Nonostante le temperature rigide, continuano i viaggi della speranza per migliaia di profughi. Quasi 800 migranti, di cui 130 minori, sono sbarcati con i gommoni nei giorni scorsi a Catania e il flusso non si arresta. Sono laceri, sporchi, stremati; la tentazione è di girarsi dall’altra parte. Ma non per Regina Catrambone, imprenditrice italiana trasferitasi a Malta e suo marito Christopher. Per loro i soldi non sono tutto e hanno deciso di utilizzare il proprio yacht per il soccorso dei migranti nel Mediterraneo e nel Mar Egeo. Così hanno creato la Fondazione Moas (Migrant Offshore Aid Station), dedicata a prevenire la perdita di vite umane in mare, fornendo ricerca, soccorso, assistenza professionale alle persone che si trovano in difficoltà in alto mare.
Nei giorni scorsi, assieme a Gariwo, La Foresta dei Giusti, Regina ha raccontato la sua esperienza agli studenti milanesi, per far comprendere loro chi sono i nuovi poveri che rischiano di naufragare a milioni nell’indifferenza che porta allo sterminio silenzioso di interi popoli. «Con la mia famiglia – racconta Regina – andavamo in ferie a Lampedusa. Per me il mar Mediterraneo significa “vacanza” – per milioni di persone è la tomba. Rischiamo di diventare indifferenti, di perdere il senso di queste inutili morti che diventano solo un’immagine da scorrere e allontanare sui nostri smartphone e tablet. L’olocausto nazista contro gli Ebrei e molti altri genocidi sono successi perché il mondo ha fatto finta di niente. “Non è affar mio”. Ed è così che sono nati i lager. Migranti, bullismo, cyberbullismo – dice ai ragazzi – in ogni caso non possiamo rimanere indifferenti».
Per questo Regina e Christopher (foto a lato) hanno messo in gioco talento e risorse, per abbattere i muri dell’indifferenza. Tutto è cominciato dopo un terribile naufragio al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013. Così hanno messo a disposizione la loro nave, la Phoenix”, 40 metri, attrezzata con droni e personale specializzato, per intercettare le povere barche dei migranti in difficoltà.
Dal 2014 Moas ha contribuito al soccorso di almeno 120mila rifugiati in viaggio su imbarcazioni di fortuna. Adesso è presente anche nel Mar Egeo, tra Turchia e Grecia, e con un’altra stazione di soccorso nelle Andamane, nel Sud-est asiatico. «Quando una persona sale sulla nostra nave, tratta in salvo dalle acque – racconta Regina ai ragazzi – è come un bambino che nasce».
Quella di Regina e Christopher è la prima iniziativa umanitaria di soccorso in mare intrapresa da privati. Da imprenditori, hanno “fatto sistema” intessendo una collaborazione con Croce Rossa e Medici senza Frontiere, che presta medici e infermieri.
«Le patologie più frequenti che riscontriamo in chi intraprende le traversate in mare – spiega Regina – sono ustioni e disidratazione, perché spesso le persone non sanno che l’acqua del mare è salata, troviamo malattie croniche come diabete, malattie cardiovascolari».
Nel tempo le navi sono diventate tre e si sono aggiunte diverse altre imbarcazioni tra Mediterraneo, Golfo del Bengala e Mar Egeo, dove continua ad aumentare il numero dei profughi da Siria e Afghanistan, pronti ad affrontare un viaggio breve, ma rischioso attraverso la Turchia, verso le coste greche.
di Cristina Bertolini