Siamo al quart’ultimo posto in Europa per l’uso della pillola contraccettiva (16%), seguiti solo da Spagna, Grecia e Polonia. E l’uso dei dispositivi intrauterini, particolarmente gettonato nei Paesi del Nord (15%), viene effettuato solo dal 3% delle italiane. Il 58% delle giovani ammette di non aver mai sentito parlare di questi sistemi. Una ragazza su 2 però vorrebbe più informazioni su questi metodi contraccettivi e spesso si rivolge ai siti Internet per averle. Lo conferma l’indagine condotta su circa 6mila donne, tra 20 e 30 anni, di cui 500 italiane, presentata i giorni scorsi al Congresso Nazionale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia di Milano. Nell’occasione abbiamo intervistato la professoressa Valeria Dubini, consigliere nazionale SIGO e direttore di una Struttura complessa dell’Azienda sanitaria 10 di Firenze, per fare il punto sulle scelte contraccettive delle giovani.
Quali caratteristiche deve avere il contraccettivo per rispondere alle esigenze delle giovani?
«Deve essere anzitutto un metodo sicuro, ovvero azzerare la possibilità di gravidanze indesiderate. Ed essere comodo da usare, evitando il rischio di dimenticanze, che potrebbero ad esempio avvenire con la pillola. Molte ragazze inoltre non usano la pillola perché sono contrarie ad assumere ormoni, temendo che possano interferire col peso corporeo. Sarebbero dunque propense a utilizzare altri metodi più pratici e sicuri».
Un grande successo ha avuto, nell’ultimo anno, negli Stati Uniti un nuovo dispositivo intrauterino (Jaydess), più piccolo di quelli tradizionali finora utilizzati: di cosa si tratta?
«E’ un dispositivo intrauterino di dimensioni molto più piccole (3,0 x 2,8cm) e consistenza più morbida di quelli tradizionali (spirali). Viene inserito facilmente dal ginecologo e rimane attivo per almeno tre anni. Rilascia una piccola dose di progestinico levonorgestrel pari a 13,5 microgrammi rispetto ai 20 microgrammi della precedente spirale medicata (Mirena). Ha un’efficacia contraccettiva che sfiora il 100%, perché evita anche il rischio di dimenticanze. Nella nostra azienda ospedaliera di Firenze lo stiamo proponendo gratuitamente alle donne che hanno fatto un’interruzione volontaria di gravidanza, soprattutto alle giovanissime e alle immigrate, che hanno più difficoltà a praticare una contraccezione responsabile. A questo congresso abbiamo presentato le nuove linee guida sulla contraccezione intrauterina e questo dispositivo è stato incluso a pieno titolo. Come SIGO abbiamo pubblicato anche un opuscolo: Tutto quello che devi sapere sulla contraccezione “fit and forget” che verrà distribuito nei prossimi mesi negli ambulatori di ginecologia e nei consultori di tutt’Italia».
Potrebbe avere anche un uso terapeutico e, se sì, per quali patologie?
«Il precedente dispositivo intrauterino medicato aveva indicazioni terapeutiche per i flussi mestruali abbondanti, dolore mestruale, endometriosi: si suppone che anche questo nuovo sistema possa funzionare altrettanto bene. L’effetto barriera e il rilascio locale di progestinico riduce inoltre il rischio di infezioni all’apparato genitale. Il suo utilizzo potrebbe anche essere consigliato a tutte quelle donne che non possono assumere estrogeni, come chi ha avuto un tumore al seno. Non a caso la Società Britannica di Pianificazione Familiare aveva riconosciuto questa indicazione nei confronti del precedente dispositivo intrauterino. A maggior ragione, quest’ultimo è ancora più indicato perché ha un minore contenuto di progestinico».
di Paola Trombetta