DOLORE ALLA MANDIBOLA: UN AIUTO DALL’ACIDO IALURONICO

Un dolore in corrispondenza dell’orecchio, spesso confuso con otite, disturba, avvilisce. Poi quei click dolorosi e rumori articolari, che si percepiscono durante i movimenti mandibolari, accompagnati talvolta da una limitata e difficoltosa apertura della bocca, che compromette la masticazione e a volte persino la parola.

Avvertire questi sintomi, vuol dire soffrire di disfunzioni temporo-mandibolari o dell’articolazione temporo-mandibolare (posizionata tra l’osso mandibolare e l’osso temporale del cranio). Un gruppo di alterazioni che possono essere molto dolorose (sono la seconda causa più frequente di dolore oro-facciale, dopo quella ai denti), provocate per lo più da fattori muscolari (spesso a causa dell’ipertono dei muscoli masticatori) o da problemi articolari, che possono essere di tipo degenerativo come l’artrosi o l’artrite, oppure legati al mancato “coordinamento condilo-meniscale” (dovuto a traumi, malocclusioni o abitudini viziate come postura scorretta o bruxismo (il digrignamento dei denti dovuto alla contrazione della muscolatura), del disco articolare, collocato all’interno dell’articolazione, la cui funzione è di impedire un contatto diretto fra due strutture ossee.

A parte dolore, rumore e limitazione all’apertura della bocca (i tre segni tipici), possono essere legati ai disordini dell’articolazione temporo-mandibolare tutta una serie di altri sintomi secondari, spesso ignorati o mal interpretati: cefalea, calo dell’udito, otalgia, acufeni, ronzii, vertigini, dolore facciale a collo e spalle, o improvviso cambiamento dell’occlusione dentaria.

Disturbi fastidiosi che colpiscono circa il 20 per cento della popolazione, soprattutto le donne (il rapporto è di 4 a 1 verso gli uomini), in particolare di età media e avanzata. Sono condizioni cliniche, in genere con un decorso favorevole ad andamento ricorrente.

Il nuovo approccio terapeutico conservativo. Per queste caratteristiche della patologia solo una minima percentuale dei pazienti (circa il 5 per cento) necessita di un trattamento. E’ il caso soprattutto delle disfunzioni all’ATM, dovute ad artrosi o ad altre patologie temporo-mandibolari degenerative o infiammatorie. Queste oggi possono essere trattate efficacemente con un nuovo approccio terapeutico conservativo, a base di infiltrazioni intra-articolari di acido ialuronico. Gli esiti sono promettenti, soprattutto nel migliorare due parametri importanti, come dolore e funzionalità mandibolare. L’obiettivo è quello di rallentare il più possibile il processo di degenerazione articolare.

«I problemi all’articolazione temporo-mandibolare vengono da noi trattati procedendo a diversi livelli», spiega il professor Luca Guarda-Nardini, Presidente della Società Italiana Disfunzioni ed Algie Temporo-mandibolari (SIDA) e Professore a.c. presso il Dipartimento di Chirurgia Maxillofacciale dell’Università di Padova, tra i massimi esperti a livello internazionale, nell’ambito dei disturbi temporo-mandibolari (www.lucaguarda.it). «Se si manifestano in modo occasionale, in prima battuta si consiglia di seguire un’igiene comportamentale. Vale a dire: occorre evitare tutte quelle abitudini viziate di sovraccarico articolare della bocca, come ad esempio il mangiarsi le unghie (onicofagia), masticare la gomma americana o introdurre grandi bocconi. Poi è importante fare attenzione agli sbalzi termici, soprattutto al freddo. La tensione della muscolatura, causata dal repentino cambiamento della temperatura, può creare un carico eccessivo articolare ed essere fonte di dolore. Se non si hanno benefici da questo approccio conservativo, e ciò avviene spesso con pazienti affetti da degenerazione artrosica dell’articolazione, si passa a qualcosa di più aggressivo. Il nostro Gruppo di ricerca utilizza, da qualche anno, una tecnica nuova, basata sull’impiego dell’acido ialuronico. Si tratta di un ciclo di iniezioni intra-articolari (che si possono eseguire in regime ambulatoriale e con anestesia locale), associate a un lavaggio (artrocentesi) articolare; la funzione del lavaggio è quella di eliminare i cataboliti, i radicali liberi e in generale di ridurre lo stato infiammatorio al fine di preparare l’articolazione al posizionamento di acido ialuronico».

Quest’ultimo è uno dei componenti fondamentali dei tessuti connettivi dell’uomo. La sua concentrazione tende a diminuire nell’organismo con l’avanzare dell’età. Nella terapia intra-articolare, l’acido ialuronico viene utilizzato non solo come lubrificante del liquido sinoviale, ma anche per il suo ruolo protettivo dei tessuti, limitando la penetrazione di radicali liberi ed enzimi proteolitici. «Secondo evidenze emerse da alcuni studi, condotti dal nostro Gruppo di ricerca, il trattamento ottimale si basa su un ciclo di 5 infiltrazioni, ripetute a cadenza settimanale – continua il professor Luca Guarda-Nardini. «I risultati ottenuti finora sono ottimi e in grado di migliorare, fin dalla prima infiltrazione, buona parte dei disturbi del paziente (dolore e limitata funzionalità della mandibola), con percentuali che si avvicinano al 100 per cento e con un’efficacia che può mantenersi per mesi o prolungarsi fino a un anno. Controindicazioni a questo trattamento, non ce ne sono. Finora, presso il nostro Centro, abbiamo trattato più di 1000 pazienti. Si è visto come i risultati migliori, si raggiungono con l’utilizzo di acido ialuronico a basso peso molecolare».

In passato, per risolvere le disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare, si ricorreva più di frequente alla chirurgia. Oggi, mediante l’utilizzo delle infiltrazioni intra-articolari di acido ialuronico, si è ridotto di circa l’80 per cento, il numero dei pazienti, potenzialmente candidati all’intervento chirurgico.

Molto spesso ai problemi intra-articolari si associano quelli muscolari. Succede per esempio quando una persona è tesa e stringe i denti. Crea un sovraccarico a livello di muscolo e dell’articolazione. Tutto questo accelera il processo degenerativo. «Insieme al problema intra-articolare, è possibile trattare il problema muscolare, con miorilassanti da assumere per via orale oppure con l’utizzo di bite», conclude il professore. «Anche l’impiego della tossina botulinica, in questo ambito, ha dato buoni risultati. Da studi che abbiamo condotto sull’impiego di questa sostanza, è emerso come “mettendo a riposo”, con la tossina botulinica, i muscoli masticatori, soprattutto il massetere e il temporale, questi si contraggono meno. Si riduce così il sovraccarico all’articolazione e si ottiene una minor tensione del muscolo, nella sua globalità e uno stato di benessere».

di Luisa Romagnoni

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