Vaccinarsi è una sicurezza, anche in gravidanza. Non tutte le vaccinazioni in questa particolare fase della vita della donna sono possibili, ma alcune sono in grado di mettere al riparo la salute della mamma e soprattutto il bebè dal rischio, frequente, di contrarre alcune infezioni nei primi mesi di vita e nella più tenera infanzia.
«Le vaccinazioni raccomandate in gravidanza – ha dichiarato, in occasone della Settimana dell’Immunizzazione, la professoressa Susanna Esposito, presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid) e direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico dell’Università degli Studi di Milano, intervenuta al 26° Congresso ECCMID di Amsterdam – sono quelle contro difterite, tetano, pertosse e influenza che hanno l’obiettivo di proteggere il bebè da malattie anche potenzialmente letali dalla culla fino ai primi anni di vita ed i vaccini cosiddetti inattivi a base di proteine. Ovvero vaccini che hanno subito un particolare trattamento che rende il virus incapace di replicarsi, a questa gamma appartengono ad esempio il vaccino antinfluenzale, anticolera e antiepatite A».
Oltre alle infezioni gastrointestinali, le più comuni sono quelle respiratorie, come la pertosse, che prima dei 6 mesi si può manifestare con difficoltà respiratorie anche gravi, tali da causare un arresto respiratorio e la morte di un neonato su 1000, nel mondo.
«Sono controindicati in gravidanza – continua Susanna Esposito – i vaccini vivi attenuati, come quello contro il morbillo e la rosolia». Oltre al tipo di vaccino, c’è anche un momento giusto per vaccinarsi: i più recenti studi scientifici avrebbero infatti attestato una maggiore efficace preventiva degli anticorpi materni se questi vengono trasmessi al bambino dopo la 32° settimana di gestazione. «Il vaccino dTap, ovvero contro la pertosse, combinato con quelli contro la difterite e il tetano, sebbene possa essere somministrato durante tutto il periodo della gravidanza, tutela maggiormente da queste infezioni se viene somministrato tra la 27° e la 36° settimana di gestazione».
Secondo le linee guida messe a punto dai professionisti di WAidid, insieme a pediatri, ginecologi, esperti di sanità pubblica, con il coinvolgimento di alcune importanti Società Scientifiche come l’European Society for Clincal Microbiology and Infectious Diseases (ESCMID), l’European Society of Pediatric Infectious Diseases (ESPID) e altre Società d’oltreoceano, sarebbe altrettanto importante in gravidanza praticare la vaccinazione contro l’influenza. Come confermato anche dall’Oms, secondo cui tutte le donne in gravidanza dovrebbero essere vaccinate durante la stagione influenzale, a partire quindi dalla metà di ottobre fino alla fine di dicembre, in qualsiasi trimestre di gravidanza. «L’influenza stagionale – aggiunge la specialista – può comportare complicazioni respiratorie gravi che possono portare al ricovero in ospedale e anche al decesso delle donne incinte, soprattutto durante il secondo e terzo trimestre e il primo mese dopo il parto. Studi recenti hanno evidenziato che nel mondo tra il 10 e il 30% dei bambini soffre di influenza e di questi, i neonati sotto i 6 mesi sono i più a rischio di gravi complicanze respiratorie».
Non ultima la vaccinazione antipneumococcica che dovrebbe essere effettuata prima della gravidanza o, al più tardi, durante il secondo o terzo trimestre, efficace nella prevenzione di alcune patologie molto diffuse tra i lattanti come l’otite media acuta, le rinosinusiti, le polmoniti, le meningiti e le sepsi, derivanti dallo Streptococcus pneumoniae.
Ma in ambito vaccini potrebbero esserci presto delle novità, sempre annunciate durante il Congresso ECCMID di Amsterdam. Riguarderebbero soprattutto lo sviluppo di vaccini contro il Virus Respiratorio Sinciziale (RSV), principale causa di mortalità infantile nel mondo dopo la malaria, e quello contro le infezioni da Streptococco di gruppo B (GBS) all’origine di meningiti e sepsi neonatali.
