Colesterolo alto: più colpite le donne

Il colesterolo alto (ipercolesterolemia) è un problema serio, soprattutto per le donne. I dati dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare (OEC) e dell’Istituto Superiore Sanità (ISS) attestano, infatti, un trend in crescita con punte di oltre il 36% di donne e del 34% circa tra gli uomini. Questi ultimi, però, si curano meglio di noi donne: quelli che raggiungono l’obiettivo terapeutico sono aumentati dal 13,5 al 24%, mentre le donne “a target” sono passate dal 9,6% al 17,2%. Preoccupa inoltre il fatto che il 40% di chi ha livelli di colesterolo fuori dalla norma non ne sia consapevole e che, dei rimanenti, solo il 24% degli uomini e il 17% delle donne è trattato efficacemente, con il pericolo di sviluppare una patologia cardiovascolare. Anche i pazienti più a rischio, per esempio quelli che hanno già avuto un infarto o un ictus, non riescono a tenere i livelli di colesterolo LDL sotto controllo: in Europa oltre il 60% dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare e l’80% di quelli a rischio molto alto sono in questa condizione. Per questo le Linee Guida Europee raccomandano di effettuare il primo screening negli uomini intorno ai 40 anni e nelle donne a 50. Una valutazione che andrebbe addirittura anticipata (a 35 nei maschi e 45 nelle femmine) nei soggetti con familiarità per ipercolesterolemia ed eventi cardiovascolari in giovane età, nei diabetici e persone con arteriopatia periferica.

«Attualmente in Italia non è previsto il dosaggio gratuito dei valori di colesterolo LDL per i pazienti affetti da dislipidemia», fa notare il professor Massimo Volpe, presidente eletto della Siprec (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare). «Un documento di consenso, emesso di recente dalla nostra Società in collaborazione con la Fondazione Cuore, propone che il dosaggio del colesterolo LDL diventi parte integrante della valutazione del rischio cardiovascolare, soprattutto nei soggetti più a rischio, e che il SSN si faccia carico del costo di questo esame. Lo studio Cholesterol Treatment Trialists (CTT) ha dimostrato che una riduzione di 40 mg/dl di colesterolo Ldl si associa a una riduzione del 20-25% delle morti per cause cardiovascolari e infarto». Il colesterolo “cattivo” è infatti il nemico numero uno delle coronarie e per questo deve essere controllato con le terapie adeguate.

«Tutti gli studi condotti fino a oggi – spiega il professor Francesco Romeo, direttore della Cattedra di Cardiologia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata – hanno dimostrato che il colesterolo LDL ossidato, che misuriamo nel sangue come colesterolo “cattivo”, determina la formazione della placca aterosclerotica nelle coronarie, responsabile di infarti e ictus. Rischi e conseguenze che possono essere prevenute o limitate con il corretto approccio farmacologico (associato a un risparmio sui costi di assistenza), oggi possibile anche nei casi più difficili o refrattari ai trattamenti».  «Fra questi si annoverano persone che hanno già subito un infarto – aggiunge il professor Enzo Manzato, ordinario di Medicina Interna all’Università di Padova e Presidente SISA (Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi) – pazienti con diabete, con ipercolesterolemia familiare, con dislipidemia mista, che non riescono a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo LDL nonostante la terapia o che non rispondono alle statine». Le spese in Italia ammontano a 1,14 miliardi di euro annui fra ospedalizzazioni, farmaci, prestazioni specialistiche (esami di laboratorio, elettrocardiogramma, ecografia toracica/cardiaca, elettrocardiogramma sotto sforzo, ecodoppler), a cui si aggiungono i costi associati alla gestione di eventuali disabilità.

