L’estate sembra finalmente entrare nel vivo, dopo i tanti giorni di pioggia e tempo instabile. E i dermatologi rinnovano l’invito a non sottovalutare i possibili rischi per la pelle associati all’esposizione al sole. L’attenzione quest’anno è rivolta come sempre al melanoma, che colpisce in Italia 7/8 mila soggetti l’anno, con una mortalità che supera i 1.500 casi e interessa sempre più le donne sotto i 40 anni. A essere prese in considerazione sono anche patologie meno conosciute, come la cheratosi attinica, una lesione tumorale della pelle causata dall’esposizione ripetuta negli anni e non protetta ai raggi ultravioletti del sole, che colpisce milioni di persone in Italia e nel mondo. Secondo alcune stime, circa il 60% della popolazione generale sopra i 40 anni, con una storia di prolungata esposizione al sole, ha sviluppato almeno una lesione da cheratosi attinica e la prevalenza è in costante aumento. In Italia la patologia colpisce circa l’1,4% della popolazione sopra i 45 anni e il 3% dopo i 74 anni. Anche il tipo di pelle influenza il rischio, con una maggiore probabilità per chi ha la pelle chiara e tende più spesso a scottarsi al sole.
Ma con l’estate siamo tutti sotto il tiro dei raggi UV il cui effetto, cumulandosi negli anni, può causare queste lesioni della pelle che, se trascurate, possono evolvere in un carcinoma squamocellulare invasivo, oppure in un melanoma. Secondo i dati italiani AIRTUM (Associazione Italiana Registro Tumori) i tumori della pelle sono le neoplasie più frequenti: in Europa la loro incidenza è di 113-146 casi ogni 100mila abitanti.
«La cheratosi attinica si può considerare una forma di carcinoma allo stadio iniziale o
“in situ”, caratterizzata da lesioni che possono evolvere in carcinoma squamoso invasivo», afferma Giovanni Pellacani, professore ordinario di Dermatologia e Direttore della Clinica Dermatologica, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. «Non è possibile prevedere quale e quando una delle tante lesioni attiniche andrà incontro a una progressione in carcinoma squamoso cellulare, tumore maligno che richiede una diagnosi precoce e un trattamento adeguato». Da pochi mesi è disponibile anche in Italia un nuovo farmaco in gel, a base di ingenolo mebutato, un prodotto innovativo, attivo sia sulle singole cheratosi attiniche che sul campo di cancerizzazione.
Diverso invece il trattamento dei melanomi che richiedono sempre l’asportazione chirurgica. Quando diagnosi e intervento non sono precoci, questo tumore può degenerare in una forma metastatica. Oggi anche per queste lesioni più gravi, che un tempo non consentivano più di un anno di vita, esistono farmaci “target” efficaci. Tra questi Vemurafenib, utilizzato con successo nelle forme in cui è presente la proteina BRAF mutata (un paziente su due), che concorre alla proliferazione del tumore e viene annientata da questa terapia. «Un recente studio mondiale pubblicato su Lancet Oncology conferma i buoni risultati di sopravvivenza ottenuti con questo trattamento», puntualizza la dottoressa Paola Queirolo, oncologa all’Ospedale San Martino di Genova e presidente dell’IMI (Intergruppo Melanoma Italiano-www.melanomaimi.it). Al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica di Chicago (ASCO) sono stati presentati i risultati di un altro studio sul farmaco Ipilimumab, il primo di una nuova classe di terapie oncologiche che agiscono sul sistema immunitario del paziente e non sul tumore come la chemioterapia. «In realtà questo farmaco ha la particolarità di indurre il sistema immunitario a colpire e distruggere solo le cellule cancerogene». I risultati dello studio? «Si è ridotto del 25% il rischio di recidiva o morte. A tre anni, il 46,5% dei pazienti trattati con Ipilimumab era libero da recidive. E alcuni sono sopravvissuti anche dieci anni». Partirà nei prossimi mesi uno studio sull’utilizzo combinato di entrambi i farmaci su pazienti con tumore metastatico avanzato.
Per evitare di incorrere in queste gravi patologie è dunque fondamentale la prevenzione. L’osservazione diretta della pelle e le sue modificazioni aiutano a riconoscere le lesioni a rischio di degenerazione. Per informazioni: www.benvenutosole.it.
