Cinque mila sono i nuovi casi l’anno di tumore all’ovaio in Italia. L’80% viene purtroppo diagnosticato in uno stadio già avanzato (3°-4°), perché non dà sintomi particolari. Di questo tumore, all’oggi, non sono ancora state scoperte le cause precise. Grandi progressi invece sono stati fatti per le terapie, che hanno aumentato la sopravvivenza a 5 anni dal 15% al 50% delle donne. In questi giorni è stata approvata dall’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) una nuova molecola (Olaparib) particolarmente efficace nei casi di tumore con mutazione BRCA, la stessa che ha portato Angelina Jolie, che negli ultimi tempi è apparsa visibilmente dimagrita, a farsi asportare preventivamente entrambi i seni e le ovaie. Per fare chiarezza su questo tumore e sulle nuove cure, in occasione della Giornata mondiale dell’8 maggio (vedi box in basso), abbiamo intervistato la professoressa Nicoletta Colombo, direttore del Programma di Ginecologia Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.
Qual è oggi la prognosi di questo tumore? E quali le prospettive terapeutiche?
«Dei cinque mila nuovi casi l’anno, il 75-80% viene diagnosticato a uno stadio avanzato (3°-4°). Il restante 20%, stadio 1°-2°, guarisce nella maggior parte dei casi completamente con l’intervento chirurgico e la chemioterapia. Negli altri casi, sono frequenti le recidive, che vengono trattate con cicli ripetuti di chemioterapia finché il tumore sviluppa resistenze a questi farmaci. Con l’avvento di nuove chemioterapie, più efficaci, negli ultimi 30 anni la sopravvivenza è passata dal 15% al 50% dopo cinque anni di malattia. Oggi abbiamo anche la disponibilità di una nuova molecola molto promettente, Olaparib, da assumere tutti i giorni in capsule, al termine dei cicli di chemioterapia, per evitare le recidive del tumore».
Quali pazienti rispondono bene a questa nuova terapia? A chi viene prescritta?
«I protocolli di trattamento prevedono l’utilizzo di questa nuova cura nei casi di tumore con mutazione BRCA, come quello di Angelina Jolie per intenderci, che rappresentano il 25% dei tumori sierosi di alto grado dell’ovaio. Il trattamento oggi previsto è in seconda linea, e dopo che si sono usati i derivati del platino come chemioterapia per il trattamento della recidiva. I trial clinici, condotti ormai da dieci anni, dimostrano la riduzione dell’80% del rischio di recidive e un prolungamento del tempo mediano di vita senza recidiva di 7 mesi. Nel nostro Istituto stiamo somministrando questa terapia da più di sei anni a una donna che non ha più avuto recidive. E in Inghilterra una paziente l’assume, addirittura, da otto anni».
Qual è il meccanismo d’azione di questo farmaco?
«Olaparib è un inibitore di PARP, ovvero di quell’enzima che ripara il danno della singola elica di DNA della cellula. Bloccando l’azione di questo enzima, la cellula non è più in grado di ripararsi e quindi deve utilizzare altri meccanismi del riparo per non morire. Le cellule normali possiedono un sistema di riparo che si chiama “ricombinazione omologa” e quindi sopravvivono. Si è visto che invece le cellule con mutazione di BRCA hanno questo meccanismo alterato e pertanto, in seguito alla inibizione di PARP, muoiono. Questo farmaco è quindi particolarmente efficace in quei tumori in cui c’è la mutazione BRCA, che determina l’incapacità delle cellule di riparare il danno. In pratica il nuovo farmaco sfrutta un difetto delle cellule mutate, riuscendo a distruggere in modo più rapido le cellule del tumore. Per queste sue proprietà, si sta sperimentando questa molecola anche per altri tumori, come seno, prostata e pancreas. E si spera, in futuro, che diventi un farmaco da utilizzare in prima linea nelle pazienti con mutazione di BRCA».
E’ possibile oggi individuare questa mutazione e prevenire o diagnosticare precocemente il tumore all’ovaio?
