«Se ci fosse stato il vaccino contro il meningococco B, mio figlio Federico sarebbe ancora qui con noi». Con struggente nostalgia e grande coraggio, la mamma Ivana Silvestro, vice-presidente del Comitato nazionale contro la meningite, costituito dai genitori che hanno perduto i loro bambini, ricorda la malattia del figlio, colpito a soli 2 anni e mezzo da una meningite fulminante per la quale a nulla sono serviti il ricovero e le cure ospedaliere.
«E’ una malattia terribile che colpisce all’improvviso, senza campanelli d’allarme. Federico il giorno prima giocava tranquillo. Di notte sopraggiunge la febbre, al mattino la situazione si aggrava e precipita, con la comparsa di macchie in molte parti del corpo. La corsa al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Messina, le terapie antibiotiche e la rianimazione: a nulla sono servite! Alla sera il mio bambino è diventato un Angelo…». Eppure era vaccinato per altri ceppi di meningococco, a esclusione del B, un vaccino difficile da studiare e da produrre. Oggi questo vaccino MenB è finalmente pronto e, dopo il via libera della Commissione europea del farmaco, ha ottenuto anche l’approvazione dall’AIFA (Agenzia italiana per la validazione dei farmaci).
«E’ stata un’impresa ardua e ha richiesto decenni di studi e sperimentazioni», conferma Rino Rappuoli, responsabile della Ricerca Novartis Vaccines e “padre” di questo vaccino, studiato e prodotto nei Laboratori di Siena. «Con la collaborazione di Craig Venter, lo scienziato famoso per aver sequenziato il genoma umano, siamo riusciti a identificare tutti i geni del meningococco B e questo ha reso possibile la realizzazione del vaccino. Siamo ora in attesa che venga inserito nei programmi vaccinali delle singole Regioni». Oggi il vaccino si può acquistare in farmacia (150 euro a dose) o presso le Asl (66 euro a dose): servono quattro dosi. A quale età è necessario vaccinare? «Le classi più a rischio di contrarre questa infezione sono i bambini sotto l’anno di vita e gli adolescenti da 12 a 18 anni», conferma Chiara Azzari, direttore della Clinica pediatrica dell’Università Meyer di Firenze. «Poiché la maggiore incidenza è tra i 4 e gli 8 mesi, per ottenere risultati effettivi è importante vaccinare i bambini entro i primi due mesi. Secondo i dati di sorveglianza, nei piccoli sotto l’anno di età l’incidenza dell’infezione è di 3 casi su 100mila nuovi nati, ma si stima che sia più alta, perché molti casi hanno avuto esito fatale prima della diagnosi». Come si riconoscono i sintomi? «Purtroppo non è facile individuarli tempestivamente, perché spesso si confondono con i comuni sintomi dell’influenza», risponde la pediatra. «Se negli adulti e nei bambini più grandi compare febbre alta, mal di testa violento, vomito e rigidità della nuca, in quelli più piccoli la febbre può addirittura essere assente o inferiore alla media, ma è presente una grave prostrazione fisica. Un segnale preoccupante potrebbe essere la mancata risposta del bambino agli stimoli». Quali effetti potrebbe provocare questa infezione? «La conseguenza più grave è il decesso, anche nell’arco di 24/48 ore, che avviene purtroppo nel 10% dei casi. Nella metà dei piccoli che sopravvivono, possono verificarsi conseguenze anche gravi dal punto di vista neurologico (epilessia, sordità, ritardi di apprendimento) o rischio di amputazioni agli arti. Per questi motivi è fondamentale la prevenzione, che è l’unico modo per salvare la vita di molti bambini».
di Paola Trombetta