“Two Strokes Not Out” (“Due ictus non mi hanno fermata”) è un manuale per sopravvivere dopo un ictus. L’autrice è Sas Freeman, una giovane donna inglese cinquantenne, modella e doppiatrice, che ha ricevuto il Premio coraggio dall’Associazione sopravvissuti all’ictus della Gran Bretagna (Stroke Survivors Association UK). Oggi è portavoce dell’Associazione e collabora con tante altre organizzazioni nel mondo, tra cui quella italiana ALICe, per diffondere messaggi di prevenzione e di cura dell’ictus, una malattia che colpisce soprattutto le donne (sei su 10). L’abbiamo incontrata in occasione del Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), al quale hanno partecipato più di 33mila specialisti provenienti da 150 Paesi del mondo, che si è da poco concluso a Roma con l’intervento eccezionale di Papa Francesco che ha ribadito l’importanza delle cure per tutte le persone malate, comprese le più disagiate in ogni parte del mondo.
Anche il messaggio di Sas Freeman è un monito ai medici di prendersi cura del malato e ai malati di non arrendersi, ma di reagire con forza di volontà per superare la malattia. «Quando sono stata colpita dal primo ictus avevo 45 anni e pochi mesi dopo ho avuto una ricaduta: ero nel pieno della mia attività professionale e avevo un figlio adolescente da crescere. Nessuna avvisaglia di malattia, se non un forte mal di testa. Ma all’improvviso, mentre camminavo, mi sono accorta di avere una grossa difficoltà a muovere la gamba destra, come se un peso la bloccasse a terra, e la stessa sensazione per il braccio. Subito il ricovero al Pronto soccorso dell’Ospedale di Worcester, la città dove vivevo. Le cure tempestive dei medici, i farmaci e la riabilitazione successiva, con l’utilizzo anche di dispositivi di stimolazione elettrica (Functional Electronic Stimulator), ma soprattutto una grande forza di volontà, mi hanno fatto lottare per superare la malattia e la disabilità che ha comportato e che ha limitato molto la mia attività professionale e i miei rapporti sociali. Ho imparato a usare la mano sinistra per svolgere le funzioni quotidiane, ma soprattutto per scrivere e dipingere quadri, che sono diventati la mia principale attività professionale. E oggi, dopo sei anni di fisioterapia, uso un bastone come supporto per poter di nuovo camminare. E’ stata una lotta progressiva contro il mio corpo che opponeva resistenza alla mia volontà. Ma alla fine ho vinto!».
Nella condizione di Sas Freeman si trova circa il 60% delle persone colpite da ictus, con disabilità più o meno gravi (la scala di valutazione della disabilità va da 1 a 6 e all’inizio Sas aveva un punteggio di 5, mentre dopo sei anni dall’ictus la sua disabilità è migliorata di due punti). Purtroppo il 20% di chi è colpito da ictus non sopravvive.
LE TERAPIE PER PREVENIRE IL RISCHIO CARDIO-VASCOLARE
Le cure tempestive e l’utilizzo di farmaci sempre più efficaci, negli ultimi dieci anni hanno ridotto la mortalità, sia per ictus che per infarto. Lo hanno confermato gli specialisti (più di 33mila da 150 Paesi del mondo) intervenuti al recente Congresso europeo di cardiologia alla Fiera di Roma.
«Sono stati presentati diversi studi di Real-life, tra cui REVISIT-US, che confermano l’efficacia dei nuovi anticoagulanti orali nella cura e nella prevenzione secondaria dell’ictus», ha confermato il professor Giuseppe di Pasquale, direttore della Cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna. «Tra questi rivaroxaban, che appartiene, insieme a edoxaban e apixaban, alla categoria di farmaci che inibiscono il fattore Xa della coagulazione: sembra avere ottenuto buoni risultati nella pratica clinica, in particolare nel trattamento del tromboembolismo venoso, per evitare recidive dopo un infarto e nella prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale, una patologia che determina un rischio maggiore di ictus nelle donne». Diversi studi sono stati fatti a livello internazionale di confronto con warfarin, il farmaco oggi più usato come anticoagulante. I risultati? «Una maggiore compliance del paziente, perché l’utilizzo di questi nuovi anticoagulanti non richiede il controllo ematico frequente, ma solo ogni sei mesi», risponde il professore. «E soprattutto una riduzione del rischio di emorragie, frequenti invece durante l’assunzione degli anticoagulanti tradizionali. Per questi motivi le linee-guida della Società Italiana di Cardiologia ne raccomandano l’utilizzo soprattutto nei pazienti con fibrillazione atriale, a più elevato rischio di stroke e dopo un infarto, in associazione alla cardio-aspirina. In particolare nelle donne si è vista una maggiore aderenza a queste nuove terapie rispetto al warfarin, la cui copertura terapeutica non raggiungeva il 60%. Ciò era in parte dovuto all’obbligo dei controlli ematici frequenti e all’interazione con alcuni cibi e farmaci che la donna, spesso, deve assumere più dell’uomo, in quanto vive più a lungo».