«Studi scientifici – continua l’esperta – hanno dimostrato che il vaccino RSV, che va somministrato nelle donne incinte, è ben tollerato e in grado di proteggere il bambino nei primi mesi di vita da tante affezioni delle vie respiratorie, tra cui la temibile bronchiolite. Studi in corso, riguardanti il vaccino GBS, dimostrerebbero invece che i figli di mamma che si è sottoposta a una o due dosi di questo vaccino sperimentale in gravidanza, erano meno esposti al rischio di infezioni da Streptococco di gruppo B».
Gli esperti, dunque, tranquillizzano asserendo che la sicurezza dei vaccini, oltre che da ricerche scientifiche, è documentata anche dalla costante attività di sorveglianza dei possibili eventi avversi e da studi di sicurezza effettuati sia prima dell’autorizzazione, che dopo l’immissione in commercio di ciascun vaccino.
di Francesca Morelli
MAMMA, FAI ATTENZIONE (ANCHE) AL CITOMEGALOVIRUS
13.000 infezioni contratte in dolce attesa e 5.000 casi di infezione congenita alla nascita, di cui 800 con successivi gravi danni permanenti, quali sordità non genetica e/o ritardi fisici e neurologici. Sono i numeri e le conseguenze del Citomegalovirus (CMV), un Herpesvirus molto diffuso anche in Italia per il quale però non esiste uno screening mirato né prima della gravidanza né nei 9 mesi di gestazione e neppure dopo la nascita. Si stima che nel nostro paese il 60-70% di donne in età fertile abbia anticorpi CMV-specifici, che segnalano un’infezione già contratta, ma che nella maggior parte dei casi, donne in dolce attesa comprese, resta asintomatica o senza implicazioni. Con una sola eccezione, però: ovvero quando il virus viene contratto per la prima volta in maternità con il 40% di probabilità di essere trasmesso anche al feto. «In questi casi le conseguenze dell’infezione in utero possono essere rilevanti nel feto con sintomi nel 10-15% più o meno gravi, quali ad esempio ittero, ritardo di crescita, microcefalia, sordità (ipoacusie) mono o bilaterali già evidenti alla nascita, e con possibile evoluzione fino al 70-80% in manifestazioni gravi quali ritardo psicomotorio, sordità, alterazioni oculari entro i primi due anni di vita. In questi casi, non è escluso neppure un rischio di mortalità perinatale stimata intorno al 10%», ha dichiarato Pierangelo Clerici, Presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani (AMCLI) in occasione del congresso organizzato dalla Società Europea ECCI (European Congenital Cytomegalovirus Initiative), appena conclusosi a Venezia. «Di contro i neonati infetti ma asintomatici alla nascita, nel 5-15% dei casi potranno manifestare nel tempo sordità o anche ritardo mentale». L’assenza di un piano di screening mirato ha alimentato in Italia lo sviluppo di uno screening spontaneo e disomogeneo nelle varie realtà regionali, la cui conseguenza è un approccio non corretto nella gestione delle gravidanze complicate dall’infezione da CMV e la mancata identificazione di infezione congenita da CMV asintomatica alla nascita. Ecco perché l’AMCLI in occasione di questo congresso, ha promosso e continuerà a promuovere, come avviene in Svizzera e Germania, l’attivazione di programmi di screening autorizzati pre o durante la gravidanza. «Per l’infezione da CMV – aggiunge Tiziana Lazzarotto, Professore di Microbiologia del Policlinico Universitario S. Orsola di Bologna e membro del Direttivo AMCLI – non esiste neppure un trattamento terapeutico ufficiale di prevenzione o un vaccino efficace. Tuttavia è possibile prevenire l’infezione in gravidanza attuando delle misure preventive soprattutto nei confronti di bambini piccoli che sono la principale fonte di contagio, soprattutto se frequentano l’asilo nido o la scuola materna. In particolare la futura mamma deve evitare il contatto diretto con qualunque fluido organico, soprattutto durante la prima parte della gravidanza quando il rischio di una severa compromissione cerebrale per il feto, in caso di trasmissione del virus, è molto elevato». L’identificazione precoce del virus può consentire, laddove necessario e in modi e tempi corretti, la somministrazione del Valganciclovir, il farmaco specifico per il controllo del CMV. Studi internazionali attestano che la terapia iniziata entro il primo mese di vita, può portare a un miglioramento della funzione uditiva a 6 mesi e a una riduzione del tasso di deficit nello sviluppo neuromuscolare e cerebrale. (Francesca Morelli)