Per favorire la diagnosi tempestiva vengono suggerite 7 regole, da tenere presente non solo in estate, ma in qualsiasi periodo dell’anno. Eccole:
1) Prestare particolare attenzione alla condizione della propria pelle, specialmente se ci si espone regolarmente al sole per motivi professionali o per hobby.
2) Non trascurare eventuali cambiamenti della pelle, come comparsa di nuove macchie, lesioni a differente colorazione o che presentano sensibilità al tatto.
3) Non trascurare macchie appena visibili o ruvide al tatto. Attenzione ai cambiamenti di dimensioni, forma e colore dei nei.
4) Non sottovalutare sintomi come prurito, bruciore o sensazione di avere una scheggia nella pelle.
5) Eseguire l’autoesame della pelle scrupolosamente, con l’ausilio di uno specchio e di una buona illuminazione, prestando attenzione anche a zone meno visibili (come per esempio orecchie, cuoio capelluto e pianta dei piedi).
6) Adottare le precauzioni per proteggere la pelle dal sole come l’uso di creme solari con un fattore di protezione sia per i raggi UVB che per quelli UVA ed evitare l’esposizione nelle ore centrali.
7) Rivolgersi sempre al dermatologo in caso di nei o lesioni sospette, che tendono a modificare la propria forma e colore.
di Paola Trombetta
NON TRASCURARE L’ACNE
E’ da sfatare la falsa credenza che l’acne, patologia comune nell’età adolescenziale, ma che non risparmia gli over 30, possa migliorare, se non addirittura sparire, esponendo la pelle al sole. In Italia si stima che l’acne di gravità intermedia colpisca il 30-40% della popolazione tra i 15 e i 20 anni; nei trentenni la percentuale scende all’1% negli uomini e al 5% nelle donne.
«Se all’apparenza vediamo la pelle meno unta e con meno imperfezioni, non vuol dire che stiamo guarendo perché i raggi solari, in realtà, accentuano il processo infiammatorio alla base dell’acne, provocando un ispessimento dello strato più superficiale dell’epidermide (strato corneo) che causa la formazione di comedoni, cioè i punti neri. L’apparente miglioramento si deve anche all’abbronzatura che, donando uniformità al colore della pelle, tende a nascondere le imperfezioni», spiega il professor Stefano Veraldi, direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venereologia dell’Università degli Studi di Milano. «Alla falsa credenza che il sole guarisca l’acne, si aggiunge un altro comportamento diffuso e dannoso per la pelle: la tendenza a sospendere il trattamento in ragione del fatto che diversi farmaci per l’acne possono rendere la pelle più sensibile ai raggi UV. Si tratta dei cosiddetti farmaci fotosensibilizzanti, che possono causare danni e macchie alla pelle in seguito all’esposizione al sole, come nel caso delle tetracicline orali».
Se è vero che alcuni farmaci non possono essere impiegati sotto il sole, è ancor più vero che vi sono altri farmaci antiacne che possono essere utilizzati anche nel periodo estivo. «Si tratta dei retinoidi topici e di alcuni antisettici, che devono essere applicati sulla pelle alla sera e accuratamente sciacquati prima di esporsi al sole. Senza dimenticare le protezioni solari indicate per la pelle acneica: da evitare quelle occlusive perché causano la formazione dei punti neri, i detergenti e le creme idratanti. E’ quindi importante non interrompere i trattamenti durante il periodo estivo perché si rischia che il rientro a settembre porti con sé una riacutizzazione della malattia», afferma il dermatologo. «Vi sono, poi, prodotti per il trattamento delle lesioni acneiche lievi e intermedie che possono essere impiegati anche sotto il sole in quanto non presentano fenomeni di fototossicità», aggiunge il professor Veraldi. «E’ il caso, tra gli altri, di un gel a base di perossido di idrogeno e acido ialuronico. Il perossido di idrogeno, con le sue proprietà antisettiche, contrasta un batterio coinvolto nella patogenesi dell’acne, Propionibacterium acnes. Inoltre, è ben tollerato dai pazienti. Trasparente e fluido, questo gel deve essere distribuito sulla parte interessata: forma una pellicola protettiva che impedisce l’aggressione degli agenti esterni e previene le infezioni batteriche». (P.T.)