Basterà un semplice pap test e le donne potranno conoscere il rischio di sviluppare uno dei quattro tumori femminili più frequenti (seno, ovaio, collo dell’utero, endometrio). E’ l’obiettivo di FORECEE, un programma di ricerca finanziato dalla Commissione Europea, con il contributo della Onlus inglese Eve Appeal e con un investimento di 8,9 milioni di euro, una cifra mai stanziata per uno studio clinico innovativo. Il progetto quadriennale è coordinato dall’ University College London (UCL) e raggruppa 14 partner in Europa, fra cui centri prestigiosi come il Karolinska Institute di Stoccolma o il tedesco Max Planck Institut. L’Istituto Europeo di Oncologia è l’unico a partecipare per l’Italia e tutto il Sud Europa. Il reclutamento è iniziato il primo settembre e sono previste 6mila donne, di cui mille italiane.
I tumori di seno, ovaio, collo dell’utero ed endometrio colpiscono ogni anno 516mila donne in Europa, più di 1.400 al giorno, e rappresentano il 47% di tutti i tumori femminili. Mentre per il tumore del seno e del collo dell’utero la mortalità è in diminuzione grazie alla diagnosi precoce e al miglioramento delle terapie, per ovaio e endometrio le percentuali di guarigione sono rimaste invariate negli ultimi dieci anni perché non si è ancora trovato uno strumento efficace di screening. L’idea innovativa di FORECEE è cercare indicatori di rischio per tutti e quattro i tumori analizzando le cellule prelevate con il pap-test. Di queste cellule, che provengono dalla cervice uterina, solo il 3% viene utilizzato per la diagnosi precoce delle displasie cervicali, lasciando quindi molto materiale disponibile per altri test. Una recente ricerca condotta dall’University College of London ha dimostrato che le modifiche molecolari tipiche dei tumori mammari, ovarici e dell’endometrio possono essere presenti anche in altre cellule epiteliali, come quelle cervicali prelevate con il pap test. Un semplice esame permetterà quindi di valutare mutazioni genetiche che possono predisporre al rischio dei più frequenti tumori femminili, rendendone possibile la diagnosi precoce.
Ma FORECEE non si fermerà allo studio del rischio genetico. È noto che esistono altri fattori di rischio individuali oltre alle mutazioni genetiche. In particolare i fattori ambientali (virus e microbi), lo stile di vita (fumo, alimentazione, attività fisica), la storia riproduttiva, possono causare mutazioni “epigenetiche” nel DNA, vale dire possono attivare o disattivare alcuni geni, modificando il genoma. Ciò che oggi non sappiamo è in quale misura l’insieme di tutti questi fattori determini il rischio di sviluppare un tumore.
Obiettivo di FORECEE è utilizzare un approccio che integra lo studio di tutti i fattori di rischio conosciuti, per indicare a ogni donna la probabilità di sviluppare uno dei quattro tumori nei successivi 5 o 10 anni. Il nuovo test che nascerà si chiamerà WID, Women’s cancer risk IDentification.
«Predire il rischio di sviluppare una neoplasia è attualmente uno degli argomenti più pressanti di salute pubblica», dichiara Nicoletta Colombo, direttore del Programma di Ginecologia Oncologica allo IEO che partecipa allo studio FORECEE in Italia.«Abbiamo assistito a simili progressi nell’ambito delle malattie cardiovascolari, per le quali alcuni marker sono in grado di predire il rischio di infarto e ictus. Il nostro progetto si propone di raggiungere un simile traguardo anche per i quattro tumori femminili, mediante un unico semplice test. Si tratta di un’importante traguardo che pone l’attenzione non solo sul carcinoma mammario, ma anche sulle altre neoplasie che possono colpire la donna. In particolare per il carcinoma ovarico è di fondamentale importanza identificare le donne a rischio di sviluppare la malattia, per agire con azioni preventive sia di tipo medico (pillola contraccettiva) sia di tipo chirurgico (annessiectomia profilattica). Avere un “pap test” anche per il tumore dell’ovaio e dell’endometrio rappresenterebbe un’incredibile innovazione in grado di salvare tante vite umane».
