LEUCEMIA ACUTA PROMIELOCITICA: SE DIAGNOSTICATA SUBITO, SI GUARISCE

«Angela era stata ricoverata all’Ospedale Cardarelli con febbre alta e uno stato di malessere generalizzato, con astenia grave. Una condizione insolita per una giovane di 29 anni! Durante la degenza ha avuto una riduzione del visus oculare che ha messo i medici in allarme. Dall’esame del sangue si era evidenziato un calo improvviso dei globuli bianchi e delle piastrine e anemia ingravescente. E’ stato subito allertato il reparto di Ematologia, dove Angela è stata trasferita. La diagnosi era evidente: leucemia promielocitica acuta. Subito le abbiamo somministrato una terapia mirata, che oggi rappresenta il “gold standard” dei trattamenti per le forme cosiddette a basso rischio: acido retinoico in compresse e triossido di arsenico per endovena. Dopo un mese, abbiamo ottenuto la completa remissione della malattia. Per tre mesi Angela ha seguito una terapia di consolidamento con la stessa combinazione di farmaci, somministrati ogni mese per ulteriori tre cicli. Cinque mesi fa ha terminato l’ultima dose: oggi è in perfetta salute e anche i problemi al visus oculare, causati da un’emorragia, si sono risolti!».

Il caso clinico, raccontato dal professor Felicetto Ferrara, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Ematologia dell’Ospedale Cardarelli di Napoli, conferma come la tempestività della diagnosi e l’efficacia della terapia, possano oggi salvare la vita di un malato di Leucemia Acuta Promielocitica, un tempo destinato a morte sicura. Come è accaduto negli anni ’50 al giovane ciclista morto in pochi giorni dopo aver partecipato alla Parigi-Tours, per l’improvvisa comparsa di questa malattia. «In realtà si tratta di una patologia molto rara (150 i nuovi casi all’anno in Italia), che compare spesso con manifestazioni emorragiche (petecchie, ecchimosi, epistassi, gengivorragia) e improvviso calo di globuli bianchi e piastrine. E’ causata da una alterazione cromosomica che provoca la produzione di una proteina anomala: questa blocca la differenziazione dei globuli bianchi (granulociti) che rimangono allo stato di “promielociti”, da cui il nome della malattia. Queste cellule immature si accumulano nel midollo e impediscono la produzione di granulociti normali. Da qui, la riduzione drastica anche delle piastrine, con conseguente rischio di emorragie, anche gravi, che possono portare a morte il paziente. Per questo motivo è fondamentale la diagnosi immediata e la somministrazione, il prima possibile, della terapia appropriata. In questi casi la malattia guarisce!».

La novità terapeutica proposta oggi per la Leucemia Promielocitica Acuta ha le sue radici nel passato della Medicina tradizionale cinese. Si tratta di due prodotti “naturali”, acido retinoico e arsenico, usati fin dall’antichità. «Si è visto che la loro combinazione ha un’efficacia sulla malattia superiore a quella finora usata con acido retinoico e chemioterapia», conferma il professor Francesco Lo Coco, ordinario di Ematologia del Dipartimento di Biomedicina all’Università Tor Vergata di Roma. «L’acido retinoico favorisce la differenziazione delle cellule promielocitiche che vengono poi “distrutte” dall’arsenico, lasciando così spazio alla produzione da parte del midollo delle cellule normali (granulociti)». Uno studio recente, pubblicato sul New England Medical Journal, ha confermato la maggiore efficacia di questa combinazione di farmaci rispetto a quella tradizionale (come si diceva, acido retinoico e chemioterapia). Ed è per questo che il Gruppo GiMeMa, di cui fanno parte i più autorevoli ematologi che lavorano nei 150 centri specializzati in tutt’Italia, ha stabilito, come protocollo di trattamento di questa patologia, la somministrazione di questa combinazione di farmaci, che dovrebbe durare un mese e proseguire poi, come terapia di consolidamento, per altri tre mesi, con la somministrazione per cinque giorni al mese. «L’efficacia della terapia è però proporzionale alla precocità della diagnosi», mette in guardia il professor Lo Coco: «purtroppo ancora oggi il 30% dei pazienti non fa in tempo a essere inserito nei protocolli di cura. Per questo, nei casi sospetti, il paziente deve essere subito indirizzato ai Centri specializzati».

«Queste terapie, una volta somministrate, devono essere comunque monitorate. In quanto possono causare lievi alterazioni della conduzione elettrica del cuore, febbre e aumento di peso», puntualizza il professor Giuseppe Rossi, direttore della Struttura complessa di Ematologia del Dipartimento di Oncologia degli Spedali Civili di Brescia. «Nel prosieguo della cura, queste alterazioni tendono però a ridursi fino a scomparire. A differenza della precedente combinazione (acido retinoico e antracicline), la nuova combinazione con arsenico non danneggia l’apparato riproduttivo, evitando di compromettere la fertilità. E le pazienti, una volta terminato il ciclo di terapia, possono tranquillamente realizzare il loro progetto di diventare mamme! ».

di Paola Trombetta 

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