TUMORE AL POLMONE: IN AUMENTO NELLE DONNE, CHE PERO’ RISPONDONO MEGLIO ALLE CURE

Diagnosi sempre più precoci, terapie mirate con farmaci bersaglio, campagne di prevenzione: i tumori oggi fanno sempre meno paura e la mortalità, negli ultimi 20 anni, è diminuita del 38% (18% in meno negli uomini e 10% in meno nelle donne). Se per alcuni tumori, come il seno, si registra una diminuzione del 38% e la sopravvivenza sfiora il 90%, per altri tumori, come il polmone, si assiste in controtendenza a un aumento del 61%, in particolare nelle donne.

Lo conferma il censimento ufficiale, curato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dell’Associazione Italiana Registro Tumori (AIRTUM), presentato al recente Congresso nazionale AIOM di Roma.

A commento di questi dati, abbiamo intervistato la professoressa Stefania Gori, del Dipartimento di Oncologia dell’Ospedale Sacro Cuore- Don Calabria di Negrar (Verona) e segretario nazionale AIOM.

 

 Perché un aumento così elevato di tumori al polmone nelle donne?

«Per molti anni il tumore del polmone era una malattia di assoluta prevalenza negli uomini. Negli ultimi 40 anni, l’incidenza tra le donne ha registrato una crescita esponenziale, mentre dal 1990 al 1995 si è ridotta nel sesso maschile in rapporto alle campagne anti fumo realizzate. La mortalità per cancro del polmone nelle donne negli ultimi 10 anni dimostra un andamento inverso rispetto a quella delle più comuni neoplasie, con una crescita costante legata alla diffusione del fumo di sigaretta, a fronte della riduzione registrata nel cancro dello stomaco, dell’utero e della mammella. Oggi il tumore del polmone rappresenta la principale causa di morte per cancro nelle donne, superando la mortalità combinata di carcinoma mammario, del colon retto e dell’ovaio. Non è chiaro se vi sia tra le donne una maggior sensibilità (suscettibilità) agli effetti oncogeni del fumo di sigaretta, ma rispetto agli uomini è evidente come le donne affette da cancro del polmone presentino una minore esposizione al fumo e siano più giovani al tempo della diagnosi. In compenso, nel sesso femminile, la sopravvivenza è migliore in ogni stadio di malattia. E’ importante che la ricerca si concentri sui fattori ormonali, genetici e metabolici, che sono alla base dell’oncogenesi polmonare nella donna».

 

Esistono strumenti di diagnosi precoce per individuarlo, come la mammografia per il tumore al seno?

«Sfortunatamente gli unici test diagnostici sino a oggi disponibili, con caratteristiche idonee per indagini di screening (radiografia al torace ed esame citologico dell’espettorato) hanno dimostrato, nell’ambito di studi clinici condotti negli ultimi 30 anni, una scarsa sensibilità diagnostica nei confronti del tumore polmonare.

Negli ultimi anni, studi pilota osservazionali condotti in forti fumatori hanno dimostrato la superiore sensibilità della TAC (tomografia assiale computerizzata) spirale rispetto alla semplice radiografia del torace nell’individuare noduli polmonari neoplastici in soggetti senza sintomi. In uno studio di fase II e in uno studio randomizzato del National Cancer Institute  è stata documentata una possibile riduzione di mortalità (del 20% circa) in pazienti ad alto rischio, sottoposti a controlli periodici sistematici, con TAC spirale a basso contenuto di radiazioni, rispetto al gruppo di controllo, che eseguiva soltanto radiografie del torace. Per i pazienti a rischio elevato (età inferiore a 50 anni e oltre 20 sigarette al giorno), dovrebbe essere presa in considerazione la partecipazione a trial clinici attualmente in corso. Lo screening con TAC spirale nei soggetti ad alto rischio ha documentato una riduzione della mortalità».

 

In quale percentuale questo tumore dipende dal fumo delle sigarette?

«Il rischio relativo è in stretta relazione con il numero di sigarette fumate, la durata (in anni) dell’abitudine e il contenuto di catrame. Il rischio relativo dei fumatori rispetto ai non fumatori è pari a 14, mentre quello dei forti fumatori (oltre le 20 sigarette al giorno) è di 20 volte di più. Per quanti smettono di fumare, il rischio si riduce progressivamente nel corso dei 10-15 anni successivi. Gli ultimi studi europei e le comparazioni dei dati disponibili evidenziano per i fumatori passivi un aumento del rischio tra il 20% ed il 50% rispetto ai non fumatori. Nel passato l’abitudine al fumo è stata molto più diffusa nel sesso maschile, ma negli ultimi anni questa differenza si è sensibilmente ridotta: si valuta che oggi si verifichino, tra le donne, oltre un milione di morti per anno in tutto il mondo a causa del fumo di sigaretta. Negli Stati Uniti, dal 1987 la mortalità per carcinoma polmonare nelle donne ha superato quella per carcinoma mammario. Nei Paesi in via di sviluppo la percentuale di donne che fumano è in costante crescita, in rapporto alla campagna di penetrazione delle industrie del tabacco. Negli Usa, invece, la percentuale di fumatori nel sesso maschile è scesa dal 50% della popolazione adulta del 1950 al 25,7% del 2002, mentre tra le donne la riduzione è stata meno sensibile (dal 34% al 21%)».

 

Non esiste anche una componente genetica nel tumore al polmone?

«Il ruolo della predisposizione genetica (in particolare dei polimorfismi genici ) è stato argomento di studio negli ultimi anni, anche se nello studio delle cause di questo tumore rimane preponderante il peso del fumo».

 

Esistono nuove terapie (farmaci biologici) per questo tumore, come per il seno? «Nell’ambito del tumore polmonare sono oggi riconoscibili alcuni sottogruppi con caratteristiche molecolari quali la mutazione del gene EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor)  o il riarrangiamento del gene  ALK (presente nel 5-8% degli adenocarcinomi del polmone). Queste alterazioni molecolari identificano quei pazienti che possono rispondere alle terapie a bersaglio molecolare con specifici inibitori e con risultati clinicamente rilevanti».

 

Quando è necessario asportare il tumore e quali i rischi di recidive?

«Il tumore polmonare deve essere asportato nelle forme iniziali, operabili da un punto di vista chirurgico e in assenza di controindicazioni alla chirurgia. Il rischio di recidiva dipende dallo stadio iniziale ed è minore nel caso di stadio iniziale I. La sopravvivenza globale a 5 anni dei tumori operati in modo radicale dipende dallo stadio iniziale, con valori di circa il 75% per lo stadio IA e di circa il 57% per lo stadio IB, mentre è del 35-40% nello stadio II. Minori sono le dimensioni della neoplasia polmonare asportata (inferiore a tre centimetri) migliore è la sopravvivenza, così come risulterebbe influenzare una migliore sopravvivenza l’assenza di invasione vascolare all’esame istologico».

 

Per info: www.aiom.it

 

di Paola Trombetta

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