Il 10 maggio 2012 il Parlamento Europeo dichiarava il suo sostegno all’istituzione di una Giornata europea in memoria dei Giusti, che ricorre il 6 marzo di ogni anno, per ricordare coloro che si sono opposti con responsabilità individuale ai crimini contro l’umanità e ai totalitarismi. E oggi Milena Santerini, presidente dell’Alleanza parlamentare contro odio e razzismo del Consiglio d’Europa e deputato nelle fila di Democrazia Solidale nel Parlamento italiano, è promotrice di una proposta di legge, perché anche il nostro Paese, dal cui invito è nata l’iniziativa, istituisca la Giornata in memoria dei Giusti dell’umanità: coloro che, nel corso della storia, si sono distinti per avere avuto la forza di difendere i diritti umani e l’amore per la verità, anche nelle circostanze più difficili e disumane, sapendo contrastare con coraggio le ingiustizie”.
Onorevole, che senso ha istituire un’altra giornata commemorativa: non è in concorrenza con quelle già esistenti?
«No, affatto. La memoria del bene è un vaccino contro la retorica. Soprattutto nel nostro tempo, si avverte il rifiuto del male. Da un lato è necessario farsi carico della memoria delle vittime, ma i giovani vanno anche aiutati a cercare il bene e a trovare esempi positivi: ecco perché diventa importante ricordare i Giusti, quelli che in ogni tempo, sono “contro corrente”».
Quali sono i tempi e i prossimi passaggi necessari per l’approvazione della legge?
«Il progetto di legge è stato presentato nel 2014. Da mesi stavamo aspettando la calendarizzazione della legge nella Commissione Affari Costituzionali. Il provvedimento ha raccolto molti consensi, è stato firmato da deputati di tutti i partiti politici; tuttavia è stato faticoso trovare uno spazio nel lavoro della Commissione, a causa del grande numero di provvedimenti in programma, tra cui la Riforma elettorale. Si tratta di una legge senza oneri per lo Stato e che gode di ampio consenso. Certo, se fosse stata calendarizzata dalla Commissione Esteri, forse sarebbe stato più facile».
L’Europa sta attraversando un periodo di crisi di identità fra Brexit e spinte secessioniste. La Giornata dei giusti può essere stimolo di unità?
«Sicuramente. E’ un modo per far capire, soprattutto ai giovani, che esiste una memoria europea condivisa che è un delitto perdere e che ci unisce profondamente. Ricordare chi ha messo in pericolo e ha speso la propria vita per salvare vittime dei crimini contro l’Umanità, è un antidoto contro l’indifferenza che alimenta i populismi che a loro volta iniettano sfiducia nel “diverso”».
Quale contributo può dare la Giornata dei giusti contro i genocidi?
«Occorre spiegare i meccanismi attraverso i quali persone “normali” possono partecipare ignari, a fenomeni di crudeltà di massa, promossi e innescati da singoli personaggi politici . Fondamentale il lavoro svolto nelle scuole, spiegando ai ragazzi come le vittime vengono spersonalizzate e rese invisibili: gli ebrei un tempo, i profughi che sbarcano sporchi e laceri oggi. Si crea distanza e indifferenza all’interno delle quali trovano terreno fertile la paura del “diverso” che porta alla violenza e ai genocidi. La Giornata europea dei Giusti è fortemente sostenuta da Gariwo, la Foresta dei giusti. Secondo il presidente Gabriele Nissim la pluralità delle memorie non è un limite, ma una ricchezza, perché trasmette la complessità della storia umana. Diventa controproducente quando si innesta una corsa alla gerarchia delle sofferenze, come se un dolore fosse più importante di un altro. Giornata dei Giusti può essere un antidoto alla separatezza tra le memorie, un collante tra le varie Giornate».
Qual è l’aspetto che può veramente unire?
«Ciò che può unire e creare un gusto per la comparazione è il valore comune del bene e della responsabilità. Le storie di uomini che in situazioni diverse sono andati in soccorso di altri uomini, possono aiutare a ricomporre l’orizzonte delle memorie. L’esempio dei Giusti permette, più di ogni altra cosa, di ricucire la condizione comune degli esseri umani. Il messaggio è infatti fortissimo: in ogni situazione è sempre possibile assumersi una responsabilità. Ecco ciò che può unire ebrei, armeni, rwandesi, vittime della mafia e del terrorismo. Le situazioni sono diverse, ma l’uomo ha sempre dentro di sé una potenzialità nascosta per ergersi contro il male».
di Cristina Bertolini