Che cosa c’è dietro questa frenesia di rifarsi naso, labbra, zigomi, glutei? Oggi ricostruirsi il corpo sembra così normale, quasi naturale. E perché una ragazza di 18 anni chiede come regalo di compleanno (o strenna natalizia) un seno nuovo? Domande a cui si è cercato di rispondere in un dibattito sui temi della chirurgia estetica e dell’identità, che si è svolto di recente a Genova nell’ambito del Festival della Scienza 2013: la bellezza del corpo artificiale. Ne abbiamo parlato con Nicla Vassallo, professore di Filosofia Teoretica presso l’Università di Genova, fra i relatori del Festival di Genova.
Nonostante le ristrettezze imposte dalla crisi, il trend degli interventi estetici è in aumento, l’attenzione per il corpo e la bellezza sfiorano l’ossessione: quanto c’è da preoccuparsi?
«Aumentare il seno. Cambiare naso, spianare rughe, tirare all’insù il capezzolo… Mi spaventa l’inconsapevolezza con cui si ricorre a certi ritocchi che la contemporaneità ci ha persuaso a considerare normali. Gli anglosassoni la chiamano elective surgery, e indica tutti quegli interventi chirurgici non necessari in senso clinico di cui è anzitutto la donna (ma da qualche tempo anche l’uomo) a ravvisare la necessità: un seno più voluminoso, meno grasso sui fianchi, il nasino alla francese, o addirittura le infiltrazioni di collagene sulla pianta del piede per rendere più comode impossibili calzature dai tacchi vertiginosi! Stiamo parlando di chirurgia. È una scelta importante quella di andare in sala operatoria e cambiare parte del proprio corpo, non si tratta di provare un nuovo taglio di capelli, stiamo parlando di interventi che hanno comunque dei rischi, piccoli o grandi, e cambieranno in modo definitivo l’aspetto fisico, ma non solo quello. Non possiamo nasconderci perplessità. E chiederci se queste decisioni di modificare l’aspetto fisico siano veramente libere o in qualche modo forzate. Non sto demonizzando le cure di bellezza, ben vengano. Mi chiedo: quanto sono libere le donne di decidere? E quanto sono invece influenzate dai nuovi modelli imposti dai mass media? Vorrei solo che chi si sottopone a un ritocco lo facesse con responsabilità e consapevolezza, senza nutrirsi dell’illusione di poter vivere un’eterna giovinezza. La chirurgia non può risolvere le nostre difficoltà interiori, il disagio psicologico. C’è infatti un altro evidente pericolo: è possibile che il risultato dell’intervento, indipendentemente della qualità obiettiva dello stesso, venga percepito come inadeguato. Altro rischio: non riconoscersi nel nuovo aspetto. E allora ti rifai il naso, poi il mento e poi provi col botox, continui a cambiare l’esterno perché non riesci ad affrontare ciò che hai all’interno».
Donne sempre più giovani vanno dal chirurgo plastico con la foto dell’attrice preferita, un modello per lo specialista che le deve ritoccare…
«Sembrano tutte più o meno uguali. E se hanno il seno rifatto lo vedi immediatamente. E anche il botox lo vedi. Questo è il punto centrale: che fattezze ha quest’unica bellezza? C’è un’idea falsa e pericolosa di bellezza come conformismo estetico, come omologazione e cancellazione della propria individualità».
Ogni cultura, del resto, esprime i propri canoni estetici collettivi, no?
«Ma oggi, al tempo dei media, questa cultura omologata della bellezza assume connotazioni inquietanti, perché ha il potere di influenzare in modo significativo il rapporto delle donne (e degli uomini) con la propria immagine… sollecitando un senso di inferiorità e inadeguatezza».
Ma è anche vero che alcune donne hanno una conoscenza e una consapevolezza che consentono loro di scegliere con ragione: ben vengano allora i ritocchi estetici, se garantiscono un vissuto quotidiano più fiducioso?
«L’aspetto inquietante del ricorso al bisturi è la tendenza all’omologazione, quasi fosse un lasciapassare. E’ la paura della diversità a provocare quel volersi identici agli altri. La bellezza, poi, si accomuna spesso al successo. Così attraverso la chirurgia le persone si sentono più forti, più sicure, più belle. La ricerca di un corpo perfetto come garanzia di amore e dell’essere desiderati dall’altro. Occorre diventare bellissimi per essere “qualcuno”. Sbagliato: omologarsi è invece smarrire la propria identità personale, quella di esseri assolutamente unici e irripetibili. Quella singolarità e individualità che differenzia da ogni altra donna e da ogni altro uomo. L’aspetto preoccupante è che le persone non riconoscono la bellezza che possiedono, per andarla a cercare in altri modelli. Il bisturi finisce per togliere il coraggio di valorizzare il bello che si ha in sé».
C’è anche un senso di onnipotenza verso il proprio corpo…
«Indubbiamente, come se sulla nostra carne si possa intervenire all’infinito. La fantasia di autocreazione. Gli interventi di chirurgia estetica rappresentano la prova concreta della possibilità di plasmare ciò che per molto tempo è stato assai difficile da cambiare: la forma del proprio corpo. Oggi il nostro corpo è un “progetto personale”, è la versione di noi stessi che preferiamo, con un’implicita presa di distanza da quello che siamo e non vogliamo essere. Parliamo del nostro corpo come di una realtà che è “altra” da noi, qualcosa che si possiede, che viene usata o curata: come si possiede un alloggio, si usa uno strumento, si ha cura di una macchina. Una percezione di dominio su di sé, quasi un’euforia. Si tratta ovviamente di una onnipotenza illusoria. Credo che dovremmo correggere questo modo di pensare e di parlare, partendo dalla consapevolezza che io non “ho” un corpo, ma “sono” anche corporeità, come sono spiritualità».
E allora come si può definire la bellezza?
«Platone diceva che deriva dalla mescolanza, in giuste proporzioni, fra finito e infinito. Per me è l’unione di mente e corpo, è il mescolarsi con gli altri. Mah, io credo che la vera bellezza sia innanzitutto plurale e irriducibile a nuovi ordini estetici da raggiungere. E’ un insieme di piccole imperfezioni che rendono quel viso unico. E bello perché la bellezza deve trasmettere emozione.
Implica rispettare il corpo e i suoi limiti e farne luogo in cui incontrare l’altro. Il nostro corpo è sociale: ci presenta al mondo e ci consente di agire nel mondo, di entrare in contatto con la realtà circostante».
Ma accettarsi così come si è, è sempre più difficile…
«La posta in gioco è alta: una relazione pacificata con la propria immagine corporea. La vera bellezza nasce dalla consapevolezza di sé, dalla capacità di comunicare il proprio mondo interiore, di far affiorare i propri valori, le proprie speranze. Perché no? I propri dolori… Non si può mai cancellare la nostra storia per quanto modifichiamo il nostro corpo perché la nostra storia è sempre nel nostro corpo».
di Cristina Tirinzoni
La hit parade degli interventi
Il nostro paese si classifica al sesto posto per interventi praticati. A dirlo è la ricerca Global study of aesthetic cosmetic surgery procedures, promossa dalla Società internazionale di chirurgia plastica estetica. L’intervento più eseguito nel 2012 è la liposuzione; seguita da blefaroplastica per eliminare le borse sotto gli occhi e i difetti delle palpebre; poi il trapianto di grasso autologo, cioè l’innesto di grasso in determinate parti dal corpo dopo averlo precedentemente prelevato da un’altra zona; e al quarto posto, la mastoplastica additiva (nel 2011 l’aumento del seno era stato il più richiesto).
(C. T.)