SEMPRE PIU’ BATTERI RESISTONO AGLI ANTIBIOTICI: CHE FARE?

Ne prendiamo troppi e così gli antibiotici rischiano di perdere di efficacia. Sono infatti in aumento le infezioni batteriche, soprattutto quelle contratte in ospedale, alcune delle quali possono rivelarsi letali. Più di 4 milioni di persone in Europa vengono colpite ogni anno da infezioni ospedaliere, con 25mila morti causate da germi resistenti. In Italia dal 7% al 10% dei pazienti va incontro a un’infezione batterica multi resistente che riguarda 284mila pazienti, con circa 4.500-7.000 decessi. Nel mondo si registrano addirittura 10 milioni di morti l’anno, superando i decessi per tumore (8,2 milioni), diabete (1,5 milioni) o incidenti stradali (1,2 milioni).
Come affrontare questo grave problema? Ne hanno discusso di recente a Roma, rappresentanti di istituzioni, associazioni, specialisti in occasione del Corso “Batteri e antibiotici –Scenari di un conflitto permanente”, promosso dal Master della Sapienza Università di Roma, con il supporto di MSD Italia. Due sono le principali misure da adottare, suggerite all’unanimità dagli specialisti.
Innanzitutto l’appropriatezza nell’impiego degli antibiotici, per ridurne l’abuso e prolungarne il più possibile l’azione. In secondo luogo incentivare il ricorso a terapie innovative, in grado di far fronte ai ceppi resistenti.
 Il buon esempio viene dagli Stati Uniti, dove il Governo Obama ha esteso l’utilizzo dei fondi destinati al bioterrorismo allo sviluppo di antibiotici attivi contro i microrganismi con elevata resistenza. Anche l’Italia si sta muovendo nella lotta all’antibiotico-resistenza: il rilancio della copertura vaccinale e l’adozione di rigorosi protocolli di igiene negli Ospedali, saranno parte integrante del Piano Nazionale di contrasto all’antibiotico-resistenza, coordinato dal Ministero della Salute e ispirato al piano di azione globale dell’OMS.
«Le Istituzioni sono convinte che la diffusione di conoscenze e informazioni corrette sia un presupposto essenziale per l’uso consapevole e appropriato degli antimicrobici», afferma il dottor Mario Melazzini, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). «Il Ministero della Salute, con il supporto di AIFA e di altri esperti, sta lavorando alla implementazione del Piano Nazionale. L’Agenzia Italiana del Farmaco conduce un’intensa attività di informazione e sensibilizzazione sul tema attraverso i propri canali e strumenti istituzionali (portale, newsletter, social media) e iniziative di comunicazione specifiche rivolte agli operatori sanitari e alla popolazione generale».
La capacità dei batteri di sviluppare differenti meccanismi per sfuggire all’azione dei farmaci antimicrobici era, del resto, già stata prevista dallo scopritore della penicillina Alexander Fleming, il quale però non aveva considerato la velocità con cui i microrganismi sanno selezionare ceppi resistenti, ben superiore a quella con cui la ricerca scientifica sviluppa una potenziale soluzione.
«Questa resistenza, in costante aumento, è una minaccia all’efficacia degli antibiotici, sia nel trattamento di malattie potenzialmente gravi o letali, sia nella prevenzione di patologie in soggetti sottoposti a trattamenti chirurgici o chemioterapia», puntualizza il dottor Francesco Paolo Maraglino, della Direzione Generale della Prevenzione del Ministero della Salute. «Al fine di contrastare questo fenomeno, è necessaria un’azione in cui tutti, dai governi ai cittadini, si impegnino a preservare il valore di questi farmaci».
L’imperativo categorico è usare bene gli antibiotici disponibili: se attualmente abbiamo a disposizione ben 250 molecole, ogni nuovo farmaco introdotto nell’uso clinico troverà prima o poi ceppi batterici resistenti. «Lo sviluppo della resistenza agli antibiotici è un fenomeno continuo, determinato da cambiamenti della configurazione genetica dei batteri, come mutazioni cromosomiche o trasferimento di fattori di resistenza per via genica», afferma Maurizio Sanguinetti, professore di Micologia Medica e Diagnostica all’Istituto di Microbiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. «A generare le resistenze non è l’esposizione dei batteri agli antibiotici, ma l’aumento della pressione selettiva, dovuta all’impiego eccessivo e improprio degli antibiotici nella salute umana e animale e alla loro presenza nell’ ambiente».
