«La mia amica del cuore si chiama Maria e ha ottant’anni. E’ ricoverata nella Casa di riposo “Pio e Ninetta Gavazzi” di Desio, in provincia di Monza e Brianza, perché affetta da Alzheimer. Quando vado a trovarla, non sempre mi riconosce. Mi parla ripetutamente di suo marito, mancato da diversi anni, come fosse ancora lì accanto a lei. E ha sempre voglia di uscire: vuole che l’accompagni a casa, come se qui si sentisse prigioniera…». Così Manuela Donghi inizia il suo libro autobiografico “Visto con i tuoi occhi” (Ladolfi Editore) dedicato alla nonna, malata di Alzheimer da 20 anni e ricoverata per diverso tempo in questa casa di cura in Brianza fino alla morte avvenuta nel 2012. Una nonna che ripercorre e descrive, attraverso gli occhi della nipote, i ricordi più belli della sua vita, che spesso si offuscano come avvolti dalla nebbia, e poi ricompaiono come fotogrammi spezzati, senza un filo conduttore. E’ la nipote a dare un senso logico a questi racconti e renderli vivi nelle pagine del suo libro. Dove descrive la vita dei malati di Alzheimer nella quotidianità delle piccole cose, dal rito dei pasti, ai momenti di svago e di ritrovo collettivi, ai colloqui con i visitatori dove riaffiorano i ricordi. Ma il racconto si sofferma in particolare sui momenti bui dell’oblio, del disorientamento, della perdita di identità.
«La realtà del malato di Alzheimer è soprattutto la solitudine: la persona non è più in grado di avere memoria di se stessa e degli altri», conferma il professor Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e ordinario di Neuropsicofarmacologia all’Università Tor Vergata di Roma, intervenuto i giorni scorsi all’evento “Ricordati di me: dalla ricerca medico-scientifica alle comunità amiche”, promosso dalla Federazione Alzheimer Italia, in occasione della Giornata mondiale del 21 settembre. «La malattia, inoltre, impone al malato e al caregiver uno stile di vita che riduce i contatti sociali: anche la comunità tende ad assumere atteggiamenti di lontananza, spesso dovuti a imbarazzo, ritrosia, timore. Per questo è fondamentale diffondere una cultura della solidarietà, improntata sul valore della relazione, dal momento che “nessuno può rialzarsi, proteggersi e riscaldarsi da solo”».
Con questo intento è stato avviato il progetto “Dementia Friendly Community”, promosso dalla Federazione Alzheimer in collaborazione con la Fondazione di ricerca Golgi Cenci, l’Associazione di Psicogeriatria, il Comune di Abbiategrasso. Proprio questa è stata scelta come città ideale per avviare il progetto di “Comunità amica delle persone con demenza”, in cui tutta la popolazione, le istituzioni, le associazioni, le categorie professionali si adoperano per rendere i cittadini in grado di rapportarsi alle persone colpite da demenza, con iniziative come spazi di ascolto dei malati e delle famiglie, eventi guidati nelle biblioteche, luoghi di ricreazione come i Cafè Alzheimer.
Anche nelle case di cura si tende sempre più ad attuare iniziative di socializzazione: la creazione di spazi che simulano situazioni, come un viaggio in treno con la proiezione di immagini di paesaggi virtuali; o ancora la simulazione di spazi abitativi e architettonici, come un bar (Cafè Alzheimer); o i “giardini terapeutici” dove, con la supervisione di un esperto, si portano i pazienti a contatto con la natura. Tra le prime esperienze in Italia a favorire queste iniziative, si distingue il gruppo Korian, azienda leader in Europa per la gestione delle residenze della terza età.
«Queste terapie, cosiddette complementari, hanno lo scopo di stimolare le funzioni cognitive e mantenere in esercizio la funzionalità delle cellule nervose», conferma il professor Elio Scarpini, responsabile dell’Unità valutativa Alzheimer del Policlinico di Milano, Fondazione Cà Granda, collegata all’Associazione Amici del “Centro Dino Ferrari” dell’Università degli Studi di Milano. «Purtroppo ad oggi non esistono ancora terapie farmacologiche efficaci, in grado di curare la malattia. Si utilizzano spesso combinazioni di farmaci per controllare sintomi quali aggressività, insonnia, depressione. L’unica categoria di farmaci registrata, ma con efficacia limitata al 20-30% dei malati, sono gli anti-colinesterasici che potenziano l’effetto dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore che è carente in questa malattia. Sono allo studio terapie più mirate, come gli anticorpi monoclonali, in grado di disintegrare la proteina amiloide che si forma tra i neuroni e progressivamente li distrugge, causando la malattia. I tempi della sperimentazione non saranno brevi, perché si tratta di farmaci molto potenti che potrebbero però avere pesanti effetti collaterali. Sarebbe inoltre necessario diagnosticare con certezza la presenza di questa proteina, per valutare l’entità del danno neuronale. Oggi al Policlinico utilizziamo un particolare esame del “liquor” per evidenziare la presenza di proteina amiloide, che rappresenta un marcatore di malattia».
di Paola Trombetta
I 10 SINTOMI PREMONITORI
Ecco alcuni sintomi che potrebbero rappresentare dei campanelli d’allarme della malattia di Alzheimer. Per le persone che presentano alcuni di questi sintomi sarebbe opportuno un consulto medico:
1. Perdita di memoria che compromette la capacità lavorativa. La dimenticanza frequente o un’inspiegabile confusione mentale può significare che c’è qualcosa che non va.
2. Difficoltà nelle attività quotidiane. Il malato di Alzheimer potrebbe preparare un pasto e non solo dimenticare di servirlo, ma anche scordare di averlo fatto.
3. Problemi di linguaggio. A tutti può capitare di avere una parola “sulla punta della lingua”, ma il malato di Alzheimer può dimenticare parole semplici o sostituirle con parole improprie.
4. Disorientamento nel tempo e nello spazio. Il malato di Alzheimer può perdere la strada di casa, non sapere dove è e come ha fatto a trovarsi là.
5. Diminuzione della capacità di giudizio. Il malato di Alzheimer può vestirsi in modo inappropriato, per esempio indossando un accappatoio per andare a fare la spesa o due giacche in una giornata calda.
6. Difficoltà nel pensiero astratto. Per il malato di Alzheimer può essere impossibile riconoscere i numeri o compiere calcoli.
7. La cosa giusta al posto sbagliato. Un malato di Alzheimer può mettere gli oggetti in luoghi davvero singolari, come un ferro da stiro nel congelatore o un orologio da polso nel barattolo dello zucchero, e non ricordarsi come siano finiti là.
8. Cambiamenti di umore o di comportamento. Nel malato di Alzheimer sono particolarmente repentini e senza alcuna ragione apparente.
9. Cambiamenti di personalità. Il malato di Alzheimer può cambiare drammaticamente la personalità: da tranquillo diventa irascibile, sospettoso o diffidente.
10. Mancanza di iniziativa. Il malato di Alzheimer la perde progressivamente: in molte o in tutte le sue solite attività.
Fonte : Alzheimer’s Association (USA)