Un corpo perfetto, una famiglia perfetta. Moglie-amante perfetta, mamma perfetta, manager perfetta. La figlia più disponibile. La cuoca impareggiabile… Nella società postmoderna si va diffondendo un nuovo modello di femminilità, ispirato a essere, sapere e saper fare tutto… e bene. Questo mito della perfezione femminile, alimentato in questi ultimi anni dalla cultura del narcisismo, rischia però di soffocare l’espressione della vera identità, favorendo la diffusione dei disturbi del comportamento alimentare. Ad affrontare questo tema, nell’ambito del Festival della mente che si svolge tutti gli anni a Sarzana, Elena Riva, psicoanalista, socia della Fondazione Minotauro, dove coordina l’équipe sui disturbi della condotta alimentare e dell’immagine corporea in adolescenza. Tra le pubblicazioni recenti: Il mito della perfezione. Fragilità e bellezza nei disturbi della condotta alimentare (Mimesis, 2014); Adolescenza e anoressia (Raffaello Cortina, 2009).
In questa intervista ci anticipa le sue riflessioni.
Come è stato alimentato negli ultimi anni il mito delle perfezione femminile?
«Mai come oggi la pressione per eccellere, ispirata dalla cultura del narcisismo centrata sull’autorealizzazione, alimenta una smisurata ansia di prestazione. E in questo contesto si va diffondendo anche un modello di femminilità, ispirato a “essere, sapere e saper fare” tutto. Una femminilità “esageratamente magra, intelligente, forte e di successo”, di fronte alla quale è difficile non sentirsi inadeguate. Alle donne si chiede di essere altrettanto determinate, autonome e auto-assertive dei maschi, e insieme di conservare la dolcezza, la sensibilità, la dedizione alla cura e ai legami; inoltre, come se non bastasse, si chiede di investire un’enorme quantità di energie e di risorse alla cura estetica del proprio corpo. Ma se è vero che le donne sono avvantaggiate dalla natura nel gestire più cose assieme, è altrettanto vero che c’è il rischio concreto di esagerare: le donne di oggi non hanno tregua, lo stress è una costante. Abbiamo interpretato le conquiste femministe come una via alla perfezione. Visto che oggi possiamo fare tutto, ci siamo convinte di dover fare tutto. E sempre al meglio. Ma a quale prezzo? A discapito della nostra salute, e forse anche della nostra identità».
Perfezione e disturbi del comportamento alimentare, qual è il legame?
«Le più vulnerabili sono proprio le ragazzine. Molte di quelle che soffrono di un disturbo alimentare sono stare bambine perfette, brave a scuola, negli sport, in famiglia, così preoccupate di piacere e compiacere gli altri da scordarsi di sé e dei propri bisogni: figlie “perfette” cresciute in famiglie impeccabili. Ma l’essere la figlia modello che tutti i genitori vorrebbero avere, essere la prima della classe, essere attiva dando sempre il meglio di sé nello sport e in altre discipline non è sufficiente a compensare il bisogno di essere riconosciuta come persona. A un certo punto devono “svuotarsi” di tutto per ri-trovare se stesse».
C’è dunque un’età particolarmente a rischio per l’anoressia?
«Sì, è proprio la fase delicata dello sviluppo adolescenziale, in cui le ragazzine devono fare i conti con cambiamenti evidenti del proprio corpo, spesso difficili da accettare e fonte di disagio, in cui si è ancora alla ricerca di una definizione di se stesse. E poi ci sono forme più tardive, che emergono dopo i 30 anni. E’ in crescita anche l’anoressia maschile».
I media, e la moda in particolare, hanno una responsabilità importante nel veicolare come vincente e accattivante un certo modo di apparire e di essere. Ritiene che la magrezza delle modelle possa essere considerata una della cause dell’anoressia che colpisce così tante ragazze?
