Alejandra è nata prematura con una gravissima infezione intestinale, incompatibile con la vita. I medici decidono che non c’è più nulla da fare e viene trattata con il “Comfort Care”, un trattamento medico-infermieristico offerto dal Morgan Stanley Children’s Hospital di New York a neonati affetti da malattie gravissime e con una prospettiva di sopravvivenza molto breve. Questo trattamento supporta i bisogni essenziali dei neonati, come l’idratazione e il mantenimento della temperatura corporea, ma anche permette a questi bimbi di essere accuditi e coccolati dai genitori e curati con le terapie più idonee per evitare loro di soffrire. Fortunatamente, dopo un paio di mesi, Alejandra inizia a respirare autonomamente e le sue condizioni migliorano. Oggi la bimba ha 7 anni e la mamma ricorda le ansie di quei primi mesi, in cui ogni giorno avrebbe potuto essere l’ultimo, e ringrazia l’equipe dei medici che l’hanno accudita e salvata. Altri bambini purtroppo, affetti da malformazioni più gravi, non hanno avuto uguale fortuna e, a pochi giorni o settimane dalla nascita, sono deceduti, tra le braccia dei genitori e le cure di un’equipe medica “dedicata” che, con supporti terapeutici, hanno alleviato le sofferenze dei pochi giorni di vita. Artefice di questa assistenza “dedicata” ai piccoli neonati, destinati a morire, è la dottoressa Elvira Parravicini, brianzola di nascita, da 20 anni a New York, dove nel 2006, presso il Morgan Stanley Children’s Hospital,affiliato alla Columbia University, ha fondato un programma di “Comfort Care” Neonatale. E per questa sua attività è stata insignita nel 2012 dell’ambito riconoscimento di “Medico dell’anno” del Morgan Stanley Children’s Hospital di New York.
L’abbiamo incontrata nel suo mega-ospedale, uno dei più antichi e prestigiosi della città di New York, il più grande della zona di Harlem a nord di Manhattan, dove dal 2006 sono nati, su un totale di 35 mila neonati circa, 150 bambini in gravi condizioni (una ventina all’anno), che vengono assistiti dal team del Comfort Care Neonatale.
«Si tratta di piccoli con gravi malformazioni congenite, anomalie cromosomiche (trisomia 18 o 13), anencefalia (mancanza delle strutture cerebrali), agenesia renale (mancanza dei reni) o bimbi severamente prematuri che, nella maggior parte dei casi, sono incompatibili con la vita», spiega la stessa Elvira. «Spesso le mamme sono a conoscenza, fin dai primi mesi di gestazione, della gravità della malattia, ma decidono di non abortire.
tutto l’affetto che la loro breve vita poteva consentire».
Come ti è venuta l’idea di creare una sorta di “Hospice” per i “neonati terminali”?
«Solitamente si associa la parola Hospice agli anziani, ai malati oncologici e vengono considerati un luogo dove “andare a morire”. La mia idea di creare, invece, una terapia medica e infermieristica ai neonati in gravi condizioni è nata soprattutto dalla costatazione che questi bambini venivano spesso “trascurati” nei reparti di neonatologia, quasi lasciati morire in ambienti asettici, con scarso “calore umano”. Perché, al contrario, non prendersi cura in modo particolare di questi piccoli, destinati a vivere solo poche ore o pochi giorni? Anche loro hanno il diritto sacrosanto di vivere al meglio! Non possiamo pensare che questi bambini siano “nati per morire”. Al contrario sono nati per vivere al meglio le poche ore di vita che hanno! Ho iniziato a lavorare con questi bambini e le loro famiglie dal 2006 e questo nuovo servizio si e’ sviluppato nel tempo, con il coinvolgimento di infermiere e altro personale fino a che e’ stato accolto con entusiasmo dal mio primario e dalla struttura ospedaliera. Questo e’ un buon esempio di come in America sono molto aperti alle novità e molto pratici nella realizzazione veloce di progetti in ambito sanitario».
Un progetto del genere potrebbe essere proposto e attuato anche da noi?
«Abbiamo messo a punto delle linee-guida che ho avuto l’opportunità di presentare anche in Italia al Congresso “Vivere un lampo di vita” (Bologna 12 Aprile 2014) e che possono essere seguite facilmente da tutti gli ospedali. Abbiamo anche pubblicato degli articoli sul Journal of Medicine and the Person e sul Journal of Perinatology per riportare queste linee guida e gli outcome di questo trattamento. Spero davvero che la nostra struttura rappresenti un modello che possa avere un seguito in altri Paesi. In Italia stanno nascendo centri pilota, come al Sant’Orsola di Bologna, grazie alla nascita di Giacomo, e all’iniziativa della dottoressa Chiara Locatelli, che ha lavorato con me a New York per 3 anni. Altri centri dove sta nascendo un’esperienza di “Comfort Care” Neonatale sono l’Ospedale San Gerardo di Monza, dove ho lavorato sette anni prima di venire in America, il Villa Betania di Napoli, l’Ospedale di Cremona. In tutti questi casi, l’occasione è stata la nascita di un bimbo con breve vita e la richiesta dei genitori del trattamento col “Comfort Care”, di cui avevano sentito parlare. Di fronte a questa richiesta, la sensibilità del personale medico ed infermieristico ha fatto sì che questa cura speciale avvenisse e progetti pilota sono iniziati in questi centri».
di Paola Trombetta