COME VIVONO I GENITORI DEI NEONATI PREMATURI

«Abbiamo appeso il fiocco rosa alla porta solo quando Giorgia è arrivata a casa. Era il 17 gennaio, ma la nostra bimba era nata tre mesi prima, il 13 novembre 2003. E per tutto questo tempo è stata tra la vita e la morte, essendo nata alla 27a settimana, con un peso di soli 900 grammi. Ho avuto un’improvvisa emorragia e ho rischiato di perderla. L’ho potuta vedere solo il secondo giorno dalla nascita e l’emozione è stata indescrivibile. E nei mesi successivi cercavo di starle vicino il più possibile in ospedale. Le accarezzavo sempre le manine e i piedini. E ricordo che un giorno, quando grandicella l’ho accompagnata all’asilo, mi ha accarezzato la mano nello stesso modo in cui da neonata accarezzavo la sua». A 13 anni esatti dalla nascita di Giorgia, è ancora tanta la commozione della mamma, Martina Bruscagnin, nel ricordare i primi mesi di vita della sua bambina.

E per dare sostegno e informazioni a tutti i genitori nelle sue stesse condizioni ha fondato l’Associazione Vivere Onlus, Coordinamento Nazionale delle Associazioni per la Neonatologia, di cui è presidente. Ogni anno in Italia il 7% dei neonati, circa 36 mila bambini, nasce prematuro, con tutte le problematiche e i rischi di malattia che questo stato comporta. La Giornata dei bambini prematuri, in programma il 17 novembre, vuole ricordare tutti i sacrifici e i problemi che le famiglie devono affrontare. Nell’occasione è stato presentato al Ministero della Salute il progetto “Nascere prima del tempo: il vissuto delle famiglie con nati prematuri in Italia”, realizzato dalla Fondazione ISTUD in collaborazione con Vivere Onlus e il supporto di AbbVie. Le famiglie coinvolte sono 149, con le loro storie,il loro vissuto, le difficoltà, le esigenze, le aspettative, le richieste.

«Da questa ricerca emerge prima di tutto l’imprevedibilità della nascita pretermine», puntualizza Martina Bruscagnin. «La diagnosi di una gravidanza pretermine si riscontra solo nel 28% dei casi, soprattutto gemellari. Nell’87% dei parti pretermine si è trattato di un evento improvviso e imprevisto che ha richiesto un intervento di emergenza: otto volte su 10 si interviene col cesareo, come è accaduto anche a me. Durante l’ospedalizzazione prolungata del bambino, è indispensabile garantire l’accesso ai genitori 24 ore su 24. E dopo le dimissioni del bambino, solo nel 10% dei casi viene offerto una qualificato supporto a domicilio».

«Dopo le dimissioni dall’ospedale, è importante che il piccolo sia inserito in un programma di follow-up in grado di seguire la famiglia e il bambino, soprattutto in presenza di patologie», puntualizza il professor Giovanni Corsello, presidente della Società Italiana di Pediatria (SIP). «I nati pretermine, infatti, sono più problematici, in quanto risentono dello sviluppo incompleto di alcuni sistemi e apparati, come quello respiratorio».

L’infezione più ricorrente nei piccoli pretermine è il Virus respiratorio sinciziale. Per questo la Società Italiana di Neonatologia (SIN) ha deciso di elaborare nuove raccomandazioni sulla profilassi di questa infezione. «In assenza di uno specifico vaccino, la profilassi ambientale in associazione alla somministrazione di specifici anticorpi ant VRS, si sono dimostrati gli unici provvedimenti efficaci», conferma il professor Costantino Romagnoli, presidente SIN. «Da oggi esiste un preciso piano terapeutico che offre due opportunità ai genitori: continuare la profilassi anti-VRS in ospedale oppure direttamente a casa, con l’assistenza domiciliare qualificata».

Un ulteriore problema che emerge dalla ricerca citata, riguarda la vita lavorativa dei genitori, in particolare delle mamme che dichiarano nel 68% dei casi di avere problemi nella ripresa dell’attività lavorativa. «Molte mamme, infatti, escono dall’ospedale quando il periodo di congedo maternità si è praticamente esaurito», conclude Martina Bruscagnin. «Per questo la nostra associazione si è fortemente battuta, ottenendo buoni risultati. Il Decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 giugno scorso prevede, in caso di parto anticipato, che i giorni non goduti prima del parto si aggiungano al periodo di congedo maternità dopo il parto, anche oltre i cinque mesi previsti. Riteniamo infatti fondamentale che venga emanata una circolare ministeriale che disciplini chiaramente questi aspetti e confermi che il periodo da aggiungere ai cinque mesi di astensione obbligatoria vada dalla nascita alla data effettiva di ingresso del bambino nella casa familiare. Non dimentichiamo che l’ingresso del neonato a casa coincide col momento in cui i genitori hanno il coraggio di appendere fuori dalla porta il fiocco rosa o azzurro…».

di Paola Trombetta

Articoli correlati