Come riconoscere un bambino affetto da DSA

Si chiamano DSA, disturbi specifici dell’apprendimento, e identificano la difficoltà di leggere e di decodificare in maniera corretta un testo (dislessia), di scrivere con competenza ortografica e fonografica (disortografia) con implicazioni anche sull’abilità motoria (disgrafia); di calcolo che influenza la capacità di comprendere e operare con i numeri (discalculia) in maniera veloce. «Si tratta di disturbi del neurosviluppo di origine biologica – spiega la dottoressa Stefania Calapai, Presidente dell’associazione socio sanitaria Angelo Azzurro e medico chirurgo e specialista in psichiatria – che interessano circa il 5% dei bambini in età scolare, maggiormente i maschi in un rapporto M/F di 2/3 a 1». I DSA sono disturbi che durano tutta la vita, ma che possono essere migliorati con una diagnosi precoce e trattamenti mirati e tempestivi. «Il riconoscimento dei DSA – continua la dottoressa – avviene nei primi anni della scuola primaria, con diagnosi di certezza alla fine della seconda elementare. Tuttavia si possono avere dei sintomi precursori già in età prescolare, campanelli di allarme quali ritardi o deficit del linguaggio, difficoltà nella gestione dei giochi linguistici come rime, filastrocche, ma anche nel conteggio, difficoltà con le abilità motorie fini che servono per scrivere. Si possono osservare inoltre difficoltà comportamentali, quali riluttanza nell’impegnarsi a imparare».
Non è importante solo la tempestività, occorre che vi sia accuratezza diagnostica.   «In caso di sospetto di DSA – precisa il dottor Mauro Coccia, specialista in neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e psicoterapeuta – il bambino deve essere sottoposto a test molto precisi e dettagliati che consentono di valutare in maniera qualitativa e quantitativa il tipo di disturbo da cui è affetto, e in che misura la sua abilità si discosta dalla media dei bambini di pari età. Alla valutazione attraverso test, devono però affiancarsi anche informazioni sulla storia clinica del bambino, cioè un’anamnesi che comprenda anche le fasi di sviluppo del piccolo, che possono essere raccolte da interviste con i genitori e con gli insegnanti, sia della scuola dell’infanzia che della scuola primaria». In alcuni casi, sebbene la correlazione non sia sempre la costante, i DSA possono associarsi anche a una familiarità con uno specifico disturbo “ereditato” da uno o da entrambi o genitori o perfino dei nonni o, più comunemente, associarsi anche a un disturbo del linguaggio o di coordinazione motoria già presente in generazioni precedenti. «Si parla di probabili origini genetiche ed epigenetiche dei DSA – aggiunge Coccia – ma non si conosce ancora la correlazione, né si sanno le cause di insorgenza di questi disturbi, benché sia chiara l’implicazione con le aree cerebrali responsabili del linguaggio, dell’elaborazione dei dati e che coinvolgono il neurosviluppo».

Per diagnosticare preventivamente i DSA, giocano un ruolo fondamentale i genitori, gli educatori del nido e della scuola dell’infanzia, ma soprattutto gli insegnanti della scuola primaria che già nel primo quadrimestre della prima classe elementare possono osservare difficoltà di apprendimento che vanno subito segnalate agli specialisti per attivare programmi didattici ad hoc del disturbo, fino a confermare la diagnosi di una specifica difficoltà in seconda elementare.
«Nel caso di diagnosi positiva – continua Calapai – occorre impostare tempestivamente un percorso terapeutico, che di norma prevede delle sedute di logopedia 2-3 volte a settimana, e la programmazione di un piano didattico personalizzato alle difficoltà del bambino che consenta l’applicazione di opportuni strumenti compensativi e di mirate misure dispensative, secondo quanto previsto dalla legge italiana n.° 170 dell’ottobre 2010 sui DSA». Infatti, se i DSA non sono curati bene o se l’approccio terapeutico è tardivo, si possono avere ripercussioni “educative”, come abbandono scolastico, molto più frequente tra gli adolescenti/ragazzi che ne soffrono, e dunque con tassi di istruzione post secondaria più bassi tra questa popolazione, ma anche ricadute sulla salute con un rischio aumentato di disagio psicologico e una salute mentale peggiore, rispetto a soggetti non interessati da DSA. «È confermato – puntualizza Coccia – che i bambini, e di conseguenza gli adolescenti e adulti con DSA, presentano sintomi ansioso-depressivi, hanno bassa autostima, maggiore tendenza alla frustrazione di fronte ai compiti assegnati e alle difficoltà. Al senso di inadeguatezza, si possono associare anche comportamenti di condotta antisociali, come l’utilizzo di sostanze e atti delinquenziali». Disagi tanto più possibili e evidenti se ai DSA si aggiunge anche l’ADHD, un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività che interessa il comportamento, la difficoltà a mantenere l’attenzione per un periodo sufficiente allo svolgimento di un compito e la difficoltà a controllare impulsi e movimento, con una ricaduta negativa anche sull’apprendimento. «Laddove vi è la presenza di entrambi i disturbi, cioè di DSA e ADHD – precisa Coccia – da cui non possono essere escluse altre manifestazioni concomitanti come il disturbo della comunicazione, della coordinazione motoria o dello spettro autistico, la prognosi e l’efficacia dei trattamenti è peggiore. L’approccio all’ADHD è di tipo cognitivo-comportamentale e in alcuni casi anche farmacologico, in funzione alla gravità di espressione e alla presenza di un ADHD che abbia sia la componente impulsiva e iperattiva, ossia una forma mista che è anche la più difficile da trattare e quella con prognosi peggiore».

Nella gestione dei DSA e dell’ADHD, è fondamentale il ruolo che possono svolgere le Associazioni Socio-sanitarie, come Angelo Azzurro (www.angeloazzurro.org), una Onlus sostenuta dalla Fondazione Nando e Elsa Peretti, oggi in grado di aiutare molte famiglie con scarse disponibilità economiche, offrendo possibilità ai bambini di accedere a cure, che sono lunghe e protratte nel tempo, e che richiedono équipe terapeutiche multidiscliplinari (indispensabile la collaborazione sinergica di logoterapisti, psicologi, terapeuti familiari, neuropsichiatri infantili), e dai costi elevati. «Il nostro servizio – concludono Calapai, che è anche la Presidente dell’Associazione e la dottoressa Lo Giudice, Vice Presidente – si affianca all’operato delle strutture pubbliche che hanno lunghe liste di attesa (il SSN non riesce infatti a coprire le richieste di tutta l’utenza), dando un servizio che va da una visita iniziale per l’inquadramento e la diagnosi di patologia, fino a una valutazione sia psicologica sia logopedica, utile a impostare trattamenti specifici. In particolare, attraverso il “Progetto AbilMente”, intendiamo sostenere il bambino con DSA strutturando interventi terapeutici personalizzati, con un’adeguata formazione degli insegnati e con l’ausilio di strumenti didattici adatti alle differenti modalità di apprendimento e soprattutto fornire strumenti di diagnosi precoce, insegnando a maestri e familiari come riconoscere un bambino affetto da DSA».

Per ulteriori informazioni: contattare Associazione socio-sanitaria Angelo Azzurro Onlus, Via Piave 14, 00187 Roma, da lunedì a venerdì, dalle 14.30 alle 20 allo 06/64824002 (dottoressa Stefania Calapai: 338.6757976; dottoressa Lo Giudice 338.6766174) o via mail: infoangeloazzurro@gmail.com

di Francesca Morelli

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