Il 17 maggio si è celebrata la Giornata Internazionale contro l’Omofobia, una ricorrenza promossa dall’Unione Europea nel 2007, che ci ricorda l’eliminazione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Era il 1973. E il mondo (un po’) cambiò. Ne parliamo con Francesca Vecchioni – figlia del cantautore Roberto – 41 anni, omosessuale, madre felice di due gemelle, Nina e Cloe – che oggi hanno 7 anni – avute grazie alla fecondazione eterologa fatta in Olanda, durante l’unione oggi finita con la sua compagna Alessandra. È fondatrice e presidente di Diversity, un’associazione impegnata a sradicare dalla società italiana i pregiudizi e le discriminazioni. E il 29 maggio a Milano, all’Unicredit Pavilion di Milano, Francesca Vecchioni presenterà i vincitori della seconda edizione del Diversity Media Awards, il primo riconoscimento europeo che premia i personaggi e i migliori contenuti media (tv, radio, web, cinema, pubblicità, stampa, tg) che nel 2016 hanno contribuito a una rappresentazione valorizzante delle persone e delle tematiche LGBTI. Alcune delle 36 nomination: Maria De Filippi, Luciana Littizzetto, Jovanotti, Rachele Bruni, J-AX, Roberto Mancini, Michele Bravi, Zerocalcare, Italia’s Got Talent, Un medico in famiglia, Gomorra, Un posto al sole, Perfetti sconosciuti, Uomini e donne.
Perché è stato importante celebrare questa giornata?
«L’omofobia esiste e occorre prestare estrema attenzione a non sottovalutare il fenomeno strisciante, in una società incapace di accettare il “diverso”, e la cronaca continua a dimostrarcelo: penso ai violenti insulti omofobi ricevuti dalla Squadra delle Giovanissime (ragazzine tra i 13 e i 15 anni) del Torino calcio femminile, costretta a ritirarsi da un torneo di categoria. Per questo, nella giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia, bisogna riaffermare la necessità di un impegno culturale, ma anche di efficaci deterrenti. L’omosessualità è un modo di essere, ciascuno è libero e degno di poter vivere la propria sessualità e, conseguentemente, di amare nel modo più rispondente all’intima percezione di sé. Non si comprende che le violenze, in ogni loro forma, sono un’offesa alla libertà di tutti».
Dopo l’ok del Parlamento nel 2013, la legge è ancora ferma in Senato. Cosa pensa di questo stand by?
«La politica è solo lo specchio della società dove discriminazione e pregiudizio contro gli omosessuali sono ancora fortemente radicati. Una legge contro l’omofobia limiterebbe, dicono alcuni, la libera manifestazione del pensiero. Il diritto d’opinione è sacrosanto, ma l’offesa e la discriminazione non sono un’opinione! Calunniare non è esprimere un libero pensiero! L’omofobia non può essere combattuta solo con le sanzioni penali, ma il diritto di milioni di pacifici cittadini di vivere nella dignità e nella libertà deve essere difeso con rigore, anche dalla legge. La norma, da sola non sarà certo sufficiente. Ma intanto colmerà un vuoto legislativo che pesa».
In Italia l’estensione del diritto a essere genitori alle coppie omosessuali è una questione tutta aperta. La “stepchild adoption” non è infatti contemplata nella legge sulle Unioni Civili.
«Non si tratta di togliere nulla a nessuno, ma di aggiungere. Aggiungere diritti e doveri a chi non ce li ha. Sempre nell’interesse dei più deboli: i bambini. Che vanno tutelati e che invece, in assenza di leggi, ci rimettono un genitore. Due uomini o due donne possono essere due genitori meravigliosi: non lo dico io, lo dicono gli studi che confermano come la capacità genitoriale prescinda dall’orientamento sessuale. Non è che senza una legge si elimina il problema!».
La recente sentenza del Tribunale di Roma ha però riconosciuto a due mamme la possibilità di essere entrambe genitori della figlia avuta con la fecondazione eterologa.
«A quanto pare, negli ultimi tempi, le buone notizie arrivano dalle aule dei tribunali. Ma si è dovuto ricorrere ad avvocati e magistrati per veder riconosciuto un diritto fondamentale! E in assenza di una legge chiara si sta creando una situazione a macchia di leopardo: in alcuni tribunali non è mai stata emessa alcuna sentenza».
