«Martina aveva 18 anni quando si è rivolta a me con una forma di eczema molto grave su viso e corpo, e con un prurito insopportabile. La diagnosi è stata immediata: si trattava di dermatite atopica, comunemente conosciuta come eczema, che aveva tra l’altro colpito anche il fratello. Questa malattia ha condizionato molto la sua vita: ha smesso di andare in piscina e in ufficio, ha dovuto addirittura farsi installare un condizionatore particolare per evitare che aumentasse il tasso di umidità nell’ambiente. In questi sette anni, ho provato con lei diversi trattamenti: dalla ciclosporina, al methotrexate e ora siamo in attesa di provare un nuovo farmaco biologico, che sembra essere particolarmente promettente». Così Giampiero Girolomoni, professore ordinario di Dermatologia all’Università di Verona, ricorda il caso di questa sua paziente, una delle tante affette da una malattia che colpisce il 2-5% della popolazione. «È considerata una malattia della pelle, ma in realtà è una patologia complessa, che va “ben oltre la pelle”», conferma lo stesso professore. «La dermatite atopica è infatti una patologia infiammatoria cronica, di origine autoimmune che colpisce soprattutto il viso e il corpo. Più conosciuta nella sua forma pediatrica (il 20% sono bambini), in realtà può comparire anche in età adulta (30-35 anni). In particolare nella forma grave, è fondamentale andare oltre il trattamento cutaneo per agire su un impatto sistemico. In questo filone si inseriscono i nuovi farmaci biologici che bloccano la produzione di interleuchine (in particolare la 4 e la 16) che provocano la reazione infiammatoria e allergica».
Da un’indagine realizzata da Sanofi Genzyme, con l’agenzia Stethos, risulta che i pazienti adulti con dermatite atopica, afferenti ai centri specialistici di dermatologia, sono oltre 35.500, di cui 7.721 presentano la malattia nella sua forma grave. «La dermatite atopica è una patologia multifattoriale con una componente genetica, originata da fattori immunologici e non», prosegue Girolomoni. «Negli adulti compare solitamente intorno ai 30 anni e si manifesta con una tipica dermatite eczematosa (pelle arrossata, essudante e desquamante) sulle zone del collo, décolleté, retro delle ginocchia, piedi, ma anche in aree molto visibili come il viso e il cuoio capelluto, le mani e gli avambracci. È accompagnata da prurito intenso, talvolta incontrollabile. Soprattutto nei casi gravi, la qualità di vita dei pazienti risulta fortemente compromessa. Oltre ai ricorrenti problemi di insonnia dovuti al prurito, sono diverse le attenzioni e le rinunce che il paziente mette in atto nella sua vita quotidiana: in ciò che indossa, nelle sostanze con cui entra in contatto e a cui si espone».
Sul fronte psicologico i soggetti più gravi sono affetti da stress, frustrazione, senso di discriminazione e sfiducia in se stessi. Gli effetti più ricorrenti sono imbarazzo e disagio nei confronti del prossimo che possono sfociare in paura del confronto e del giudizio dell’altro.
«Abbiamo numerose evidenze dell’impatto psico-emotivo della dermatite atopica grave a carico del paziente e dei conseguenti costi sociali», precisa Annalisa Patrizi, professore ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venerologia, e della Dermatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola. «Inoltre, il prurito continuo e incontrollabile incide fortemente sui livelli di stress e sulla perdita di sonno, con ripercussioni sull’efficienza, la produttività e la presenza sul lavoro. Tutte limitazioni che toccano anche la sfera relazionale e sociale, generando un forte disagio nel contatto con gli altri, fino a giungere a un diffuso senso di frustrazione e discriminazione. Molti interrompono l’attività fisica perché il sudore irrita e peggiora il prurito. In molti casi si evidenzia una correlazione con episodi di asma e congiuntivite. Lo scenario terapeutico attuale per la cura della dermatite atopica offre soluzioni topiche emollienti che intervengono sul prurito e sulla gestione della secchezza cutanea, terapie con costi spesso a carico del paziente. Molti pazienti si “autocurano” con il cortisone topico, da cui rischiano di diventano dipendenti, aumentando sempre più i dosaggi. Le terapie utilizzate per le forme più severe (ciclosporina, methotrexate) non sono prive di effetti collaterali e richiedono perciò un monitoraggio periodico e una sospensione dopo diversi mesi di trattamento. Sono in arrivo molecole promettenti per uso sistemico, che garantiscono una maggiore efficacia e sicurezza».
Tra le novità presentate al congresso annuale dell’American Academy of Dermatology, conclusosi di recente a Orlando, ci sono i risultati dello Studio di fase 3 CHRONOS, condotto sul farmaco sperimentale dupilumab. Lo studio, della durata di un anno, ha mostrato come i pazienti adulti con dermatite atopica da moderata-grave non adeguatamente controllata, trattati con il farmaco sperimentale dupilumab associato a corticosteroidi topici, abbiano ottenuto un significativo miglioramento della malattia rispetto all’utilizzo dei soli corticosteroidi topici, in termini soprattutto di riduzione delle lesioni cutanee, della gravità complessiva della malattia e della riduzione del prurito, con ricadute positive dirette sulla qualità di vita.
di Paola Trombetta