosa più importante per me è abitare in un posto che mi dia serenità”.
A completare il discorso sulla “complessità”, c’è l’eclettismo umano e professionale di Kay: “Ho seguito le mie passioni (musica, montagna, yoga, meditazione, lavori creativi, internet, comunicazione e… gatti). Anche scrivere è sempre stato il mio sogno (Ha studiato letteratura americana e creative writing all’Università di Milwaukee Wisconsin ndr) e finalmente ho cominciato a realizzarlo, firmando finora due romanzi: nel 2008, Il Seme del Desiderio (Sonzogno) e nel 2010, Winter Love (Sonzogno-Marsilio)… Del resto, se una cosa m’interessava, non vedevo perché non la potessi fare. Alla base di tutto ciò che ho fatto e faccio è la necessità di guardare in faccia le mie paure e andare oltre”.
Kay Rush è, insomma, una donna complessa, intensa, libera e anticonvenzionale. Ama la solitudine, anche se è stata sposata a lungo (“dieci anni di matrimonio, poi mi sono accorta che il mio… fiume andava altrove e l’ho detto a mio marito, dandogli due anni di tempo per metabolizzare la separazione. E io mi sono sentita più me stessa nel divorziare, che nello sposarmi…”). In una parola “vulcano” Kay!! Che non si smentisce nemmeno nel… rush finale di domande.
Hai detto che nella vita privata sei felice. Non ti chiedo “come”. Ti chiedo “cosa significa”… per te essere felice.
«Significa vivere la vita oggi, non in un ipotetico domani. Vivere come voglio io e non come gli altri mi vorrebbero. Sono libera. Non dipendo da nessuno e nessuno dipende da me. Non vivo la vita per quello che dovrebbe essere o come vorrei fosse. La vivo oggi, per quella che è. E soprattutto… la amo!»
Tu sei fautrice di una bellezza “naturale”. Cosa intendi con questo termine e quali sono, per te, i confini, tra naturalità e artificio in ambito estetico?
«Essere naturale significa conservare freschezza, genuinità, armonia tra l’esteriore e l’interiore. Un equilibrio che da sempre cerco di mantenere. Ogni persona deve trovare i propri confini o meglio il proprio equilibrio tra naturalità e artificio».
Come mai di recente hai accettato di fare da testimonial alla linea Restylane Skincare di un’azienda famosa per i trattamenti di medicina estetica, come Restylane SkinBooster, a cui pure ti affidi per tonificare e idratare la pelle dall’interno? Quando la maggior parte delle star nega qualunque tipo di ritocco o ne parla malissimo (dopo averli fatti sistematicamente)?
«Non posso parlare per gli altri perché non li conosco. Ho sempre cercato di curarmi sia dentro sia fuori e poiché lavoro ancora con la mia immagine, mi serviva un prodotto non invasivo, non permanente, soft e curativo. Un mio amico, che è anche un bravissimo chirurgo plastico, mi ha parlato di Skin Booster, un trattamento molto valido, che cura la pelle in profondità, senza modificare il mio viso. Ma visto che una parte importante dell’equilibrio è la coerenza, perchè non parlarne? Spero possa servire a tante donne che cercano di mantenersi in modo naturale, proprio come faccio io».
Il tuo modello di femminilità?
«Le donne che hanno capito la loro vera essenza, che amano essere donne. Le donne forti che non imitano gli uomini, ma li amano»
E che rapporto hai con il tempo?
«Non ci penso tanto. Faccio fatica a elaborare un progetto nel lontano futuro, anche se ho delle linee guida. In altre parole, non mi pongo degli obiettivi che potrebbero disturbare quello che sto vivendo oggi. Sono metà giapponese, quindi il rapporto che ho con la morte è diverso da quello degli occidentali. Non la temo, come non temo la vita. Mi mantengo giovane soprattutto perché non penso tanto all’età. Detto questo, non mi lascio andare, anzi mi curo tanto e ho molto rispetto per il mio corpo».
Ci piaci Kay Rush. Ti sentiamo vicina perché vuoi il massimo, ma sei sempre pronta a lottare per quello in cui credi, perché ti guardi e ti curi… dentro e fuori. Anche se ti invidiamo un po’, perché da buona orientale non hai paura né della vecchiaia, né della morte. Ma poi, quando vediamo che anche tu il tempo lo combatti e hai il vezzo di non dichiarare l’età… beh! allora, ti sentiamo proprio come una di noi! Per fortuna.
di Monica Caiti