«Le Linee Guida Americane raccomandano di eseguire il test genetico per le mutazioni BRCA in tutte le donne con tumore ovarico, una raccomandazione recepita anche dalla nostra Società di Oncologia Medica. Se un tempo si pensava che questo tipo di tumore potesse interessare solo le donne con parenti di primo grado ammalate, oggi si è visto che la mutazione può comparire anche in assenza di familiarità. L’importanza di questo test sta nella possibilità di prevenire l’insorgenza del tumore nelle parenti della donna malata, in cui è stata riscontrata l’alterazione genica. In che modo prevenire? Consigliando l’utilizzo della pillola contraccettiva, che riduce il rischio del 50%. Oppure proponendo, nelle donne dopo i 40 anni, la chirurgia profilattica (annessiectomia) con asportazione delle tube e delle ovaie, decisione presa da Angelina Jolie con l’aggiunta, nel suo caso, della mastectomia profilattica, per il rischio anche di tumore al seno. Questa decisione trova sempre più consenso anche nelle donne italiane: nel nostro Istituto abbiamo praticato circa 500 annessiectomie in una decina d’anni. Per ovviare la mancata produzione di ormoni, in conseguenza dell’intervento radicale, vengono somministrate terapie ormonali sostitutive. Tra le ultime novità, è da poco in commercio la molecola Basedoxifene che, a differenza della TOS tradizionale, protegge utero e seno dal rischio di tumore».
di Paola Trombetta
8 MAGGIO: TANTE INIZIATIVE PER LA GIORNATA MONDIALE
E’ promossa da Acto onlus, l’associazione nazionale nata in Italia per sostenere le donne colpite da tumore ovarico, assieme a 107 associazioni pazienti di 31 Paesi: la Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico si propone di dare voce a tutte le donne del mondo per far conoscere la neoplasia ginecologica a peggior prognosi nel mondo occidentale. Classificato “big killer, il carcinoma dell’ovaio colpisce ogni anno nel mondo 250mila donne e ne uccide 140mila. In Italia 42.580 donne convivono con questo tumore e ogni anno si diagnosticano 5.000 nuovi casi con una percentuale di sopravvivenza che non supera il 40 per cento a causa della mancanza di sintomi della malattia e di diagnosi che nell’80% dei casi arrivano tardi. Acto onlus e Istituto Nazionale dei Tumori venerdì 6 maggio a Milano celebreranno insieme la Giornata con il convegno “Tumore ovarico: cambiare il futuro si può”, invitando pazienti e familiari a un confronto con i maggiori esperti sulle più recenti innovazioni diagnostiche, chirurgiche e mediche. Nel corso dell’incontro verrà presentato il Manifesto dei Bisogni e dei Diritti delle Pazienti perché diventi il punto di partenza di un reale cambiamento nella gestione di questa neoplasia. “Il Manifesto dà voce alle pazienti e ai loro familiari che rivendicano in 7 punti l’urgenza di misure innovative che possano garantire standard ottimali di informazione, prevenzione, diagnosi e cura”, ha dichiarato Nicoletta Cerana, presidente nazionale di Acto onlus. Tante le iniziative in programma in molte città italiane, da Milano, a Roma, a Bari. A livello mondiale, il Comitato Organizzatore Internazionale, di cui Acto onlus fa parte, lancerà sul sito www.ovariancancerday.org e sui principali social media (Facebook, Twitter, Instagram, Pinterestet), la campagna Adesso lo so! (#knownow), con la quale inviterà le donne di tutti i Paesi a condividere con una breve frase ciò che l’esperienza del tumore ovarico ha insegnato loro, vivendola sulla propria pelle o assistendo chi soffre.
Le brevi frasi, che tutte le donne lasceranno rispondendo alla domanda “Sapendo quello che sai oggi, cosa faresti di diverso?” saranno postate sul grande muro digitale del sito della campagna www.ovariancancerday.com e diventeranno patrimonio di tutti. La campagna internazionale sarà annunciata sul sito di Acto onlus: www.actoonlus.it assieme a un caldo invito a partecipare. Vi si potrà accedere anche attraverso le pagine Facebook e Twitter dell’associazione. (P.T.)