Tra questi, i farmaci per tenere a bada la pressione e il colesterolo. Ipertensione e ipercolesterolemia sono patologie in aumento nelle donne. «Se nell’uomo si registra una crescita di 7 mg/dl di colesterolo, nelle donne l’aumento raggiunge i 10 mg/dl», fa notare il professor Michele Gulizia, direttore della Cardiologia dell’Ospedale Garibaldi di Catania, past-president di Anmco (Associazione Medici Cardiologi Ospedalieri), tra i coordinatori del Congresso europeo di Roma. «Un ulteriore dato emerso al Convegno internazionale è la scarsa aderenza delle donne alle terapie: solo il 9,3% delle donne si cura, per prevenire ictus e infarto, contro il 14,9% degli uomini. La donna è infatti più attenta alla salute del partner che alla propria. In particolare si è evidenziata una scarsa compliance, non solo per l’assunzione dei farmaci anticoagulanti, ma anche per le statine, solitamente usate per abbassare il colesterolo. Nelle donne sembrano dare più problemi muscolari, motivo per cui la terapia viene sospesa. Consultando il medico, si potrebbe invece cambiare il tipo di statina oppure sostituirlo con terapie che inibiscono l’assorbimento del colesterolo a livello intestinale, come exetinibe o nutraceutici (omega-3, licopene)». L’importanza della consulenza dello specialista è stata ribadita nei giorni del congresso: le terapie devono essere assunte regolarmente e per periodi di tempo prolungati, anche per tutta la vita, per poter essere efficaci. E come cita un proverbio ben noto ai medici: “I farmaci non funzionano nei pazienti che non li assumono”.
di Paola Trombetta
COLESTEROLO LDL: NON DEVE SUPERARE IL VALORE DI 100
Che il colesterolo, quello “cattivo” Ldl, costituisse un problema importante e un fattore di rischio per il cuore, è ormai noto da tempo. La novità sta invece nei nuovi “parametri di sicurezza” dei valori di Ldl, rivisti dalle linee guida presentate al congresso della Società Europea di Cardiologia (Esc) che, indipendentemente dal rischio individuale, ma tanto più se esiste una predisposizione come nel caso dell’ipercolesterolemia familiare, fissano un limite massimo pari a 100. Valore che rappresenta una rivoluzione rispetto ai livelli fino ad oggi considerati, mai inferiori a 190. «Le nuove linee guida raccomandate – dichiara il professor Francesco Romeo, presidente della Società Italiana di Cardiologia, tra i coordinatori del Congresso europeo – stabiliscono che valori di colesterolo compresi tra 70 e 100, sono il target per tutti, contravvenendo alle precedenti indicazioni i cui valori variavano in funzione del rischio personale di sviluppare malattie cardiovascolari».
