In studio, capita spesso di sentir dire ai suoi pazienti: “I miei genitori me l’hanno tenuto nascosto per anni… Capivo che c’era qualcosa che non andava…”. Sono parole di persone che soffrono per la scoperta dolorosa di verità familiari taciute per anni, partner convinti che il nascondere un avvenimento sia sufficiente per renderlo invisibile. Nel suo ultimo libro La donna che scambiò suo marito per un gatto, Anna Oliverio Ferraris, psicologa, psicoterapeuta, professore ordinario di Psicologia dello sviluppo all’Università della Sapienza di Roma, racconta otto storie che parlano di segreti di famiglia. Per vivere in equilibrio, pare che abbiamo bisogno di custodire qualche segreto dentro di noi. Il segreto ha la funzione di proteggere la nostra sfera più intima, come una specie di pellicola protettiva, e permette di creare un filtro tra noi e gli altri. Tra ciò che vogliamo far sapere e ciò che vogliamo tenere nascosto. Ma ci sono segreti ingombranti che a volte pesano, di generazione in generazione…
Ogni famiglia ha dei segreti?
«A volte banali, altre inconfessabili. Non tutti i segreti sono distruttivi. La maggior parte della gente che intraprende una ricerca sulla storia della propria famiglia, credo proprio sia destinata a scoprire qualcosa di interessante nel proprio passato!».
Perché si mantiene il segreto all’interno del nucleo familiare?
«Le ragioni sono spesso dolorose. Ci sono fatti di cui ci si vergogna, e li si nasconde per preservare la propria immagine. Per non “disonorare” un morto, a volte. Un’altra possibile motivazione è quella di voler proteggere chi ci è vicino: non se ne parla per paura che possa non comprendere, per risparmiargli una sofferenza, o perché “parlarne non cambia i fatti”. In questi casi correre il rischio di rivelare un segreto di lunga data può sembrare un atto di tradimento».
Come e quando spezzare la catena del silenzio?
«Esistono vari tipologie di segreti. Segreti che quando vengono a galla possono essere riconosciuti, accettati, arricchendo i ricordi della persona: come una paternità diversa da quella immaginata sino ad allora che stupisce e imbarazza quando viene scoperta ma che poi, nello sciogliere dubbi e interrogativi, porta chiarezza e spiegazioni. E segreti che invece sconvolgono, perché quando riemergono obbligano le persone a rivedere tutta la propria vita, l’immagine di sé e degli altri, le relazioni familiari. Ogni situazione dunque va valutata attentamente. È mia opinione però che ciascuno abbia diritto alla conoscenza della verità riguardo alla propria storia, personale e familiare. La verità va dosata con attenzione per evitare ulteriori traumi, rispettando la sensibilità di chi ne è coinvolto. Quando il peso di un segreto comincia a diventare intollerabile, incoraggerei a chiedere consiglio a una persona esterna alla famiglia, magari a un terapeuta».
Cosa succede quando viene fuori il segreto?
«Ogni storia è a sé. La verità è però solo il primo atto di un lungo percorso di ricostruzione. Dopo la rivelazione bisogna affrontare la collera degli uni, la disperazione degli altri, riformulare le motivazioni che hanno spinto a rompere il silenzio, le aspirazioni che portano a ricostruire relazioni basate su una maggiore sincerità. Può succedere che la persona all’oscuro del fatto si senza tradita, arrabbiata. Ci può essere dunque un vero shock, ma se la spinta che muove a rivelare il segreto è nella direzione di un miglioramento della relazioni e del legame, questa fase verrà superata».
Col tempo e con i cambiamenti della società, come sono cambiati i segreti di famiglia?
«Alcuni hanno perso un po’ della loro gravità, come nel caso dell’adulterio, o dell’essere ragazze madri: un tempo venivano segnate a dito, adesso sono diventate madri single che hanno avuto il coraggio di allevare da sole il proprio bambino. Un tema diventato di recente, “segreto di famiglia” è sicuramente la scelta da parte dei genitori di tacere a un figlio la natura del suo concepimento, nel caso di coppie che siano ricorse a tecniche di fecondazione assistita».
