Amore e sessualità non hanno età. Anche la persona anziana ha bisogno di sentirsi amata, di percepire attenzione e affetto, di avere una vita sessuale. Numerosi studi lo dimostrano: tra i 70 e gli 80 anni il 63% degli uomini e il 28% delle donne sono sessualmente attivi; pertanto il sesso anche in età avanzata riveste un ruolo significativo, rappresentando l’espressione più intima del rapporto col partner. Negli ultimi trent’anni, grazie al miglioramento delle condizioni di salute e della qualità di vita degli anziani, c’è sempre maggior attenzione nei riguardi delle esperienze sessuali.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Erika Fava, Psicologa-Psicoterapeuta, consulente presso le Residenze Anni Azzurri “Palladio” (Dormelletto-NO) e “San Lorenzo” (Gattinara-VC), che organizza corsi di formazione per il personale delle Residenze per anziani. I prossimi incontri si svolgeranno presso la Residenza “Anni Azzurri Mestre” di Favaro Veneto (VE), il 15 e il 22 marzo, dalle 15.30 alle 18.30 (per info: residenzamestre@anniazzurri.it).
Come viene vissuta oggi la sessualità nella terza età?
«Il rapporto che la persona anziana ha con la sessualità e con la soddisfazione che ne deriva è fortemente legato a molteplici fattori di natura biologica (disfunzioni sessuali, malattie fisiche, demenze), psicosociale (la presenza di un partner fisso, la percezione di una propria attrattiva sessuale, l’accettazione dei cambiamenti fisici, il mantenimento di una progettualità) e culturale (credenze religiose, ambiente di vita, atteggiamenti della comunità, status sociale, livello di istruzione). La vita sessuale e affettiva in età senile, non solo non scompare, ma può ulteriormente svilupparsi, esprimersi, modificarsi per mantenere e garantire un benessere psicologico, emotivo e fisico. E’ possibile affermare che il soddisfacimento per la propria vita sessuale assuma in senescenza una dimensione ancora più rilevante, perché la persona anziana ha bisogno di continuare a sentirsi amata, a percepire attenzione e affetto, a sentirsi soggetto e oggetto di interesse sessuale».
Ci sono cambiamenti di modi e di atteggiamenti nel rapporto intimo?
«La sessualità è una parte integrante della personalità che non svanisce con l’età, ma può assumere espressioni e modalità differenti: le persone anziane, infatti, dispongono di una più vasta gamma di comportamenti sessuali rispetto alle persone più giovani. La frequenza di rapporti sessuali non sembra diminuire dopo gli 80 anni. Il sesso è sempre considerato importante. Diminuisce il desiderio sessuale, ma non il bisogno di intimità e di espressività. I cambiamenti fisiologici sessuali associati alla vecchiaia sono molto variabili, ma in generale permettono di mantenere un’attività sessuale, sia di tipo coitale, sia autoerotica, alimentata da fantasie, ricordi e immaginazione, che portano al piacere sessuale, soprattutto in mancanza di un partner o nei casi di permanenze in istituti. Gli aspetti che connotano e contraddistinguono la sessualità in senescenza sono soprattutto l’intimità, la capacità di innamorarsi, la comunicazione, l’affetto, il valore conferito alle carezze, la sensibilità e l’empatia. Tali fattori sono strettamente legati alla storia personale dell’individuo, alle proprie credenze, alle proprie aspettative, al livello di autostima raggiunto, alla personale percezione della propria sessualità e a tutto l’insieme di variabili psicosociali e culturali delle quali la persona è permeata».
Perché esistono ancora tabù sulla sessualità over-anta?