I dati italiani del “Progetto Cuore” dimostrano che l’80% degli eventi cardiovascolari si verificano in persone con un rischio a dieci anni inferiore al 20%, ovvero considerati a rischio medio-basso. Per questo è fondamentale la diagnosi precoce, ma anche una terapia mirata assunta subito dopo la diagnosi o un evento cardiovascolare. I farmaci ancora oggi più utilizzati sono le statine, che riducono la sintesi del colesterolo a livello epatico. Ed ezetimibe che ne blocca l’assorbimento a livello intestinale. Una nuova soluzione terapeutica si prospetta con il nuovo farmaco evolucumab, un anticorpo monoclonale (il primo in ambito cardiologico) che contrasta l’attività della proteina PCSK9, aumentando la capacità del fegato di eliminare il colesterolo LDL dal sangue. Approvato da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) in regime di rimborsabilità, evolucumab, anche nei casi difficili o più a rischio, in associazione a statine e/o ezetimibe, sarebbe in grado di ridurre il “colesterolo cattivo” fino al 75%. Senza grosso impegno terapeutico e con facilità di impiego: da una a tre iniezioni sottocute, autosomministrate dal paziente attraverso una penna pre-riempita monouso, ogni due settimane o una sola volta al mese, secondo le indicazioni del medico  e i livelli di colesterolo LDL. Evolucumab avrebbe anche un valore aggiunto: sembrerebbe in grado di far regredire la placca aterosclerotica e ridurre il rischio di eventi quali morte cardiovascolare, ictus, infarto, ospedalizzazione per angina instabile o rivascolarizzazione coronarica, anche in pazienti con malattia vascolare clinicamente evidente. Come dimostrano i risultati dello studio FOURIER (Further Cardiovascular Outcomes Research with PCSK9 Inhibition in Subjects with Elevated Risk), che saranno presentati nei prossimi giorni all’American College of Cardiology di Washington.

Lo studio è stato condotto in 49 paesi del mondo e 1287 centri, su 27mila tra uomini e donne, nella fascia d’età tra i 40 e gli 85 anni, affetti da infarto del miocardio, ictus non emorragico o arteriopatia periferica, in cui era impossibile controllare efficacemente i livelli di colesterolo cattivo. I pazienti sono stati divisi in due gruppi, metà sottoposti alla sola terapia con statine e l’altra metà a evolucumab più statine, con esiti positivi per questi ultimi. «Abbiamo dimostrato – ha precisato ancora Manzato – che l’abbassamento dei livelli di colesterolo con evolucumab produce anche una diminuzione degli eventi cardiovascolari mortali e non, rappresentando una svolta nella prevenzione secondaria di pazienti con pregressi eventi cardio e cerebrovascolari».

Per chi volesse conoscere il proprio rischio cardiovascolare e/o i livelli di (iper)colesterolemia, e quindi prevenirli, l’invito è di partecipare alla campagna nazionale itinerante “Truck Tour Banca del Cuore”, promossa dalla Fondazione “Per il tuo cuore” Onlus di ANMCO (Associazione Nazionale Cardiologi Ospedalieri). «Grazie a un jumbo truck – conclude il dottor Massimo Gulizia, direttore dell’Unità Complessa di Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima di Catania e Past President nazionale ANMCO – arriveremo in almeno 30 città italiane e nel corso di tre giorni offriremo la possibilità di uno screening gratuito di prevenzione cardiovascolare, consegnando al termine della visita la BancomHeart, una tessera che riporta di dati personali e cardiovascolari, e sette opuscoli realizzati dalla fondazione “Per il tuo cuore” Onlus sulla prevenzione cardiovascolare».

Per conoscere l’iniziativa e salvare il proprio cuore da rischi evitabili o controllabili: www.bancadelcuore.it.

di Paola Trombetta e Francesca Morelli

 

Dalla natura, una coppia di rimedi contro i valori di LDL

Sono due composti naturali, la cui associazione è in grado di ridurre fino al 30% il colesterolo “cattivo”. Si tratta di un probiotico (Bifidobacterium longum BB536) e di un nutraceutico, estratto dal riso rosso fermentato (Monacolina K 10 mg). Lo studio dell’efficacia di questi due composti è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano e dell’Ospedale Niguarda, coordinati dal professor Paolo Magni e verrà presentato in aprile a Praga, al Congresso della Società Europea dell’Aterosclerosi. «La sperimentazione clinica è stata condotta con rigorosa metodologia scientifica su un gruppo di pazienti con ipercolesterolemia moderata, trattati per 12 settimane con questo composto oppure con placebo», spiega lo stesso Paolo Magni, docente di Patologia clinica al Dipartimento di Scienze farmacologiche dell’Università di Milano. «Il risultato è stato sorprendente e ha dimostrato una riduzione dei valori di colesterolo LDL del 27%, quasi sovrapponibile ad alcune terapie farmacologiche. Questa associazione, che include oltre al Bifidobacterium longum e alla Monacolina K, anche coenzima Q 10 e vitamina PP, si avvale di meccanismi d’azione diversi e sinergici, con una doppia azione: inibire l’azione del colesterolo a livello del fegato (svolta soprattutto dalla Monacolina K); ridurre l’assorbimento intestinale del colesterolo proveniente dai sali biliari (azione svolta dal Bifidobacterium longum che colonizza l’intestino tenue e idrolizza i sali biliari, riducendo l’assorbimento del colesterolo)».  P.T.

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