«L’Istituto Europeo di Oncologia è sempre stato all’avanguardia nello sviluppo di test che possano aiutare le donne a riconoscere il proprio rischio individuale di tumore», aggiunge Fedro Peccatori, direttore dell’Unità Fertilità e Procreazione, che partecipa allo studio FORECEE. «Lo studio del genoma attraverso tecniche di “next generation sequencing” e di “gene expression profiling” permette già di valutare la probabilità di risposta alle terapie antitumorali e di scegliere i trattamenti più adatti alla cura di ciascuna neoplasia. Ora vogliamo giocare d’anticipo e stabilire uno score personalizzato per ciascuna donna potenzialmente a rischio. Questo è importante anche per prevenire i possibili effetti collaterali di eventuali trattamenti antitumorali, compresa la perdita della fertilità. A questo proposito abbiamo stabilito per le pazienti oncologiche o per quelle a rischio di neoplasia, percorsi dedicati che permettono di conservare ovociti, così da non abbandonare la speranza di diventare madri anche dopo il cancro. Nell’attuale scenario di una medicina sempre più tecnologica, il punto di partenza deve rimanere la persona, e il medico deve essere in grado di mediare in modo semplice ed efficace l’innovazione che deriva dal progresso scientifico».
di Paola Trombetta
PILLOLA: PROTEGGE UTERO ED ENDOMETRIO DAL CANCRO
L’uso regolare della pillola anticoncezionale sembra ridurre, fino a dimezzarlo, il rischio di tumore dell’utero, in particolare dell’endometrio, con effetti benefici che durano per 30 anni, anche dopo l’interruzione. Sono le conclusioni di uno studio dell’università di Oxford, in Inghilterra, pubblicato sulla rivista internazionale Lancet Oncology. Si stima che la pillola possa aver fermato almeno 200mila casi nei Paesi ad alto reddito dal 2008 a oggi.
I dati di 36 studi, presi in considerazione dall’attuale ricerca che ha coinvolto oltre 27mila donne, sembrano non lasciare dubbi: i contraccettivi orali sarebbero in grado, per ogni cinque anni di utilizzo, di ridurre di un quarto la possibilità di insorgenza di questo tumore femminile, che in Italia colpisce ogni anno 8mila donne. Vale a dire che 10 anni di uso di contraccettivi orali abbasserebbe le probabilità di tumore dell’utero prima dei 75 anni, da 2,3-1,3 casi ogni 100 donne. Protezione che sembra valere anche per il tumore dell’endometrio: infatti gli scienziati hanno stimato che, tra il 1965 e il 2014, 400mila casi di cancro endometriale sono stati evitati. «Ciò significa che le attuali 50-60enni che hanno preso la pillola intorno ai 20 anni – precisa Valerie Beral, autore principale dello studio – hanno meno probabilità di ammalarsi di cancro dell’utero e dell’endometrio rispetto alle donne che non l’hanno assunta, e maggiore è il periodo di tempo di assunzione, minori le probabilità di malattia».
Dunque, si allungherebbe la lista del raggio d’azione protettivo dei contraccettivi, utili contro le gravidanze indesiderate in primo luogo e alcuni tumori ginecologici, utero ed endometrio appunto, ma anche dell’ovaio. Come dimostrerebbe uno studio precedente, sempre dello stesso team inglese e con esiti che persistono nell’arco di 15 anni.
E i timori legati, invece, al rischio aumentato di tumore del seno? L’aumento delle probabilità di svilupparlo esiste, ma è minimo, fanno sapere i ricercatori e sparisce appena si smette di prendere la pillola. La pillola, resta chiaro, va sempre assunta comunque dietro prescrizione medica, per evitare altri possibili effetti collaterali, come quello di trombosi, per alcuni anticoncezionali anche se di ultima generazione. (Francesca Morelli)