«Un fattore che alimenta il permanere di tabù è correlato all’idea di attrazione e potenza sessuale, che idolatra il mito della bellezza a tutti i costi, della capacità sessuale intesa nei termini di potenza erettile, ovvero nei termini di genitalità. Con il sopraggiungere della menopausa e dell’andropausa, si verifica un calo del desiderio sessuale, sia nell’uomo che nella donna, perché non più appetibili sessualmente o non più procreativi. Studi recenti hanno tuttavia dimostrato che l’idea di attrazione sessuale è legata a variabili individuali. Negli ultimi anni una maggiore istruzione e informazione hanno permesso all’anziano di scindere la sessualità dalla genitalità, modificando false credenze e aspettative».
Molte coppie si rassegnano di fronte ai problemi che si possono verificare nei rapporti intimi. Come far loro capire che ci possono essere dei rimedi?
«Il punto di partenza a mio giudizio è quello di diffondere una cultura della sessualità. Come già detto, la sessualità è multidimensionale e non si limita all’atto sessuale, ma è una commistione tra sfera biologica, culturale e psicosociale. La sessualità è uno dei fattori che contribuiscono al benessere dell’individuo, ma ancora non sufficientemente riconosciuto per la persona anziana . Il senso di colpa e di vergogna, fortemente legati all’idea che non sia “normale” provare desideri sessuali in età avanzata, spesso generati da strutture educative rigide all’interno delle quali si è cresciuti, diventano forti inibitori nei confronti di una sana sessualità. Tali credenze non consentono alla persona di uscire da un giro di disinformazione, che alimenta false credenze relative alla sessualità nelle sue componenti fisiologiche. Molti anziani a causa di ciò sviluppano sintomi depressivi, disistima e un attacco all’immagine di sé, senza arrivare mai a confrontarsi con specialisti del settore, che potrebbero aiutare le persone attraverso interventi di tipo educazionale a vivere serenamente questa nuova fase della loro vita».
Quale ruolo potrebbe avere un’esperienza di confronto e condivisione con gli operatori di strutture organizzate come “Anni Azzurri” nell’affrontare questi problemi?
«Desiderio, sessualità, piacere sono parole comunemente utilizzate, che tuttavia non riescono a sconfinare i muri istituzionali: occorre osservare le reazioni degli operatori di fronte a un anziano che si masturba o a una coppia che sente il desiderio di avere un momento di intimità, per capire quanto siamo lontani dal riconoscere la sessualità nell’anziano. Tale quadro è apprezzabile non solo all’interno delle strutture socio-sanitarie-assistenziali, ma anche nelle nostre organizzazioni familiari, impreparate di fronte a libere espressioni erotico-affettive proprie della natura umana.
Nella nostra realtà istituzionale abbiamo tentato un primo approccio per abbattere il tabù del “dolce nonno”, asessuato, avviando un processo formativo agli operatori dei servizi al fine di comprendere come questa falsa credenza possa influenzare le nostre relazioni con l’anziano. Negare la sessualità dell’anziano equivale a negare la sua soggettività e la possibilità di essere soggetto attivo. Tale atteggiamento genera ricadute importanti: frustrazione, aggressività, spesso considerati “disturbi comportamentali”, nascondono il desiderio dell’anziano di essere riconosciuto e legittimato. Il contatto che l’operatore ha con l’anziano è fisico e relazionale: ogni relazione è “sessuale” e la si sperimenta attraverso il corpo che è a sua volta sessuato e porta scritta la storia personale dell’individuo. Uscire dal tabù dell’anziano asessuato diventa ancora più importante nelle strutture residenziali perché toccare il corpo dell’altro rappresenta l’ingresso a una sfera intima e privata che può rappresentare un’ipotetica violazione del confine. Ciò significa che sarà importante porsi sempre la domanda di cosa significhi per l’altro quel contatto, come lo sta vivendo e se realmente lo voglia. Considerare che la sessualità è relazione e che ognuno la esprime in modo diverso secondo la propria storia personale, le sue credenze e i suoi bisogni, favorirà l’uscita dal pregiudizio e una migliore qualità di vita per l’anziano che vive in una struttura».
di Paola Trombetta