In primavera si considera “benefica” la pioggia perché “lava” i pollini dispersi nell’aria e riduce l’inquinamento atmosferico. In inverno, invece, la pioggia può diventare nemica di chi soffre di allergie, soprattutto i bambini. Lo confermano tanti studi clinici e i dati di questi ultimi giorni registrati all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dopo i violenti nubifragi che hanno colpito la capitale e l’Italia intera, dai quali si evidenzia un aumento del 22,7% di patologie respiratorie (bronchiti, bronchioliti, polmoniti, asma), rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
«Il dito puntato è contro le muffe, causa non solo di allergie, ma anche di infezioni respiratorie», sottolinea il dottor Alessandro Fiocchi, responsabile del Dipartimento di Allergologia dell’Ospedale Bambino Gesù, intervenuto al Convegno “Inquinamento ambientale e malattia allergica del bambino” che si è svolto i giorni scorsi presso l’Auditorium del Bambino Gesù a Roma. «Grandi concentrazioni d’acqua, infatti, favoriscono la proliferazione di muffe e di micro-tossine che, soprattutto nei soggetti più delicati come i bambini, possono scatenare reazioni allergiche, dermatiti, eczemi, riniti, ma anche problemi all’apparato respiratorio come bronchiti e asma».
La conferma di questi dati viene anche da recenti studi internazionali. Un gruppo di ricercatori di Cincinnati ha rilevato che l’esposizione, nel secondo semestre di vita di un bambino, ad alte concentrazioni di alcune micro-tossine (in particolare Aspergillus ochraceus, Aspergillus unguis, e Penicillium variabile) a seguito di eventi come le alluvioni, aumenta il rischio di sviluppare asma in età scolare. Da Londra arriva, invece, la segnalazione di un picco di accessi ai Pronto Soccorso per asma, registrato durante le alluvioni che hanno colpito il paese nel luglio 2013. E dagli Stati Uniti proviene la notizia di un nuovo allergene che colpisce in particolare durante le alluvioni: si tratta di quello presente nei peli dei topi, roditori che escono in massa dalle proprie tane in presenza di grosse quantità di acqua. Questa improvvisa concentrazione di allergene scatenerebbe reazioni allergiche. Anche l’ambiente domestico, ancor più di quello esterno, nasconde insidie, come le muffe e gli acari. Come combattere allora queste allergie?
Oltre ai tradizionali farmaci sintomatici (cortisonici, antistaminici, broncodilatatori), sta prendendo sempre più piede l’immunoterapia, l’utilizzo cioè di vaccini che agiscono in modo più radicale sull’allergia, con risparmi sulla spesa sanitaria che raggiungono anche il 70%, se si considerano anche le ospedalizzazioni e le cure per attacchi d’asma. «Consiste nella somministrazione graduale di piccole dosi di allergene che causa i sintomi, allo scopo di ridurre la reattività clinica del soggetto durante l’esposizione naturale all’allergene stesso», spiega il dottor Salvatore Barbieri, dell’Unità di Allergologia pediatrica dell’Ospedale San Paolo di Milano. «Viene somministrata secondo due modalità: mediante iniezioni sottocute (immunoterapia sottocutanea o SCIT) o tramite somministrazione sublinguale (immunoterapia sublinguale o SLIT). Quest’ultima sembra avere un profilo di sicurezza migliore e consente una più facile gestione della cura, soprattutto nei bambini. Dopo aver testato con esami cutanei (prick test) ed ematici (rast-test) gli allergeni, si somministra, qualche mese prima della loro comparsa, questa terapia per almeno 4-6 mesi, ma anche per un anno intero, soprattutto nei casi di allergie permanenti come gli acari. Questa somministrazione deve essere ripetuta per almeno tre anni di seguito. La copertura dovrebbe avere una durata permanente».
Riconosciuta efficace dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e dall’Organizzazione Mondiale dell’Allergia (WAO), viene indicata per il trattamento delle allergie respiratorie (rinite e asma) da allergeni inalanti (pollini, acari della polvere, peli di animali e muffe) e dal veleno degli insetti. Per quest’ultimo genere di allergie, l’immunoterapia viene rimborsata dal Sistema Sanitario. Per gli altri allergeni, invece, è a discrezione delle singole Regioni, con rimborsi parziali intorno al 30-40%. Diversi studi di farmaco-economia hanno dimostrato un risparmio intorno al 50% con l’immunoterapia rispetto all’utilizzo dei farmaci sintomatici. Uno studio europeo, pubblicato sugli Annali di Allergia ha preso in esame un campione di più di un migliaio di bambini con allergia da almeno un anno e con successivi tre anni di immunoterapia: questa cura ha implicato una spesa tre volte inferiore rispetto a quella sintomatica e ai ricoveri ospedalieri per attacchi d’asma che si sono ridotti nei bambini, in particolare nella fascia d’età di 13-14 anni, con un netto miglioramento della qualità di vita di questi ragazzi, costretti, a causa dell’allergia, a limitazioni nella vita di relazione, nelle attività sportive e nel rendimento scolastico. Una ricerca francese, condotta su più di mille studenti tra 18 e 29 anni, ha rilevato che il 22% soffriva di rinite allergica e il 30% di una forma grave. Di questi 220 soggetti, il 20% riferiva un calo della performance scolastica, il 40% era distratto dai sintomi, il 50% presentava disturbi del sonno che si ripercuotevano sulle capacità di attenzione e concentrazione durante il giorno.
di Paola Trombetta