«Per questo la gestione razionale del problema deve coinvolgere tutti i settori, con interventi mirati in ambito farmaceutico-sanitario, veterinario, alimentare, ambientale, dando un ruolo di primo piano alla ricerca e all’innovazione», replica la dottoressa Anna Teresa Palamara, presidente della Società Italiana di Microbiologia (SIM). «L’invito è quello di promuovere un uso appropriato e personalizzato degli antibiotici in tutte le attività in cui vengono impiegati, umane o animali».
«Ogni terapia anti-infettiva va somministrata solo quando c’è la ragionevole certezza clinica dell’infezione», afferma Pierluigi Viale, professore ordinario di Malattie Infettive all’Alma Mater Studiorum -Università di Bologna e Direttore dell’UO Malattie infettive dell’AOU Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna. «Deve essere molto tempestiva, aggressiva in termini posologici, e somministrata per il più breve possibile: se l’antibiotico non riesce a eradicare in tempi rapidi l’infezione, può causare una progressiva selezione di ceppi resistenti, in grado di trasmettere alla propria discendenza le variazioni genotipiche e fenotipiche».
L’Italia è il Paese europeo con le percentuali di resistenza più elevate che, in alcuni casi, arrivano fino al 50%. Circa la metà dei farmaci utilizzati contro i batteri risulta inefficace, e tra questi alcuni antibiotici molto usati. Uno dei batteri più temibili è la “klebsiella pneumoniae” che causa polmoniti, infezioni circolatorie e del tratto urinario. Le attività di contrasto a questo fenomeno passano anche attraverso protocolli per contenere infezioni correlate all’assistenza in ospedali e residenze sanitarie. Le più comuni infezioni sono polmonite (24%) e infezioni del tratto urinario (21%).
«I provvedimenti da mettere in atto per contrastare la diffusione di questi microorganismi sono ben noti», afferma Claudio Viscoli, presidente della Società Italiana per la Terapia Antinfettiva (SITA). «L’educazione degli operatori sanitari a lavarsi le mani e all’uso dei guanti, lo screening dei portatori dei ceppi resistenti e loro isolamento, la diagnosi microbiologica rapida sono in grado di arrestare il fenomeno, se applicate da tutti gli ospedali, ma la messa in opera di queste procedure per tutti e dappertutto richiede risorse e una forte azione centrale».
L’adozione dei Protocolli passa anche attraverso il coinvolgimento dei cittadini e un impulso in questa direzione arriva dalle Raccomandazioni civiche sulla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza promosse da Cittadinanzattiva. «È particolarmente importante responsabilizzare i cittadini attraverso indicazioni come quella di curare l’igiene personale, chiedere dotazioni ospedaliere personalizzate, verificare con il personale il tempo massimo per tenere i cateteri, evitare di recarsi in ospedale in visita quando si è influenzati», raccomanda Antonio Gaudioso, segretario Generale di Cittadinanzattiva.
Parte integrante della strategia di intervento è anche lo sviluppo di nuove terapie antibiotiche. Su questo fronte, si annuncia a breve l’arrivo di molecole attive contro i microorganismi gram-positivi, ad esempio un nuovo oxazolidinone (tedizolid), efficace contro lo stafilococco meticillino, resistente nelle infezioni di pelle e tessuti molli, in monosomministrazione giornaliera, in grado di offrire cicli terapeutici più brevi (6 giorni contro 10), e quelli gram-negativi, con una cefalosporina di nuova generazione (ceftolozane-tazobactam), formulata assieme a un inibitore delle beta lattamasi che ne estende l’attività ai batteri gram-negativi produttori di beta lattamasi a spettro esteso, efficace nelle infezioni complicate addominali e delle vie urinarie, in valutazione nelle polmoniti ospedaliere.
«L’avvento di questi nuovi antibiotici potrà aiutare il clinico a fronteggiare l’emergenza, ma servono nuove regole che permettano a tutti i pazienti di poter essere trattati tempestivamente con questi nuovi farmaci», sostiene Francesco Menichetti, direttore UOC Malattie Infettive dell’AOU Pisana. «Inoltre, occorre sostenere le aziende farmaceutiche attraverso incentivi e corsie accelerate per i nuovi farmaci, e rilanciare al tempo stesso la ricerca indipendente con fondi dedicati per valutare nuove strategie terapeutiche utili nella pratica clinica quotidiana».
Interventi cruciali, ribaditi anche nella dichiarazione congiunta di oltre 80 aziende presentata nel corso dell’ultimo “World Economic Forum” di Davos con l’obiettivo di sollecitare i Governi e le imprese a intraprendere un’azione sinergica e globale di investimenti per combattere il preoccupante e crescente fenomeno dell’antibiotico-resistenza.

di Paola Trombetta

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