Dopo lo stop del decreto del Ministero della salute sulla fecondazione eterologa, che si è incagliato sulla possibilità di garantire la compatibilità genetica del nascituro con quella della coppia che riceve i gameti, la discussione sull’argomento viene rimandata a settembre, quando verranno organizzati incontri di lavoro per discutere di questo tema. Ma intanto cosa fanno i centri che si occupano di procreazione medicalmente assistita? A chi si dovranno rivolgere le coppie che intendono ricorrere alla fecondazione eterologa? Per i centri pubblici risponde la dottoressa Eleonora Porcu, che dirige il Centro di Infertilità e Procreazione medicalmente assistita del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna.
«Le strutture pubbliche al momento non possono avviare le procedure per la fecondazione eterologa e dovranno aspettare che la legge venga approvata dal Parlamento. In discussione ci sono ancora dei punti chiave, come l’istituzione di un registro delle donazioni di gameti, la definizione del numero di gravidanze possibili da un unico donatore, il recepimento delle direttive europee sulle autorizzazioni che devono avere i centri».
Non intende aspettare invece la Regione Toscana che ha approvato una delibera, già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, per il via libera a queste tecniche e da settembre ha inserito la fecondazione eterologa tra le prestazioni regolarmente rimborsate dal Sistema sanitario, con il pagamento di un ticket di 500 euro.
«Il nostro obiettivo è di riuscire a eseguire i primi trattamenti entro l’inizio di ottobre», conferma Claudia Livi, che dirige il Centro di PMA Demetra (privato, ma accreditato), tra i principali della Toscana, da dove era partita la battaglia che ha portato alla prima sentenza della Corte costituzionale contro il divieto di congelamento degli embrioni. «Durante il mese di agosto abbiamo già avviato colloqui con i pazienti, metà dei quali provengono da fuori Toscana, e abbiamo eseguito esami clinici, ricerca di ovociti e di liquido seminale. Il problema principale è reperire gli ovociti e stiamo sensibilizzando le pazienti già in cura da noi, che hanno conservato i propri gameti e hanno già avuto figli. Quanto alla compatibilità genetica, seguiremo i protocolli medici internazionali che prevedono la corrispondenza di razza e gruppo sanguigno tra donatore e ricevente».
Sulla stessa lunghezza d’onda sono i centri privati di PMA, per conto dei quali si esprime il dottor Andrea Borini, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità (SIFES). «Anche noi ci stiamo attivando per dare alle coppie la possibilità di accedere alle tecniche di fecondazione eterologa, sensibilizzando sulla “egg-sharing”, ovvero la donazione di ovociti da parte delle donne che già li hanno crioconservati nei nostri centri. Per quanto riguarda le procedure, il nostro riferimento sono le linee-guida emanate dalle società scientifiche che si occupano di PMA, e regolamentano la donazione dei gameti: in particolare devono essere garantiti i test genetici per valutarne l’idoneità e la compatibilità genetica, l’età dei donatori non deve superare per le donne i 35 anni e per gli uomini i 40 anni, il limite delle dieci gravidanze per ciascun donatore di gameti. Occorre precisare che questo protocollo era già stato avvallato anche dalla Corte costituzionale che aveva confermato come su questa materia fosse il medico e non il legislatore a dover prendere decisioni».
Staremo dunque a vedere nei prossimi mesi se anche il Ministro si convincerà di questa posizione e metterà i medici nelle condizioni di fare il proprio lavoro, e di farlo nel miglior modo possibile, senza i vincoli e le minacce di controlli da parte dei NAS che sono state ventilate da più parti nei confronti di quei centri che inizieranno a praticare la fecondazione eterologa, già legittimata peraltro dalla Corte costituzionale.
di Paola Trombetta