Nuove prospettive di cura per l’ipoparatiroidismo

«Tutto è iniziato quando avevo 20 anni, con ripetuti strappi muscolari. All’epoca andavo tre volte a settimana a cavallo e i medici attribuivano la causa a questo sport e hanno sempre sottovalutato il problema. Ma, dopo la laurea a 25 anni, ho iniziato ad avvertire formicolii e crampi ripetuti. E poi, dopo un’eccessiva somministrazione di vitamina D, prescritta dal medico di famiglia, ho avuto un’emiparesi, con ricovero urgente al Pronto Soccorso. Inizialmente i medici hanno pensato a un tumore al cervello, smentito per fortuna dalla TAC. Poi hanno ipotizzato la Sclerosi Multipla, non confermata dalla Risonanza Magnetica. E infine, mi hanno consigliato una visita psichiatrica. Da ottobre 2015 ad aprile 2016 ho peregrinato tra ospedali e specialisti di ogni genere. Fino ad incontrare la professoressa Maria Luisa Brandi, della Fondazione FIRMO (Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso) che, dopo un’attenta valutazione dei parametri del calcio, della vitamina D e del paratormone, aveva individuato la diagnosi: si trattava di ipoparatiroidismo, una malattia che altera il metabolismo del calcio negli organi. Con una cura adeguata oggi sto meglio e riesco finalmente a condurre una vita normale». Così Cristina Galligani, della provincia di Massa Carrara, racconta la sua odissea. E proprio per incoraggiare e indirizzare i pazienti nelle sue stesse condizioni, è stata di recente nominata presidente dell’Associazione per i Pazienti con Ipoparatiroidismo (APPI), www.associazioneappi.it, che ha di recente promosso la prima Giornata Mondiale dedicata a questa malattia.

Con la consulenza della professoressa Maria Luisa Brandi, docente di Malattie del Metabolismo Minerale Osseo dell’Università di Firenze e presidente di FIRMO, cerchiamo di capire cos’è questa malattia e come si può curare.
«È una patologia endocrina, causata dall’assenza o carenza di paratormone, ormone prodotto dalle ghiandole paratiroidi, situate in prossimità della tiroide. Questo ormone, in particolare, regola i livelli di calcemia, stimolando il riassorbimento osseo e renale e, indirettamente attraverso la vitamina D, l’assorbimento intestinale di calcio. Se manca, i livelli circolanti di calcio e fosfato sono anomali e facilmente si depositano, come fosfato calcico, a livello dei reni, dei vasi sanguigni, dei muscoli, ma anche del sistema nervoso centrale».

Quali disturbi può provocare?
«Se il calcio nel sangue si abbassa, possono insorgere crampi, parestesie, fino a contrazioni degli arti e di altre parti del corpo che, nei casi più gravi, sono simili a una crisi tetanica. Ma la ipocalcemia provoca anche sintomi neuropsichici, come depressione, riduzione delle capacità cognitive, che possono interferire anche con le normali relazioni sociali».

Quali le cause di questa malattia?
«Nei casi di ipoparatiroidismo primario, si può riscontrare un’alterazione funzionale delle paratiroidi, legata a probabili mutazioni genetiche che riguardano i meccanismi di metabolismo del calcio. Si tratta di forme molto rare che interessano un caso su 100 mila. Le forme più frequenti sono quelle secondarie, derivate da malattie autoimmuni o da asportazione chirurgica della tiroide, in presenza di carcinoma, tanto che dal 2 al 10% dei pazienti, soprattutto donne, che subiscono tiroidectomia avranno, come conseguenza indesiderata, un ipoparatiroidismo».

Ci sono efficaci possibilità di cura?
«Finora questa patologia viene curata con la somministrazione giornaliera  di calcio e metaboliti attivi della vitamina D, per compensare la carenza di questi composti nel circolo sanguigno e ridurne l’accumulo negli organi e apparati. E’ appena stato approvato dall’EMA un prodotto, il PTH, ottenuto con una tecnologia ricombinante, che contiene 84 aminoacidi e stimola direttamente il recettore del paratormone. In Italia verrà utilizzato solo per certi pazienti particolarmente gravi. Oggi viene somministrato negli Stati Uniti, dove è disponibile da oltre un anno, ai dosaggi massimi di 100 microgrammi. Sono disponibili anche dosi da 25-50-75-100 microgrammi per rispondere meglio alle esigenze del singolo paziente. Questa nuova terapia si affiancherà alla somministrazione di calcio e vitamina D, i cui dosaggi verranno ridotti o addirittura cancellati. A livello europeo il nuovo farmaco è a carico del Servizio Sanitario, in base a un protocollo che riconosce come aventi diritto alla terapia coloro che non rispondono adeguatamente ai farmaci standard, sulla base di quanto indicato dalle Linee guida internazionali».

di Paola Trombetta

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