Ci sono anche “vagiti” virtuali, che annunciano una nascita, significativi e importanti. Come quello del “Manifesto per la fertilità’, realizzato nell’anno e nell’ambito del Piano Nazionale per la Fertilità promosso dal Ministero della Salute. Un’iniziativa che risponde in maniera efficace e concreta alla necessità di diffondere una corretta informazione in tema di natalità – delle sue implicazioni, problematiche e soluzioni – in un Paese dove i nuovi nati sono sempre più in calo con dati, secondo le più recenti stime, che sia assestano a circa 1.39 figli per ogni donna in età fertile, i più bassi europei, contro i quasi 3 figli degli anni ’60, quelli del Baby Boomer, e/o dei 2-3 figli a famiglia nell’immediato dopoguerra.
Il “Manifesto per la fertilità” è un documento programmatico di iniziative, progetti e azioni pensate a favore della popolazione, della classe medica e della comunità scientifica per favorire la cultura della fertilità, informando sulla sua durata, i metodi per proteggerla e le opportunità oggi offerte dalla medicina e dalla scienza in tema di Pma (Procreazione Medicalmente Assistita). Un’azione educazionale che il Manifesto rivolge a uomini, donne, alla coppia: perché l’infertilità – definita dall’Oms come l’incapacità di portare avanti una gravidanza o di concepire dopo 12 mesi di tentativi – non è solo una questione al femminile. Nel mondo una coppia su 6, sperimenta un problema di infertilità almeno una volta nel corso della vita riproduttiva: sebbene sia di prevalenza femminile – interessa infatti il 9% di donne di età 20-44 in tutto il mondo che non concepiscono per cause di ordine fisiologico nel 20-35% dei casi – la corresponsabilità nel 20-30% può essere anche maschile o di entrambi i partner (25-40% dei casi). Solo in una percentuale minore, stimata tra il 10 e il 20% dei casi, l’infertilità non ha causa apparente ma, indipendentemente dalla motivazione che ne è alla base, l’infertilità genera in chi la subisce un forte impatto emotivo che si ripercuote sulla relazione tra partner e anche con quella delle persone vicine.
Oltre a fattori biologici, anche stile di vita e abitudini comportamentali scorrette, quali fumo, peso corporeo e stress, possono considerarsi potenziali rischi di infertilità. Ma il “fattore età”, specie del partner femminile con concepimenti sempre più avanzati nel tempo, resta la motivazioni chiave alla moderna infertilità.
«Il potenziale riproduttivo di ciascun partner – ha spiegato Andrea Lenzi, Direttore del Dipartimento di Fisiopatologia Medica ed Endocrinologia dell’Università La Sapienza di Roma, nonché Presidente Sie (Società Italiana di Endocrinologia) e del Consiglio Universitario Nazionale – è limitato nel tempo: nella donna tocca livelli massimi tra i 20 e i 30 anni per poi iniziare un lento declino che assume valori importanti una volta raggiunti i 35 anni di età». Età biologica che condiziona e influenza anche le tecniche di fecondazione assistita, la cui efficacia diminuisce con l’aumentare dell’età. «Le coppie in cerca di genitorialità – precisa Lenzi – dovrebbero approfittare di questa finestra biologica feconda, sia in funzione di una maternità naturale o assistita. Mentre, al riguardo, la consapevolezza è ancora scarsa: è ancora possibile constatare che molte donne non hanno chiaro il funzionamento del ciclo mestruale, quale sia il periodo fertile del ciclo, quali segni e sintomi debbano considerare per identificarlo, e il ruolo che l’età svolge nell’infertilità di coppia o della Pma».
Approfittare del periodo di maggiore fecondità biologica, significa per coppie in difficoltà di concepimento, poter avere maggiore successo dalle terapie pro-natalità, che sono molteplici e che sembrano essere efficaci tanto che sono all’incirca 5 milioni i bambini, nel mondo, nati con tecniche di procreazione assistita. «Per le coppie infertili – ha dichiarato Eleonora Porcu, Responsabile del Centro di Infertilità e di Pma dell’Università di Bologna Policlinico Sant’Orsola Malpighi e Vice Presidente del Consiglio Superiore di Sanità – la possibilità di avere un figlio è molto più alta rispetto al passato. Sono infatti disponibili trattamenti per l’infertilità, differenti secondo la fase del ciclo riproduttivo, che si avvalgono in particolar modo di tre ormoni prodotti con tecniche da Dna ricombinante. Ovvero la follitropina alfa (FSH ricombinante), utile alla stimolazione ovarica nelle donne e a indurre la spermatogenesi negli uomini; la coriogonadotropina alfa (hCG ricombinante), che favorisce la maturazione finale dei follicoli e il rilascio degli ovociti; la lutropina alfa (LH ricombinante) e l’associazione follitropina alfa/lutropina alfa, dimostratasi efficace nella stimolazione follicolare in donne con grave carenza di LH (progesterone) e FSH (estradiolo) che concorrono al concepimento. Non ultimo è possibile annoverare anche il cetrorelix acetato che previene l’ovulazione prematura; il progesterone gel vaginale per aiutare le fasi iniziali e il mantenimento della gravidanza. Il più grande traguardo – aggiunge ancora la dottoressa – è quello di aver potuto offrire, anche alle pazienti oncologiche in cui la genitorialità potrebbe essere compromessa per sempre, concrete opportunità per preservare la fertilità e assecondare la maternità una volta superata la malattia».
Accanto a questo obiettivo, forse il prioritario del manifesto 2016, altri capisaldi aggiungono valore al documento – come aumentare, fra la popolazione, la conoscenza sulle cause, implicazioni e opportunità contro l’infertilità che incentivano alla consapevolezza e alla prevenzione – ma anche l’istituzione della piattaforma www.vogliounfiglio.it, finalizzata a fornire strumenti digitali concreti per aiutare, orientare e sostenere le coppie desiderose di avere un bebè. Perché la fertilità non è più solo un problema individuale o di coppia, legato all’obiettivo di vita di diventare genitori, ma sta assumendo sempre più una dimensione sociale. Infatti maggiore fertilità per un paese significa maggiore ricchezza prospettica, riequilibrio della struttura demografica, oggi in fase di invecchiamento, e maggior benessere per le generazioni future.
di Francesca Morelli