La si crede una malattia stagionale, invece la tosse, seppure abbia i suoi picchi in inverno quando spesso si correla a stati influenzali o simili, ha una veste “quattro stagioni”. Può insorgere cioè anche in periodi dell’anno più miti a causa ad esempio dell’inquinamento, accompagnarsi in primavera a condizioni allergiche e rush cutanei, o ancora comparire assieme a episodi di reflusso gastrico. Tutte le manifestazioni della tosse, in ogni caso, impongono un giusto approccio preventivo, terapeutico e gestionale, specie se a esserne afflitto è un bambino. «La tosse è frequente nei piccoli – spiega il professor Alessandro Zanasi, pneumologo presso l’Ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna e presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio della Tosse – soprattutto fra coloro che frequentano la scuola dell’infanzia. In questi casi quasi sempre la tosse è di natura infettiva e quindi contagiosa, si trasmette da un bambino all’altro, prevalentemente nella forma catarrale (tosse grassa, talvolta definita anche tosse produttiva), con possibilità di ricadute». Dopo qualche giorno di terapia il bimbo apparentemente sembra stare bene, ritorna a scuola o all’asilo e, a breve, la tosse ricompare con tutte le sue implicazioni. «Vi è la tendenza – aggiunge lo specialista – a trattare fin da subito i bambini con tosse acuta catarrale con una terapia antibiotica, aggressiva, che anziché fare bene il più delle volte è controproducente: può infatti provocare effetti collaterali quali diarrea, rush cutanei e allergie in genere ma, soprattutto, può indurre farmaco resistenza, ovvero rendere dei batteri normalmente presenti in gola resistenti a quel tipo di farmaco. In pratica l’antibiotico diventa inefficace quando veramente ve ne sarà la necessità. Bisogna tener presente che in bambini sani la tosse catarrale è provocata nella maggior parte dei casi da virus, contro i quali gli antibiotici sono inefficaci. Allora la cura della tosse, almeno all’inizio, prevede un trattamento sintomatico con farmaci che tendono a mitigare il sintomo e ad accelerarne la scomparsa: solitamente si utilizzano farmaci mucoattivi, meglio se nebulizzati (cioè in aerosol). «Fra i più efficaci – precisa Zanasi – vi è il soberolo. In questa forma il farmaco ha molti vantaggi: riesce a raggiungere direttamente le vie aeree, concentrandosi in modo particolare in quelle zone in cui la sua azione è necessaria, minimizzando quindi il rischio di avere effetti collaterali. L’aerosol è particolarmente indicato nei bambini, nei quali dare farmaci per bocca può non sempre essere semplice, a condizione però che, come raccomanda l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per tutti i farmaci mucoattivi, i piccoli pazienti abbiano più di due anni. Inoltre la terapia areosolica con mucoattivi aiuta anche ad abbreviare i tempi di guarigione della tosse produttiva: «In uno studio che abbiamo presentato di recente al congresso americano di pneumologia a Filadelfia – aggiunge ancora Zanasi – abbiamo mostrato i risultati di un’analisi di confronto fra bambini con tosse catarrale in terapia antibiotica e bambini trattati con mucolitico per via aerosolica. Dalla nostra ricerca è emerso chiaramente come nel secondo gruppo, quindi fra quei bambini in terapia inalatoria, la tosse si sia risolta in tempi molto più brevi. Quindi l’antibiotico non apporta vantaggi nella cura della tosse acuta, mentre l’impiego di farmaci mucoattivi determina una riduzione sia dell’intensità della tosse che della sua durata».
I mucolitici vanno somministrati per circa una settimana-dieci giorni, continuando anche per qualche tempo dopo le fasi acute: la tosse tende di norma ad autolimitarsi e a risolversi entro la decade, ma durata e intensità delle manifestazioni possono essere ulteriormente ridotte con un corretto trattamento.