«La società odierna ha accordato un’attenzione spesso esasperata alla dimensione estetica e ha sviluppato un eccessivo interesse per l’aspetto esteriore del corpo, ma è importante ricordare che l’anoressia (e la bulimia, l’altra faccia della stessa medaglia) è un disturbo mentale. Non si diventa anoressiche solo per imitare i modelli di bellezza androgina delle indossatrici o dalla pubblicità . Si tratta in realtà di un disagio che ha radici psichiche ben più complesse e profonde, che sicuramente risulta ancor più accentuato da una cultura dell’apparenza, ma il disagio prende vita solo quando esiste già un terreno fertile in grado di accoglierlo. Qualunque disagio psichico nasce da un’interazione di più fattori: sociale, familiare, individuale e va affrontato in un’ottica della complessità. I confini fra comportamenti socialmente approvati, come l’attenzione verso il corpo e il cibo, e i comportamenti patologici come l’ossessiva ricerca di una magrezza senza limiti sfumano e si confondono».
Carcere fino a 2 anni e multe da 10mila a 100mila per chi istiga all’anoressia o alla bulimia. Sono queste le nuove misure che il Parlamento intende prendere per contrastare gli oltre 300mila siti internet e blog che incitano alla magrezza estrema, con consigli su come smettere di mangiare e vomitare per raggiungere il traguardo dei 35 chili. Cosa ne pensa?
«Sono perplessa. Chiudere quei siti è un falso problema: che li frequentino o meno non cambia la gravità della malattia. Il disagio psichico, a mio parere, va combattuto attraverso strumenti pedagogici e culturali, piuttosto che repressivi. Come si può pensare di mettere in prigione le autrici dei blog, dei siti internet, delle pagine Facebook che spesso sono proprio le ragazze che soffrono di anoressia? Il proibizionismo non ha mai portato a nulla».
Ma perché il disagio si riversa proprio sul corpo?
«E’ a partire dal corpo, dalle sue esperienze, dalle emozioni che ne derivano che l’individuo costruisce la propria identità. Oggi in particolare, nella società dell’immagine, il corpo è lo specchio dell’identità. Non c’è dubbio che l’adolescenza sia la fase dello sviluppo in cui la trasformazione del corpo è più rapida e completa. Cambiamenti che obbligano ad affrontare il processo ineludibile del confronto, non solo con l’Altro da sé, ma soprattutto con un Sé nuovo. Crescendo, il bisogno di autonomia viene allora espresso attraverso il controllo del corpo. Il no dell’anoressica è un modo illusorio e mortifero, per riguadagnare uno spazio individuale».
E come mai questo tentativo di ritrovare se stesse si manifesta col rifiuto del cibo?
«Il nostro rapporto con il mondo incomincia attraverso una relazione alimentare, il latte materno rappresenta la prima forma di dono, ma anche il territorio in cui si inizia a costruire l’intelaiatura delle relazioni. La psicoanalisi ci ha indicato chiaramente come è proprio nell’ambivalenza del rapporto con il cibo che si gioca il nostro rapporto con il mondo: per questo rifiutare il cibo è un’azione simbolica estremamente potente. Nelle adolescenti esprime l’inconscio rifiuto di continuare ad adempiere alle richieste che vengono loro rivolte. Come manovra di separazione “dal materno”. Come affermazione della propria indipendenza, della propria autonomia».
Spesso nei disturbi del comportamento alimentare viene chiamata in causa la prima fonte di nutrimento che la ragazza anoressica ha conosciuto: la madre.
«Fuori di dubbio che spesso ci sia una forte intrusività materna nelle diverse fasi di crescita della futura anoressica. Spesso è mancato uno sguardo materno capace di riconoscerne ed apprezzarne la soggettività. Tuttavia non si deve caricare il ruolo materno di responsabilità eccessive: la crescita di un adolescente è di per sé un processo difficile, in cui inevitabilmente ciascun giovane incontra ostacoli e sperimenta emozioni intense. Le madri non vanno quindi colpevolizzate, bensì aiutate ad accompagnare i figli verso la loro affermazione come entità psicologica autonoma e indipendente».
E i padri, che ruolo hanno?
