«Diventa sempre più imbarazzante quando, durante una riunione di lavoro, devo correre in bagno. Per non parlare delle serate con gli amici: a un certo punto, dopo due o tre cocktail, sono costretta a “sparire di scena”, alla ricerca disperata di una toilette». Come Claudia, manager aziendale, sono 3 milioni le persone che soffrono di incontinenza urinaria causata da vescica iperattiva. Un disturbo che può avere un impatto devastante sulla qualità di vita di chi ne soffre. «La vita relazionale ed emotiva ne risente in modo considerevole», fa notare la professoressa Flavia Franconi, docente di Farmacologia all’Università di Sassari e presidente del Gruppo GISeG (Gruppo Italiano Salute di Genere – www.giseg.org). «Depressione, ansia, perdita di autostima, alterazione della vita sessuale, senso di isolamento sono le principali ricadute sulla sfera psicologica. Alto l’impatto, anche economico, per la necessità di ricorrere a presidi (pannolini) che possano tamponare il problema, senza però risolverlo. In più una discriminante “di genere”: se per l’uomo, che soffre di ipertrofia prostatica, i farmaci finora utilizzati (antimuscarinici) sono completamente rimborsati, per le donne che hanno problemi di incontinenza da vescica iperattiva, gli stessi farmaci non vengono rimborsati. Ma questa è un’incongruenza profondamente discriminante che contrasta anche con l’articolo 31 della Costituzione, per il quale non ci dovrebbero essere discriminazioni legate al sesso».
E dopo 30 anni di utilizzo dei farmaci anti-muscarinici, gli unici finora utilizzati per questa patologia, è oggi in arrivo una nuova classe, i beta-3-agonisti, con il capostipite Mirabegron, già approvato in Europa alla fine dello scorso anno al dosaggio di 50 mg giornalieri, disponibile in diverse nazioni e in arrivo, nelle prossime settimane, anche in Italia. Diversamente dal resto d’Europa, questi farmaci da noi non vengono rimborsati e i costi sono spesso causa di interruzione del trattamento.
«Questo farmaco agisce in modo selettivo solo sui recettori beta-3-adrenergici che si trovano sulla vescica, rilasciandone la muscolatura e migliorandone la capacità di riempimento», spiega il professor Andrea Tubaro, responsabile dell’Unità di Urologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. «A differenza degli antimuscarinici, finora utilizzati, che inibiscono la contrattilità della vescica, agendo sui recettori m1 e m3, presenti anche a livello delle ghiandole salivari e dell’intestino, Mirabegron non provoca effetti collaterali, quali secchezza della bocca e stipsi, che causavano l’abbandono della terapia con antimuscarinici». La conferma viene da diversi studi clinici, che hanno coinvolto più di 5mila pazienti, registrando una bassa incidenza di eventi avversi emersi durante il trattamento. Per questo il trattamento è continuato nel tempo. «Questo farmaco, infatti, dovrebbe essere assunto per uso cronico, soprattutto in età avanzata», conferma il professor Stefano Salvatore, responsabile dell’Unità funzionale in Uroginecologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano. «Nelle persone più giovani, si ipotizza un uso temporaneo di almeno un anno di trattamento. E’ in corso uno studio clinico su 450 donne giovani, che hanno avuto un parto con travaglio prolungato, per accertare l’incidenza di questa patologia da incontinenza da sforzo e testare il farmaco a dosaggi giornalieri di 50 mg al giorno. I risultati preliminari di questo trial clinico verranno presentati al Congresso Europeo di Uro-Ginecologia di Berlino, dal 21 al 23 novembre».
di Paola Trombetta