È la storia di chi la solidarietà ce l’ha nel sangue quella di Cecilia Strada, presidente di Emergency, figlia di Gino Strada e di Teresa Sarti (cofondatrice della Ong), ora presidente della Ong, dove continua l’opera dei genitori.
Lo scorso 3 febbraio Gino Strada è stato insignito del premio Sunhak per la pace 2017, a Seul, a cura della Universal Peace Federation. Si tratta di un premio in denaro di 500mila dollari (con una medaglia e una targa) per aver fornito assistenza medica di emergenza a rifugiati in Africa, Medio Oriente e Afghanistan. I fondi verranno utilizzati nei nuovi progetti di Emergency (vedi box).
All’indomani degli attentati alle Chiese Copte del Cairo e di quello a Stoccolma, non avete paura di restare vittime di atti di violenza? Dopo tutto siete portatori della cultura occidentale…
«Noi portiamo la medicina e i diritti umani. Curiamo tutti, facciamo lavorare personale locale, anche femminile. In Afghanistan siamo entrati nel tessuto sociale. Non possiamo accettare di curare o far lavorare solo gli uomini. Noi chiediamo e se non dovessero permetterci di lavorare, andremmo altrove. Certo l’invasato può capitare, sappiamo di fare un lavoro in zone pericolose, ma siamo in Afghanistan dal 1999 e vediamo che la cultura comincia un po’ a cambiare, anche se sono sempre di più le vittime della guerra e il cambiamento radicale sarebbe la pace, la possibilità di uscire al mattino ed essere sicuri di tornare a casa alla sera».
Cecilia è mamma di tre bambini. Come concilia la sua attività, i viaggi e le missioni internazionali con la cura della sua famiglia?
«Con fatica, come tutte le donne che lavorano. Per fortuna ho un marito che si occupa dei figli e una famiglia allargata che mi sostiene. Durante le gravidanze ho lavorato fino a pochi giorni prima di partorire e sono tornata al lavoro dopo poche settimane».
Non teme il confronto o la critica rispetto a suo padre?
«Il rischio del confronto c’è sempre; ci sarà sempre qualcuno che dice: “non hai i titoli”, ma non ambisco a essere come i miei genitori. Nella nostra organizzazione lavoriamo insieme con fiducia e le accuse di nepotismo mi interessano poco. Ho chiesto spesso se qualcuno volesse sedere sulla mia poltrona… ma non ho trovato candidati!».
Come influisce la sua formazione di sociologa nell’opera di Emergency?
«Sono molto interessata all’impatto sociale di Emergency, il nostro è un modello: proponiamo una società fondata sui diritti, costruendo ospedali, assumendo personale locale e formandolo, perché sia in grado di proseguire anche qualora non ci fossimo più noi. Contribuiamo a creare un’economia sana e pari opportunità, offrendo occasioni di lavoro e stipendi a chi lavora, preferibilmente donne, disabili, invalidi; creiamo strutture accoglienti anche dal punto di vista estetico».
Soddisfazioni e delusioni del suo lavoro?
«Le soddisfazioni arrivano quando riesci a fare la differenza. Con il nuovo centro maternità in Afghanistan aiutiamo a far nascere 20 bambini al giorno. Lo sconforto ti prende quando, malgrado gli sforzi, non ce la fai: quando i feriti sono troppo gravi e non riesci a curarli; quando muoiono le persone per malattie prevenibili o per mancanza di antibiotici; o quando dimettiamo i pazienti. In Afghanistan il paese non è adeguato a ricevere altri disabili e mutilati».
di Cristina Bertolini
I nuovi progetti di Emergency
All’inizio di febbraio 2017 l’ente umanitario ha iniziato i lavori per il Centro di eccellenza in chirurgia pediatrica ad Entebbe, sulle rive del LagoVittoria, a 35 km dalla capitale ugandese Kampala. Offrirà cure gratuite e sarà un centro di riferimento per i pazienti ugandesi e per bambini con necessità chirurgiche provenienti da tutta l’Africa. Obiettivo: contribuire alla riduzione della mortalità infantile in Uganda e nei paesi limitrofi. Il Governo ugandese ha donato il lotto di terreno dove sarà costruito il Centro chirurgico: “Renzo Piano Building Workshop” ha disegnato l’ospedale in collaborazione con lo studio Tamassociati, con la progettazione strutturale di Milan ingegneria e la progettazione impiantistica di Prisma engineering.
L’ospedale avrà 3 sale operatorie e 78 posti letto, e sarà anche un centro di formazione per giovani medici e infermieri provenienti dall’Uganda e dai paesi circostanti.
Poco prima, l’8 dicembre 2016, è stato inaugurato il nuovo Centro di maternità di Anabah, in Afghanistan. Emergency aveva già una struttura analoga sul posto, ma è stato necessario ampliarla. Con circa 500 parti al mese, il Centro stava diventando troppo piccolo per far fronte alle necessità della popolazione. Per questo, a settembre 2015, sono stati avviati i lavori del nuovo blocco che ospita quattro sale parto, due sale operatorie, una terapia intensiva e una sub-intensiva neonatali, una terapia intensiva per le donne che hanno avuto complicazioni durante il parto, un ambulatorio, un reparto di ginecologia, un’area per i follow-up e una per il travaglio.
Il nuovo Centro Maternità è dedicato a Valeria Solesin, uccisa nell’attentato al Bataclan di Parigi il 13 novembre 2015.
C.B.