Il 40% delle persone con diabete confessa di non assumere regolarmente i farmaci. Tra loro soprattutto uomini single che si vergognano di farsi vedere malati. I diabetici sposati o conviventi sono, invece, più attenti alle cure: aderiscono infatti alle terapie nel 71% dei casi. Il merito? E’ soprattutto delle donne, più attente per se stesse, se malate, e per i propri partner, nel ricordare di assumere i farmaci necessari. Due grossi problemi per la gestione della malattia sono infatti l’aderenza ai farmaci e il controllo più volte al giorno della glicemia.
Lo conferma l’indagine “Il sapore amaro del diabete”, realizzata da Doxa Pharma, per conto di Astra Zeneca. Che registra anche il peggioramento di altri disturbi, in particolare ipertensione, di cui soffre il 55% dei diabetici, infarto o ictus, che si verificano nell’11% dei casi. Raddoppiato anche, rispetto alla popolazione generale, il rischio di depressione, più frequente tra i single. Si sente depresso un paziente su 4, soprattutto a causa del “peso quotidiano” della malattia, che richiede regole per la misurazione più volte al giorno della glicemia, scadenze per la somministrazione delle terapie, e rinunce soprattutto legate alla dieta.
«Il diabete è una patologia cronica che colpisce più di 4 milioni di italiani e li costringe a compiere diverse migliaia di atti costrittivi all’anno, con un impegno temporale di almeno tre ore tutti i giorni», fa notare il professor Salvatore Caputo, presidente di Diabete Italia (www.diabeteitalia.it). «Un problema tipico di malattie croniche come il diabete è infatti l’aderenza alle terapie. Ecco perché una nuova formulazione monosettimanale di un farmaco, già in commercio da tempo come l’exenatide, potrebbe consentire una migliore accettazione della terapia, con positive ripercussioni sulla qualità di vita».
Questo farmaco, grazie a una nuova formulazione con microsfere biodegradabili a rilascio prolungato, consente una sola somministrazione settimanale ed è indicato ai pazienti con diabete di tipo 2, che non hanno ottenuto un buon controllo della glicemia con le altre terapie. Una curiosità: questa molecola deriva da una proteina contenuta nella saliva di un rettile, il mostro di Gila, che vive in Centro America e, grazie al suo lento metabolismo, è in grado di garantire il proprio fabbisogno di cibo con soli tre pasti all’anno. «L’exenatide a rilascio prolungato appartiene alla famiglia delle “incretine”, molecole che riproducono il meccanismo dell’ormone GLP-1 prodotto dall’intestino e rilasciato in occasione dei pasti per favorire la produzione di insulina e tenere sotto controllo la glicemia», spiega il professor Francesco Giorgino, ordinario di Endocrinologia e Malattie del metabolismo dell’Università degli studi “Aldo Moro” di Bari. «Il rilascio prolungato di questa molecola permette di controllare meglio la glicemia, senza incorrere nel rischio di ipoglicemia, frequente nella terapia con insulina. Questa nuova formulazione a rilascio prolungato ha il vantaggio di promuovere il senso di sazietà e favorire così la riduzione del peso corporeo, a differenza di altre terapie che, in genere, causano un aumento di peso».
di Paola Trombetta
I PAZIENTI CHIEDONO DEVICE PIU’ SICURI E PRATICI
Si sono date appuntamento il 26 marzo, nella Sala Nassiyria di Palazzo Madama a Roma. Le principali Associazioni italiane dei pazienti diabetici (Fand-Associazione Nazionale Diabetici, AGD Italia, Aniad-Associazione Nazionale Atleti Diabetici, FDG-Federazione Nazionale Diabete Giovanile, Diabete Forum) con i loro presidenti, si sono trovate per sensibilizzare i governanti sull’importanza dell’autocontrollo giornaliero di questa malattia, chiedendo di poter avere a disposizione in tutte le Regioni glucometri e strisce in numero sufficiente per ogni persona, nonché lancette pungi-dito e pennette per insulina, che debbono rientrare nella categoria dei presidi terapeutici e come tali ottenere adeguati rimborsi. «Nel nostro Paese la qualità di vita delle persone con diabete è migliorata a livello assistenziale, ma molti sono ancora i passi da compiere per un corretto approccio alla gestione della malattia, soprattutto per quanto riguarda l’automonitoraggio della glicemia, per migliorare il controllo della malattia», puntualizza Egidio Archero, presidente FAND (Associazione Italiana Diabetici).
Da una recente indagine condotta da Doxa Pharma, per conto di Abbott, su circa 600 persone con diabete in Italia, Francia, Germania, emerge come un paziente su due si aspetta, nel futuro, un dispositivo per permettere il controllo della glicemia senza doversi pungere più volte al giorno. «Due sono i principali timori delle persone con diabete: il fastidio di pungersi per il controllo della glicemia e la paura di crisi ipoglicemiche notturne», fa notare il professor Emanuele Bosi del Dipartimento di Endocrinologia e Diabetologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Per ovviare a queste situazioni, si sta mettendo a punto una nuova tecnologia di sensori con un microago, inserito sottocute e coperto da un patch, che utilizza un sistema di elaborazione e lettura della glicemia su display per valutare l’andamento giornaliero della glicemia, senza doversi continuamente pungere. E in più saranno dotati di un dispositivo acustico che suona quando la glicemia è alterata, fondamentale soprattutto per le mamme di bambini diabetici. Questi nuovi dispositivi dovrebbero essere commercializzati a fine anno».
di Paola Trombetta
DA FINE MESE ARRIVA IL TIMER DA INSULINA
Si chiama InsulCheck ed è un piccolo dispositivo che aiuterà chi soffre di diabete a ricordare l’ora dell’ultima autosomministrazione di insulina. L’obiettivo è evitare sovra o sottodosaggi del farmaco con il rischio di incorrere in crisi ipo o iperglicemiche o di evitare la mancata aderenza alla terapia. Il ‘timer tecnologico’ (di questo si tratta) è di facile utilizzo: si applica alla penna da insulina, sia quella usa e getta sia quella ricaricabile, e una volta inserito in posizione è sufficiente premere il pulsante di erogazione del farmaco. InsulCheck, a questo punto, si azzera e inizia a conteggiare i minuti, tenendo sotto controllo il tempo dall’ultima somministrazione. È la memoria insomma che permette sempre di sapere con esattezza se e quando si è fatta l’iniezione di farmaco salvavita. (F.M.)