CUORE DELLE DONNE: UN NUOVO FARMACO CONTRO L’INFARTO

Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte anche nelle donne, ancor più del tumore al seno. Ne sono colpite soprattutto dopo i 65-70 anni: in età fertile la donna è infatti protetta dagli estrogeni che riducono la formazione di placche aterosclerotiche in tutti i distretti vascolari. Quando si perde questa protezione ormonale, la donna diventa più vulnerabile dell’uomo e la mortalità più elevata (53% contro 46%). Anche perché i sintomi della patologia cardiovascolare acuta sono spesso sottovalutati nella donna rispetto all’uomo. Accade spesso che un dolore al petto avvertito nella donna venga scambiato al Pronto Soccorso per un’indigestione, mentre nell’uomo si procede subito con esami mirati per la diagnosi di infarto. E anche le cure sono più solerti negli uomini: la somministrazione di farmaci antitrombotici nell’infarto acuto, in particolare quelli di ultima generazione, possono veramente salvare una vita.
All’indomani del Congresso nazionale di Rimini dell’Anmco (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri),  abbiamo parlato con il professor Diego Ardissino, direttore della Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, che ha coordinato l’arruolamento dei pazienti per l’Italia (più di 600 da una ventina di centri) dello studio Pegasus-Timi 54 per valutare l’efficacia di un nuovo farmaco antiaggregante piastrinico (ticagrelor).

Prima di tutto, professore, perché viene l’infarto? E perché è più pericoloso nella donna?

«L’infarto è determinato dalla chiusura delle arterie coronarie a causa di placche aterosclerotiche derivanti dal colesterolo, che viene attaccato da particelle (macrofagi) all’interno dell’endotelio dei vasi. Nella donna dopo i 60 anni, la perdita degli estrogeni, che contribuiscono a tenere pulito questo rivestimento interno dei vasi, e le cattive abitudini di vita (alimentazione ricca di colesterolo, fumo e sedentarietà), giocano un ruolo primario nell’insorgenza della malattia cardiovascolare. La maggior durata della vita della donna (83 anni rispetto ai 78 degli uomini) aumenta poi questo rischio: la malattia cardiovascolare è infatti direttamente proporzionale al progredire dell’età».

L’Oms ha proposto come obiettivo per il 2025 di ridurre del 25% la mortalità cardiovascolare. Quali regole suggerisce per la prevenzione del rischio?

«Occorre ridurre almeno cinque fattori di rischio: dislipidemia, diabete, obesità, ipertensione, fumo. Un ruolo fondamentale riveste l’alimentazione, con la limitazione del consumo di grassi saturi di origine animale, in favore dei grassi polinsaturi (pesce). Da ridurre anche il consumo di sodio (sale da cucina e insaccati), che innalza la pressione arteriosa, a vantaggio del potassio (contenuto in molti frutti come banane e kiwi). E’ fondamentale anche una costante attività fisica: consumare almeno 300 calorie al giorno, su una dieta di 1500-1800 calorie, è un modo per evitare accumuli di grassi, anche a livello delle arterie. L’endotelio dei vasi, infatti, trae beneficio dal movimento e funziona meglio, metabolizzando più velocemente le scorie in eccesso».

E quando questi accorgimenti preventivi non bastano, si deve ricorrere ai farmaci. Ci sono nuove terapie per “curare” la placca ed evitare l’infarto?

«Il primo farmaco utilizzato per sciogliere la placca è stata l’aspirina, fin dagli anni ’90: ha un effetto antiaggregante sulle piastrine e antinfiammatorio sull’endotelio. Oggi sono stati studiati farmaci ancora più potenti, come ticagrelor, in grado di agire a monte del meccanismo, bloccando cioè il recettore P2Y12 che provoca l’aggregazione delle piastrine. Dallo studio Pegasus-Timi 54, condotto su più di 18 mila persone in 40 Paesi del mondo, di cui 600 arruolati solo in Italia, si è visto che questa nuova terapia è ancor più efficace del precedente farmaco clopidogrel, usato in associazione all’aspirina nell’infarto acuto. Ha infatti ridotto del 20% il rischio di mortalità e di reinfarto, tanto che nel recente aggiornamento delle Linee guida dell’American College of Cardiology (Acc) e dell’American Heart Association (Aha) è stato raccomandato il trattamento con ticagrelor nella Sindrome coronarica acuta. E nel nostro Paese sono in corso ben 18 studi indipendenti per testare questo prodotto su più di 17 mila pazienti e da diversi punti di vista, come il suo meccanismo d’azione, i benefici nella sindrome coronarica acuta e in altre patologie, il monitoraggio nella pratica clinica».

Oltre all’infarto acuto, quali altre indicazioni potrebbe avere questo farmaco?

«Potrebbe sicuramente essere utilizzato come terapia per prevenire il reinfarto. Molti studi ancora in corso ne stanno testando la somministrazione per altri due anni e mezzo, oltre all’anno canonico di utilizzo per l’infarto acuto, a un dosaggio inferiore, di 60 mg anziché 90 mg. I dati preliminari confermano un’ulteriore riduzione del 10-12% di reinfarto, registrando solo un piccolo aumento del rischio emorragico. Ovviamente la terapia deve essere calibrata in funzione del singolo paziente. Un ulteriore impiego di ticagrelor potrebbe essere dopo l’applicazione degli stent coronarici, per evitare la formazione di trombosi all’interno degli stent stessi, con possibili rischi di occlusioni. Sono in corso diversi studi su questo utilizzo, i cui risultati preliminari sembrano comunque molto promettenti».

di Paola Trombetta

 

AL VIA LA “BANCA DEL CUORE”

E’ stata presentata in occasione del recente congresso Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri) di Rimini. Si tratta di una Card, simile a un bancomat, rilasciata dai reparti di Cardiologia, che contiene i dati clinici sulla salute cardiovascolare (elettrocardiogramma, pressione arteriosa, infarto pregresso, diabete). «La Banca del Cuore è in grado di archiviare tutti i dati sanitari di ogni paziente e metterli a disposizione in un’intera rete di Centri di Cardiologia, anche stranieri, che possono così confrontare le cartelle cliniche, comparando l’efficacia delle cure. Questo consentirà di poter condividere un enorme network assistenziale, permettendo di realizzare progetti di studio innovativi, come la ricerca marker specifici importanti nella diagnosi preventiva di cardiopatia ischemica o nella cura delle patologie cardiache ad alto rischio di malignità», puntualizza il professor Michele Gulizia, presidente Anmco e ideatore di questa Card. (P.T.)

 

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