C’è una nuova generazione di bambini in Italia grazie alla fecondazione eterologa. Hanno genitori “reali” e conosciuti, e altri biologici ma anonimi. Un domani molto vicino i genitori dovranno scegliere se dire loro la verità o meno, o quanta verità e quanto silenzio…
«Le questioni che attengono alla fecondazione artificiale e donatore anonimo sono complesse. Andrebbero analizzate con sensibilità, senso pratico e senza ideologie. Penso però che ai bambini bisogna dire come sono nati. Dare spiegazioni può evitare i traumi. E se c’è un disagio, meglio affrontarlo apertamente. Coi bambini bisogna parlaci il più presto possibile, in maniera chiara, non ambigua e con un linguaggio adatto all’età».
Un bambino deve sapere da subito di essere stato adottato?
«Oggi la maggior parte delle adozioni sono di bambini grandicelli e, spesso, differenti dal punto di vista somatico. Questo potrebbe far pensare che la rivelazione in questi casi non è necessaria, perché il bambino già sa. Ma non sempre è vero: i bambini adottati hanno bisogno di ricostruire dentro di sé una storia, e di sentire che chi gli è vicino e li ama, è in grado di aiutarli. Dunque, anche quando della storia si sa poco, è importante parlare al bambino, sempre tenendo conto della “verità narrabile”. Che non corrisponde alla cruda realtà dei fatti. La rivelazione inoltre non deve essere un fatto episodico, ma un processo continuo: a un bambino di un anno si diranno cose ben differenti da quelle che si dicono a uno di 6 anni, o di 12. In tal modo, il bambino potrà comprendere secondo il proprio ritmo evolutivo eventi che, non raccontati, diventerebbero “segreti nocivi” se rivelati anni più tardi».
Omosessualità. Anche se l’atteggiamento della società sta cambiando, il coming out in famiglia può avvenire tardi…
«Essere accettati dai propri familiari è un’esigenza molto forte e sentita. Paradossalmente, quando i ragazzi trovano il “coraggio” per rivelarsi e togliersi il peso del doversi nascondere, molti genitori entrano fortemente in crisi. Sono disorientati, diverse le emozioni in gioco: dal senso di colpa (in che cosa abbiamo sbagliato?) alla rabbia, al senso di impotenza, alla vergogna e alla disperazione… Solo una piccola parte incoraggia il proprio figlio non giudicandolo per l’identità sessuale».
Cosa possono fare i genitori di fronte a questa rivelazione?
«La cosa migliore è ascoltare i figli con empatia. Siate grati a vostro figlio o a vostra figlia per la fiducia che hanno in voi e nella vostra comprensione. Dite che gli volete bene, comunque e che niente annullerà questo affetto profondo. Fategli capire che vi occorre tempo per elaborare il problema che è ora è anche vostro. Chiedete aiuto, fatevi aiutare se necessario da uno psicoterapeuta che sappia rispondere ai dubbi, che vi aiuti a razionalizzare timori e ad affrontare questa nuova realtà».
L’aborto è ancora un segreto?
«Molte donne continuano ad abortire in segreto e mantengono nascosto non solo l’evento, ma anche il lutto che ne deriva. Perché perdere un figlio, anche scegliendo di perderlo, “razionalmente”, è un’esperienza dolorosa. Molte donne isolano il proprio lutto a livello subconscio o inconscio, prendendone le distanze e negando l’effettiva portata della loro sofferenza. Poter comunicare il proprio dolore a persone di fiducia, che si astengano da formulare giudizi o critiche, le aiuterebbe invece a comprendere i propri vissuti di perdita e permetterebbe loro di vivere costruttivamente il dolore».
di Cristina Tirinzoni