Lei è madre felice di due gemelle, che oggi hanno 7 anni, avute grazie alla fecondazione eterologa fatta in Olanda durante l’unione oggi finita con la sua compagna Alessandra…
«Come accade in tutte le coppie, etero e omosessuali, non sempre le storie si chiudono bene. Il rapporto genitoriale è una cosa, il rapporto di coppia è un’altra. Siamo come una normale coppia separata con figli, solo che Alessandra non ha titolo né diritti o doveri rispetto alle nostre figlie. Per il nostro Stato io sono una madre single, e Alessandra è un’estranea per le bambine e non, come è, mamma Alessandra. Non si può eliminare un genitore, soltanto perché lo Stato non lo riconosce. Perché non dobbiamo avere diritti e doveri come tutti? Ed è ora di smettere di connotare gli individui attraverso gli orientamenti sessuali, almeno quando parliamo dei diritti fondamentali».
Le principali attività di Diversity sono la divulgazione e la formazione…
«Ricerca, formazione, monitoraggio sono le principali attività, svolte in collaborazione con un’ampia gamma di partner, tra cui università, istituti di ricerca, scuole, enti locali, aziende e società, organizzazioni non governative nazionali e internazionali. Sono convinta che la conoscenza sia fondamentale per superare i pregiudizi e le discriminazioni. Siamo tutti “diversi” da qualcun altro e prima o poi siamo tutti minoranza in qualche misura».
Qual è il ruolo dei mass media?
«Ancora oggi la possibilità di un genitore di immaginare un futuro felice per il figlio che fa coming out dipende moltissimo da come i mezzi di comunicazione raccontano l’omosessualità o la transessualità. Ecco perché abbiamo creato il nostro osservatorio: vogliamo richiamare i media alle loro responsabilità, perché un po’ per pigrizia un po’ per ignoranza, in molti casi si propagandano – anche in buona fede – pregiudizi dannosi. Garantire un’informazione corretta è fondamentale per agire in modo positivo su un immaginario collettivo che con la conoscenza potrebbe superare pregiudizi e paure. Per questo Diversity progetta e realizza programmi formativi dedicati principalmente al mondo della scuola, per dire ai bulli, ai professori e ai genitori che essere gay lesbiche non è qualcosa da respingere, osteggiare, dileggiare».
Il suo coming out l’ha fatto nel 2012, quando su Oggi svelò la sua storia d’amore. Ha poi scritto un libro (nel 2015) in cui racconta la sua vita e la sua omosessualità. Il titolo, T’innamorerai senza pensare, è una frase di una canzone – Figlia – che suo padre Roberto Vecchioni le ha dedicato quand’è nata. Come affrontò i suoi genitori?
«Ero tesissima, avevo paura che le loro perplessità mi avrebbero messa in crisi. Mia madre però l’aveva già capito. Mio padre un giorno è venuto a chiedermi perché non stavo raccontando i miei sentimenti, perché non mi aprissi con lui: e ha fatto molto bene a tirarmelo fuori. “Stai con un uomo più grande di te? Sposato? Non lo puoi vedere, sta in galera?” Io allora ho detto “No, no, sto con una donna”. Mi ha guardato e mi ha detto “Ma vai a quel paese, chissà a cosa stavo pensando!” ».
Un consiglio da dare a un ragazzo e a una ragazza gay?
«La questione dello svelare se stessi ai genitori è uno dei momenti più importanti nella vita. Arriva come tappa di un percorso della presa di coscienza della propria omosessualità, dell’accettazione e infine della libertà di viverla senza nasconderla. E’ delicato perché in un mondo segnato storicamente, per fortuna sempre meno, dallo stigma nei confronti delle persone omosessuali, non è sempre sicura una risposta di accoglienza o anche di normale presa d’atto di questa realtà. Non sentirsi accettati, può provocare dolore, disagio e rabbia. Abbiamo la paura di tradire la loro aspettativa. Ma quando non si riesce a dire chi si è, poi ci si allontana dai genitori. Io penso che sia sempre bene fare coming out, ma penso anche che ciascuno abbia il suo tempo, il suo momento e la sua storia. Ai figli e alle figlie dico: abbiate pazienza. Probabilmente la prima reazione non sarà quella che desiderate. Con il tempo poi anche i genitori più “conservatori” accettano l’omosessualità dei figli. Hanno solo bisogno di tempo per metabolizzare».
E ai genitori?
«Ricordatevi che vostro figlio o vostra figlia, dichiarando il proprio orientamento sessuale, vi fa un grande dono di fiducia e di amore. Siatene fieri. E non preoccupatevi. Può essere felice esattamente come chiunque altro».
di Cristina Tirinzoni