Sono i più vulnerabili all’infezione influenzale: migliaia di bambini in queste settimane sono a letto con l’influenza, che raggiungerà il picco massimo tra fine gennaio e primi di febbraio. Nonostante sia da considerare una malattia molto comune, comporta un impatto rilevante non solo dal punto di vista sociale (perdita di giorni di scuola, assenza dal lavoro dei genitori, rischio di trasmissione ai familiari, soprattutto agli anziani), ma anche da quello clinico ed economico. Spesso, infatti, l’influenza comporta un incremento del consumo di antibiotici e antifebbrili, affollamento negli ambulatori dei pediatri e al Pronto soccorso degli ospedali, con un significativo aumento del rischio di ospedalizzazione.
I ricoveri ospedalieri da influenza, che in assoluto non sono particolarmente numerosi, sono prevalenti nel bambino “a rischio”, cioè portatore di una patologia che, a sua volta, può favorire complicanze. In Italia, i casi di morte correlati all’influenza sono circa 8000 all’anno, di cui alcune decine riguardano bambini, il 60% dei quali muore a causa di complicanze.
«L’influenza deve essere gestita sul territorio, dal pediatra di famiglia», raccomanda la professoressa Susanna Esposito, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura della Fondazione IRCCS, Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano e Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP). «I ricoveri ospedalieri devono essere limitati ai casi di effettiva necessità, sia per evitare al bambino un inutile disagio lontano dall’ambiente familiare, sia per contenere i costi, sia per non favorire la diffusione del virus in ospedale, particolarmente pericolosa per i ricoverati affetti da malattie croniche. Il virus influenzale è il terzo agente, in ordine di frequenza, che causa infezioni nosocomiali in età pediatrica, dopo il virus respiratorio sinciziale e il rotavirus. L’obiettivo è, quindi, quello di evitare l’ospedalizzazione, se non indispensabile».
Per individuare i pazienti da ricoverare e quelli da trattare a domicilio, raccomandano i pediatri, è importante attenersi ai criteri validati dalle più recenti linee guida nazionali e internazionali, che identificano quattro situazioni con diverse raccomandazioni:
1. non si richiede il ricovero, ma soltanto una più attenta osservazione medica per individuare tempestivamente eventuali complicanze, quando si è in presenza di una delle seguenti condizioni preesistenti: cardiopatie, asma moderato-grave, patologia respiratoria cronica, fibrosi cistica, insufficienza renale ed epatica, diabete e altre malattie metaboliche, immunodeficienze congenite e acquisite, malattie neoplastiche, terapia steroidea prolungate;
2. non si richiede necessariamente il ricovero, ma la gestione a livello domiciliare o ambulatoriale da parte del pediatra, quando si è in presenza dei seguenti segni o sintomi: disidratazione correggibile per via orale, basso peso neonatale o prematurità in soggetto di età superiore a 3 mesi, lieve distress respiratorio, episodi di convulsioni febbrili successivi al primo e non complicati;
3. si può considerare il ricovero in presenza delle seguenti condizioni: incapacità della famiglia a gestire il problema, condizioni economiche o sociali che non garantiscono un’adeguata assistenza a domicilio, età inferiore a 3 mesi associata a uno o più fattori di rischio, bronchiolite in età superiore a 3 mesi, saturazione di 02 pari a 92-95%;
4. è fortemente raccomandato il ricovero immediato nelle seguenti condizioni: disidratazione che richiede reidratazione per via endovenosa, frequenza respiratoria >70 atti/min o saturazione 02 <92%, insufficienza respiratoria, convulsioni (primo episodio) o sintomi neurologici, bronchiolite in lattante di età inferiore a 3 mesi, cardiopatie cianogene, segni di sepsi.
Più in generale, la diagnosi di influenza, dal momento in cui il virus è circolante nell’ambiente, è suggerita quando si presentano i seguenti sintomi a esordio brusco e improvviso:
la presenza costante di febbre che, in un numero non trascurabile di casi, raggiunge valori elevati anche superiori a 39°;
un sintomo respiratorio (tosse, faringodinia, congestione nasale);
un sintomo sistemico (cefalea, malessere generalizzato, sudorazione, brividi).
Nei bambini più piccoli, che non sono in grado di descrivere i sintomi, l’influenza si può manifestare con irritabilità, pianto e inappetenza e, soprattutto nel lattante, può essere accompagnata nel 10-20% dei casi da vomito e diarrea.
«Nel trattamento dei sintomi associati all’influenza, come febbre e dolore, risultano efficaci il paracetamolo e gli anti-infiammatori non steroidei (FANS)», conferma la professoressa Esposito. «In assenza di complicazioni di origine batterica, bisogna limitare l’impiego di antibiotici, per evitare la possibile comparsa di ceppi antibiotico-resistenti. Da non dimenticare, inoltre, semplici accorgimenti quali il riposo in ambiente confortevole e l’adozione di una dieta bilanciata, con particolare attenzione a un’adeguata somministrazione di liquidi e a un apporto calorico minimo che tenga conto della difficoltà del bambino ad alimentarsi. Si raccomanda, infine, di limitare il trattamento con antivirale nei soggetti a rischio, nei bambini cioè a rischio di contrarre la malattia influenzale in forma grave (ad esempio soggetti oncologici, affetti da HIV o neonati prematuri fino all’età di 2 anni), sia in quelli che, una volta contratta l’influenza, rischiano di andare incontro a un aggravamento della patologia di base (ad esempio soggetti con patologie croniche cardiache, respiratorie o con disturbi neurologici). In particolare questi ultimi devono essere vaccinati annualmente in periodo pre-epidemico e, nel caso in cui vadano incontro a sindrome influenzale in periodo epidemico, siano essi vaccinati o meno, devono ricevere un trattamento antivirale entro 48 ore dall’insorgenza della sintomatologia. Particolare peso va attribuito ai soggetti asmatici, considerando che l’asma è la patologia cronica più comune in età pediatrica, interessando circa il 10% dei bambini. Negli asmatici fino ai 9 anni, i rinovirus sono più frequentemente implicati rispetto ai virus influenzali nell’insorgenza di attacchi d’asma. Tuttavia, sebbene il virus influenzale non sia tra quelli che più frequentemente inducono peggioramento dell’asma, i dati relativi alle epidemie da influenza indicano che il sintomo più frequente nella fascia pediatrica è il sibilo asmatiforme».
di Paola Trombetta