«La città è un grande organismo vivente, fatto di uomini, donne, bambini, anziani, e come tale deve essere tutelato e mantenuto in buona salute. Per questo è necessario affrontare misure contro l’inquinamento atmosferico ma anche acustico, migliorare l’igiene ambientale, implementare aree verdi, promuovere stili di vita sani, in particolare nei luoghi di lavoro, favorire l’accesso a pratiche sportive all’aria aperta, diffondere una cultura alimentare per prevenire malattie come obesità e diabete che sono spesso la conseguenza di un’eccessiva urbanizzazione delle grandi città». Con queste parole il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha aperto i lavori del Primo Health City Forum, organizzato a Roma da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, in collaborazione con l’Università degli Studi Tor Vergata, Health City Think Tank, Istituto per la competitività (I-Com), con l’alto patrocinio della Presidenza della Repubblica, del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute e Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) e il contributo non condizionato di Novo Nordisk.
Nell’occasione è stato presentato il manifesto: “La salute nelle città: bene comune”, che interpreta molto bene gli obiettivi di “sviluppo sostenibile legato alla salute” proposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, da realizzare entro il 2019. Non a caso proprio l’Oms ha coniato il termine “Healthy City”, ovvero città consapevole dell’importanza della salute come bene collettivo. «La città infatti – ha concluso il Ministro – può offrire grandi opportunità di integrazione tra servizi sanitari, sociali, culturali e ricreativi. E la sostenibilità dei sistemi sanitari non può prescindere dallo studio dei determinanti della salute nelle grandi città».
Quali sono i determinanti della salute delle città?
Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Ketty Vaccaro, direttore del Dipartimento di Salute e Welfare della Fondazione CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali).
«I principali elementi che hanno un impatto sulla salute delle città sono sicuramente le condizioni ambientali ed economiche, il lavoro, gli stili di vita, ma anche la stessa organizzazione della città che impatta sulla possibilità di mantenere reti di relazioni familiari e sociali dei cittadini. Nelle città è ancor più evidente come tali aspetti siano fortemente connessi ed è l’equilibrio di tutti questi fattori a garantire la buona salute della città e dei cittadini. Nei grandi centri urbani però è molto alto il rischio che questo equilibrio sia compromesso. L’inquinamento atmosferico e anche acustico danneggia l’ambiente e la salute. Il traffico caotico agisce come fattore di stress. Le grandi distanze penalizzano quanti sono costretti a muoversi quotidianamente per raggiungere i luoghi di lavoro, a scapito della qualità di vita. All’interno delle grandi città esiste anche una forte articolazione delle opportunità di vita, fortemente differenziate ad esempio nei differenti quartieri che hanno spesso una forte connotazione sociale: una distanza non solo fisica segna le differenze e le vite tra chi abita le periferie degradate e i quartieri agiati. E’ la stessa organizzazione della città, dunque, che impatta sui tempi e le abitudini, implicando ad esempio la necessità di mangiare fuori casa e preferendo cibi più accessibili e a basso costo che possono incrementare patologie come obesità e diabete. Ad essere penalizzati sono in particolare gli anziani che, nelle grandi città, si sentono isolati e in difficoltà a causa delle distanze e di un’organizzazione urbana fatta di “luoghi difficili”(dalle caratteristiche stesse delle abitazioni, ai marciapiedi, alle strade, fino alle carenze di verde e di luoghi di ritrovo). Per non parlare della carenza di reti sociali, che possono dare supporto. Per questo aumenta il rischio di patologie nell’anziano, non solo legate agli stili di vita e di alimentazione spesso scorretti, ma anche di quelle psicologiche correlate alla solitudine e al disagio sociale».
Quale impatto ha la città sulla salute della donne?
«Le politiche delle città hanno un forte impatto sulla qualità di vita e la salute delle donne. Nelle grandi città in particolare le donne subiscono lo sfasamento tra gli impegni lavorativi e quelli familiari. La responsabilità domestica pesa ancora interamente sulle donne, costrette a una vita multitasking che deve conciliare lavoro, gestione della casa e della famiglia, con l’aggiunta di situazioni sfavorevoli come le distanze e il traffico cittadino che rendono difficili gli spostamenti. Molti aspetti dell’organizzazione del lavoro e della città non tengono minimamente conto del fatto che sempre più donne lavorano fuori casa, aumentando il carico di chi deve conciliare diverse esigenze di vita. Stress, frustrazione, stile di vita irregolare, cattiva alimentazione sono le conseguenze dirette di questi disagi, a scapito ovviamente della salute. Non a caso sono in crescita patologie come obesità e diabete, anche nelle donne. Se da un lato, dunque, la grande città è stata nel passato un elemento di progresso sociale e fonte di grandi vantaggi per i suoi abitanti, oggi il rischio da evitare è che ci sia un’inversione di tendenza, a vantaggio dei piccoli centri urbani, dove la qualità di vita è considerata migliore, soprattutto per le donne, i bambini e gli anziani».
Quali soluzioni proporre a tutela della salute della città e dei cittadini?
«Chi gestisce le città deve tener conto dell’impatto di tutte queste varianti sulla salute dei cittadini e deve per questo crescere la consapevolezza che una migliore gestione delle politiche della città può contribuire a migliorare le condizioni di vita, ma anche di salute di chi vi abita. Inquinamento, traffico, gestione dei rifiuti, igiene dell’ambiente, mezzi pubblici, spazi verdi, sono fattori che devono essere presi in considerazione per tutelare la salute dei cittadini e migliorare la qualità di vita. Anche le condizioni dei luoghi di lavoro devono essere migliorate e adattate alle esigenze sociali. Un esempio, per alleggerire il lavoro multitasking delle donne, potrebbe essere la creazione all’interno delle aziende di asili per i bambini, evitando così le corse folli da una parte all’altra della città per portare i piccoli a scuola e poter arrivare in tempo sul posto di lavoro. Lo stesso vale per nuove disponibilità di orari di uffici e negozi. Oppure l’organizzazione di spazi, all’interno dei singoli quartieri, di ritrovo degli anziani. O l’utilizzo di spazi verdi e piste ciclabili per favorire le attività sportive. Basterebbero piccoli accorgimenti per migliorare nettamente la qualità di vita e ridare salute alle nostre città».
In quest’ottica si inserisce il programma Cities Changing Diabetes, che coinvolge diverse città nel mondo allo scopo di creare un movimento di collaborazione internazionale per trovare soluzioni che affrontino l’aumentato numero di persone con obesità e diabete, partendo dal miglioramento del tessuto urbano che tanta responsabilità sembra avere in questo crescente fenomeno. Per info: www.citieschangingdiabetes.com
di Paola Trombetta