In caso di tosse produttiva è bene associare la terapia mucolitica a una corretta idratazione: far bere molto e di frequente al bambino che ha la tosse è la prima regola per aiutarlo a guarire rapidamente. Tanto più importante nei bambini al di sotto dei due anni, dove la terapia è rappresentata da aerosol di soluzione fisiologica e lavaggi nasali: «Sia che la tosse sia grassa (catarrale) o secca (stizzosa), nei bambini la causa scatenante è sempre un processo infettivo che ha come denominatore comune il coinvolgimento dei recettori tussigeni, che si trovano nelle alte vie respiratorie. Questi hanno il compito di indurre la tosse come meccanismo di difesa utile a eliminare secrezioni in eccesso o corpi estranei». Non a caso si comincia a tossire quando va di traverso qualcosa o per espellere troppo catarro, ma quando la tosse è esagerata, inefficace e disturbante, essa stessa diventa un problema per il paziente e per la famiglia.
Come cercare dunque di prevenirla, specie nei piccoli? «La mamma – precisa Zanasi – dovrebbe avere l’accortezza, quando inizia la stagione fredda e il bimbo esce di casa, di mettergli una sciarpa davanti alla bocca, non per evitare che germi e batteri vi entrino, ma per riscaldare l’aria. I piccoli infatti tendono a respirare con la bocca aperta e l’aria fredda è uno dei principali fattori che favoriscono il blocco delle ciglia della mucosa respiratoria, aumentando il rischio di proliferazione di agenti infettivi, favorendo l’insorgere dell’infiammazione delle vie respiratorie e, quindi, predisponendo il bambino a sviluppare tosse. Ancora, nei bambini più grandicelli che frequentano palestre o piscine, bisogna fare attenzione ad asciugarli subito e bene, evitando di portarli fuori coi capelli bagnati o sudati, due stati che favoriscono l’eventuale riacutizzazione di fatti infiammatori a livello respiratorio. Non ultimo, occorre soffiare e tenere sempre pulito il naso: il muco determina infatti il ristagno di secreti che vanno poi in gola e che diventano a loro volta punto di partenza di sovrainfezioni batteriche, difficoltà respiratorie e colpi di tosse».
E poi arriva la notte, altra nota dolente della tosse, in cui spesso si verificano importanti attacchi, anche prolungati, che disturbano il sonno di grandi e piccoli. «Occorre innanzitutto capire la ragione della tosse notturna – spiega lo specialista – che può avere sia una origine asmatica, talvolta indicata anche dalla presenza di sibili e la cui cura deve essere primariamente rivolta alla risoluzione dell’asma stessa (utile l’aggiunta nell’aerosol di broncodilatatori e/o di cortisone, che vanno però sempre usati dietro il consiglio del pediatra, e mai seguendo la propria iniziativa, altrimenti aumenta il rischio di incorrere in effetti collaterali legati a questi farmaci), sia essere la semplice conseguenza di uno scolo di catarro che dal naso va in gola e di cui bisogna liberarsi proprio attraverso i colpi di tosse. In questo secondo caso, occorre una buona pulizia del naso prima di mettere il bambino a letto e soprattutto non dare lo sciroppo mucolitico o fare l’aerosol immediatamente prima della nanna, bensì prima di cena per evitare che si fluidifichino troppo le secrezioni con tutte le implicazioni dette, proprio nel momento precedente al sonno».
Dunque l’indicazione è il monitoraggio nel tempo del bambino che tossisce: «La tosse può essere infatti la spia di una malattia o il più delle volte essere la conseguenza di un banale raffreddore. Basta controllare il piccolo – conclude Zanasi – tenendo conto che all’età di 3-4 anni possono verificarsi infezioni ricorrenti delle vie respiratorie dovute al fatto che a quell’età il sistema immunitario non si è ancora del tutto sviluppato, e manca quindi uno scudo difensivo efficace contro gli agenti infettivi. Scudo che si completerà solo dopo i 6-7 anni. Solitamente, crescendo, bambini che avevano sempre tossito smettono automaticamente di farlo perché il sistema immunitario è giunto a maturazione, funziona bene ed è in grado di contrastare tutti gli agenti irritanti esterni che fino a quel momento creavano problemi». Arrivando, quindi, a frapporre una barriera tra loro e l’insorgenza della tosse.
Il genitore del bambino con tosse non deve allarmarsi; le tossi acute stagionali sono ad andamento benigno, ma non deve neppure sottovalutare questo sintomo: se infatti la tosse persiste oltre una settimana o è associata a sintomi come febbre elevata, fatica a respirare o catarro verdastro o striato di sangue, in questi casi dovrà rivolgersi subito al proprio pediatra di fiducia.
Francesca Morelli