L’osteoporosi non è una malattia di esclusivo appannaggio femminile; anzi è forse il contrario. Le donne hanno fatto molti progressi, nella diagnosi precoce e nelle terapie; è l’uomo invece il sesso debole, perché inconsapevole di essere affetto da questa patologia. I dati più recenti pubblicati dall’International Osteoporosis Foundation (IOF) in un rapporto dal titolo: “L’osteoporosi maschile: perché le cose devono cambiare”, presentati a Roma, in occasione della Giornata mondiale dell’osteoporosi di lunedì 20 ottobre 2014, mostrano che un terzo delle fratture all’anca si verifica negli uomini, con tassi di mortalità che raggiungono anche il 37%, rispetto al 13% nelle donne.
«Gli uomini non sanno di poter soffrire di osteoporosi, si stupiscono quando lo scoprono, in quanto la considerano una patologia esclusivamente femminile», afferma Maria Luisa Brandi, professoressa di Endocrinologia all’Università di Firenze e Presidente F.I.R.M.O. «Questo quadro è stato anche confermato dall’analisi di genere sui pazienti over 65enni per frattura di femore, realizzata dalla Regione Toscana dal 2006 al 2011, dalla quale emerge una fotografia, sovrapponibile alla situazione nazionale italiana, con numeri allarmanti sulle fratture negli uomini sopra i 65. Le fratture di femore, nella popolazione anziana, sono un terzo del totale, ma il maschio muore nel primo anno nel 35 per cento dei casi contro il 18 per cento della donna. Nel caso delle fratture d’anca la mortalità maschile arriva addirittura al 37 per cento nel primo anno successivo alla frattura. Tuttavia il dato che più evidenzia quanto lavoro ci sia ancora da fare sull’uomo è quello relativo alla prevenzione. I nostri registri sottolineano, da un’analisi di 7 anni di casi, come le terapie integrative a base di vitamina D siano ad oggi quasi esclusivo appannaggio delle donne, che per fortuna sembrano averne compreso il fondamentale ruolo preventivo e terapeutico. Nel report – conclude la professoressa Brandi – si nota come nei pazienti over 65 fratturati di femore, le donne assumano correttamente Vitamina D nell’87 per cento dei casi, contro il solo 13 per cento degli uomini. Questa situazione, a nostro parere, deve essere corretta, se desideriamo che l’osteoporosi maschile non diventi una vera emergenza sanitaria».
In Italia si stima che siano affetti da osteoporosi circa 5 milioni di persone, con presenza di fratture vertebrali in un milione e con 90mila fratture di femore l’anno. L’incidenza aumenta con l’età e colpisce una donna su 2 e un uomo su 5, dopo i 50 anni, ma non vanno dimenticate le forme secondarie di osteoporosi che possono colpire anche giovani.
«In Europa le proiezioni indicano che entro il 2025 il numero totale di fratture negli uomini aumenterà del 34%, arrivando a 1,6 milioni di casi l’anno», puntualizza il professor John Kanis, presidente dell’IOF, a Roma in occasione dell’Udienza papale concessa alla Fondazione FIRMO. «Si stima addirittura che il rischio di subire una frattura osteoporotica negli uomini sopra i 50 anni sia del 27% superiore a quello di sviluppare un tumore alla prostata. In particolare la terapia ormonale, alla base del trattamento del tumore alla prostata, sembra essere un fattore di rischio aggiuntivo per l’osteoporosi negli uomini».
L’impatto dell’osteoporosi non riguarda solo lo stato di salute della persona, più esposta al rischio di fratture spesso invalidanti, ma anche la perdita di produttività sociale. Si definisce “epidemia silenziosa” perché priva di sintomi specifici: esordisce spesso con fratture che riguardano vertebre, femore, polso e altri distretti scheletrici. Sostanzialmente è una condizione in cui lo scheletro è soggetto a perdita di massa ossea e resistenza, causata da fattori nutrizionali, metabolici o patologici quindi soggetto a un maggiore rischio di fratture patologiche, in seguito alla diminuzione di densità ossea e alle modificazioni della micro-architettura delle ossa.
«Negli uomini si verifica assottigliamento trabecolare, mentre nelle donne c’è riassorbimento e perdita di trabecole, a causa della carenza di estrogeni durante la menopausa», spiega la professoressa Brandi. «Le cause dell’osteoporosi sono molteplici: menopausa, soprattutto se precoce, ridotto apporto di nutrienti (vitamina D e calcio), uso cronico di alcuni farmaci (cortisone in primo luogo ma anche altri), scarsa attività fisica. Il fattore di rischio più comune è rappresentato dall’avanzare dell’età. Per questa ragione è da alcuni considerato un processo para-fisiologico ineludibile. Oggi esistono sostanze in grado di rallentare questo processo e ridurre il rischio di fratture, come la terapia estro-progestinica per le donne e quella col testosterone per gli uomini. Nei casi di osteoporosi conclamata, si ricorre a vere e proprie terapie: bisfosfonati, teriparatide, ranelato di stronzio, denosumab, che prevede un’iniezione sottocute ogni sei mesi e sembra preferito dagli uomini che hanno più difficoltà rispetto alle donne di aderire alla somministrazione quotidiana, settimanale o mensile a base di compresse».
di Paola Trombetta