Sindrome dell’Intestino Irritabile: è nato il Comitato per la Tutela dei Pazienti

È un disturbo molto diffuso nella popolazione, con prevalenza nelle donne (5,5% uomini; 10,7% donne). Di colon irritabile soffrono circa sei milioni di persone, di cui due milioni in forma grave, che condiziona pesantemente la qualità di vita. E induce, in alcuni casi, a dover abbandonare il lavoro a causa dei disagi che la malattia comporta. Anche i rapporti relazionali sono spesso compromessi: la persona con questi disturbi tende a chiudersi in casa, per non provare l’imbarazzo di dover all’improvviso correre in bagno. Per tutelare questi malati e il loro diritto alle cure è stato presentato i giorni scorsi in Senato il Comitato per la Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBSCOM-info@ibscom.it). La Senatrice Emanuela Baio, vicepresidente del Comitato, ha illustrato le finalità e le modalità operative che prevedono il coinvolgimento di istituzioni, enti e associazioni interessati a perseguire i dieci obiettivi esposti nel Manifesto dei Diritti della Persona con Sindrome dell’Intestino Irritabile: un documento che pone al centro dell’attenzione la necessità di assicurare ai pazienti l’accesso a percorsi appropriati di diagnosi e cura a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

La costituzione del Comitato è stata una decisione maturata nel tempo, con l’obiettivo di offrire una risposta a una domanda spesso trascurata, come si evince da un’indagine sulla patologia condotta dal Censis, attraverso interviste su pazienti, presso i Centri di gastroenterologia su tutto il territorio nazionale. «Dolore addominale, meteorismo e gonfiore, accompagnati da stipsi e/o diarrea sono i principali sintomi che la caratterizzano», ha dichiarato Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e salute del Censis. «L’esordio della Sindrome dell’Intestino Irritabile avviene prima dei 30 anni, con incidenza maggiore tra i 20 e i 40 anni. La diagnosi spesso è tardiva perché inizialmente sottovalutata dagli stessi pazienti e perché i sintomi sono tenuti a bada in modo inadeguato con un casuale, inefficace e a volte dannoso “fai da te”. Il primo, ma spesso inefficace, intervento contro questo disturbo è la modifica del regime alimentare, al quale si affianca la tendenza a combinare più rimedi: dai prodotti naturali ai farmaci da banco a quelli prescritti dal medico. Un quadro complesso se si pensa che solo il 5 per cento dei pazienti con IBS-C (la forma caratterizzata dalla costipazione) si rivolge in prima battuta al gastroenterologo: un fatto che attribuisce al medico di medicina generale un ruolo centrale nel favorire la diagnosi della patologia e la sua possibile cura».

«Troppo spesso la persona sottovaluta i sintomi e si rivolge al medico dopo aver utilizzato per anni rimedi naturali inefficaci, che hanno contribuito a cronicizzare i sintomi», fa notare il dottor Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana dei Medici di Medicina Generale (SIMMG). «Soprattutto le donne attribuiscono i disturbi a malattie ginecologiche, quali endometriosi o dismenorrea, e adottano rimedi “fai da te”, trascurando di modificare abitudini alimentari e stile di vita, che sono fondamentali per curare la sindrome del colon irritabile. Per questo è fondamentale rivolgersi al più presto al medico che, una volta diagnosticata la malattia, escludendo altre cause come le intolleranze al glutine o al lattosio, potrà prescrivere terapie adatte per risolvere i sintomi».

Oggi sono disponibili farmaci in grado di controllare sia la stipsi (linaclotide, da poco in commercio), che la diarrea (eluxadolina, che arriverà tra breve). Ma nessuno di questi viene rimborsato dal SSN. «È importante che il Servizio Sanitario Nazionale, nel fare le proprie valutazioni, oltre a tenere nella giusta considerazione le patologie più gravi, dedichi adeguata attenzione anche a quelle malattie, come la Sindrome dell’Intestino Irritabile, che possono apparire come minori, ma che invece producono gravi ripercussioni, sia dal punto di vista personale che da quello sociale», ha commentato Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità.

La sindrome IBS-C ha infatti un impatto molto pesante sulla vita quotidiana ed è spesso causa di assenteismo dal lavoro, oltre a influenzare pesantemente la condizione psicologica del paziente. «Un sollievo importante rispetto alle forme più severe potrebbe venire dalle nuove terapie con azione mirata che agiscono contemporaneamente sui sintomi del dolore e della stipsi», ha dichiarato il professor Enrico Stefano Corazziari, Dirigente medico dell’Unità Complessa di Gastroenterologia presso il Dipartimento di medicina interna e specialità mediche dell’Università La Sapienza di Roma. «Sarebbe importante che queste terapie, almeno per i pazienti più gravi, fossero rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale, su esclusiva prescrizione dello specialista».

di Paola Trombetta

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