«Sono spesso padri periferici, la cui assenza è complementare alla centralità familiare delle madri. Padri assenti, fortemente desiderati dalle figlie che, non potendo avere con loro un rapporto reale, li idealizzano».
Come capire questi disagi, prima che sfocino nella patologia?
«Le adolescenti non hanno coscienza del proprio disagio. L’anoressica non chiede aiuto, perché significa aver bisogno dell’altro e soprattutto ammettere tale bisogno. Per prevenire i disagi, e l’anoressia che ne è la conseguenza, non c’è una formula o un segreto, magari ci fosse. Ma un ruolo fondamentale può e deve essere svolto dai genitori. Spesso sono famiglie iper-protettive, talvolta impongono ai figli grandi aspettative e sembrano quasi voler dire al figlio: “sei protetto da noi e sei perfetto, se no non ce la fai”».
Per tornare al “mito della perfezione”, quale comportamento possiamo suggerire alla donna?
«Sappiamo quanto sia difficile essere insieme donna, madre e persona. Ma sappiamo che è possibile per ogni donna trovare la propria sintesi identitaria unica e personale delle spinte individuali familiari e sociali. Se cercare di migliorarsi è positivo, diventare perfette sotto ogni aspetto è pressoché impossibile. Puntiamo a essere autentiche, non perfette».
di Cristina Tirinzoni
SARZANA: FESTIVAL DELLA MENTE
Si terrà a Sarzana da venerdì 29 a domenica 31 agosto l’undicesima edizione del Festival della Mente, il primo festival europeo dedicato alla creatività e ai processi creativi. Tre giornate con 60 relatori e 39 appuntamenti tra conferenze, spettacoli, workshop. Scrittori, artisti, fotografi, designer, scienziati, psicologi, psicoanalisti, filosofi e storici indagano i cambiamenti, le energie e le speranze della società di oggi. Accanto al tema centrale della creatività, e altri temi di attualità sociale e scientifica, la manifestazione, che quest’anno è guidata da un nuovo direttore scientifico, Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra, psicologo e presidente di Minotauro, ha introdotto quest’anno un secondo filone: quello della relazione complessa tra giovani a adulti. “In una generazione cambiano più cose di quanto prima avvenisse in un secolo”, ha dichiarato Gustavo Pietropolli Charmet. “Indagheremo i cambiamenti avvenuti nei ruoli, nei rapporti fra generi e fra generazioni all’interno della famiglia, mettendo a confronto speranza e aspettative, offrendo possibili soluzioni alle tensioni”.
Da non perdere:
venerdì 29 agosto, ore 19, Chiostro di San Francesco: Marco Aime – La fatica di crescere;
sabato 30 agosto, ore 10.30, piazza Matteotti: Peter Cameron, Marco Missiroli – Un giorno questa creatività ti sarà utile;
ore 11.30, Canale Lunense: Massimo Recalcati – Si può perdonare in amore?;
ore 16, Chiostro di San Francesco: Silvia Vegetti Finzi – Nuovi nonni per nuovi nipoti;
ore 19, Chiostro di San Francesco: Paola Mastrocola – La sparizione dello studio;
ore 21.15, Canale Lunense: Michele Serra, Christian Raimo – Tutte le famiglie infelici si assomigliano.
domenica 31 agosto , ore 10, Sala delle Capriate Fortezza Firmafede: Daniele Novara – Litigare fa bene;
ore 10.30, Canale Lunense: Anita Nair – Nuova identità della donna indiana;
ore 12.00, piazza Matteotti: Luigi Zoja – Crisi generazionale, crisi maschile, crisi italiana;
ore 17.30, Chiostro di San Francesco: Chiara Saraceno – Eredità, tradizione, cambiamenti generazionali;
ore 18, piazza Matteotti: Beppe Severgnini – Creare non vuol dire improvvisare;
ore 19, Sala delle Capriate Fortezza Firmafede: Elena Riva – Il mito della perfezione nella femminilità contemporanea.
Tutti gli ingressi costano euro 3,50.
Per il programma completo del Festival: http://portale.festivaldellamente.it/it/edizione-2014