Fondamentale per il benessere del cuore è dunque mantenere il colesterolo basso, anzitutto attraverso un’alimentazione di tipo mediterraneo, varia e bilanciata, con grassi di origine vegetale come l’olio extravergine di oliva, che preveda un aumento del consumo di pesce a 3-4 volte a settimana, perché ricco di omega-3, che riduca l’uso di insaccati e di alimenti di origine animale (nel caso meglio il consumo di carni bianche) e prediliga cotture al vapore, ai ferri, alla griglia e al cartoccio per carni e pesci; a lesso, al vapore o al forno anche le verdure, evitando in ogni modo e il più possibile le fritture. Qualora lo stile alimentare e di vita, che prevede l’eliminazione del fumo e la pratica fisica, con almeno 1-2 km, 3 volte alla settimana, a passo normale e all’aria aperta, non fossero sufficienti a contenere i tassi di colesterolo LdL, è possibile ricorrere a una terapia farmacologica: «Laddove indicato si possono usare le tradizionali statine – conclude il presidente – o alcuni nuovi farmaci, tra cui gli anticorpi anti PCSK9, che hanno dimostrato grandi potenzialità». (Francesca Morelli)
A FERRARA PARTE IL PROGETTO “CITTA’ DELLA PREVENZIONE”
L’85% delle malattie cardiovascolari e il 40% di quelle oncologiche possono essere evitate adottando uno stile di vita sano (no al fumo, attività fisica costante e dieta corretta). Ma gli investimenti in prevenzione sono ancora scarsi: in Europa questa voce rappresenta solo il 3% della spesa sanitaria e in Italia la percentuale è ancora più bassa. Per la prima volta al mondo, nella città di Ferrara, sarà avviato un progetto educativo di sensibilizzazione a 360 gradi che prevede il calcolo del rischio cardiovascolare e oncologico di tutta la popolazione, corsi e lezioni sui corretti stili di vita e ambientali con strumenti ad hoc e un motorhome che si sposterà nelle piazze. Il progetto nazionale “Città della prevenzione”, che partirà a metà settembre da Ferrara e coinvolgerà numerosi comuni italiani, è stato presentato al Congresso europeo di Cardiologia (Esc). «Ferrara rappresenta un territorio ideale per dare il via a questa iniziativa, unica a livello internazionale, che si rivolge ai cittadini di tutte le età e di ogni strato sociale», afferma il professor Roberto Ferrari, direttore della Cardiologia all’Università di Ferrara e past president Esc. «Medici specializzandi di varie discipline della medicina ed esperti di comunicazione terranno corsi e lezioni in tutte le scuole elementari, medie, superiori che riguarderanno in particolare quattro temi: rischi del fumo, scorretta alimentazione e danni dell’alcol, sedentarietà, ruolo delle vaccinazioni. Sarà così possibile raggiungere l’intera popolazione scolastica di ogni ordine e grado e, attraverso gli studenti, la grande maggioranza delle famiglie. Per coinvolgere gli over 65, si terranno lezioni anche nei centri anziani».
«È ormai provato che modificare abitudini sbagliate anche nella terza età determina risultati positivi sullo stato di benessere», aggiunge il professor Francesco Romeo, presidente SIC (Società Italiana di Cardiologia), tra i coordinatori del Congresso. «Particolarmente importante sarà il calcolo mediante l’app della Carta del rischio dei cittadini, cioè la probabilità di ammalarsi o di morire nei prossimi 10 anni di un evento coronarico (infarto del miocardio) o cerebrovascolare (ictus) o di tumore. Questo calcolo avviene attraverso la raccolta di informazioni personali (età, fumo, diabete, peso, sedentarietà, girovita), la misurazione della pressione arteriosa, della colesterolemia totale e della glicemia. Al termine verrà quantificato il rischio con un software computerizzato». Chi usa l’app avrà in tempo reale la “presa in carico degli eventuali interventi necessari” con informazioni, consigli, ricette, schede del movimento per età e la dieta ideale. Lo studio INTERHEART, condotto in 33 Paesi, ha dimostrato che, se riuscissimo a cambiare gli stili di vita e modificare i classici fattori di rischio cardiovascolare della popolazione mondiale, potremmo prevenire fino al 90% delle malattie cardiovascolari». Anche gli oncologi si sono schierati accanto ai cardiologi nella promozione delle “Città della prevenzione”. «Gli stili di vita sani consentono di ridurre il 40% dei tumori», conclude il professor Francesco Cognetti, presidente della Fondazione “Insieme contro il cancro”. «Il fumo di sigaretta è il fattore di rischio più noto per l’insorgenza delle neoplasie e delle patologie cardiovascolari, ma anche la sedentarietà (il 40% degli italiani non pratica attività fisica), la scorretta alimentazione (solo il 20% dei cittadini segue la dieta mediterranea) e l’abuso di alcol (il 20% degli under 19 è consumatore abituale) svolgono un ruolo importante». (Paola Trombetta)