Una donna come tante altre: giornalista, madre di tre figli, attenta alla prevenzione con controlli periodici ogni anno. Due anni fa, la scoperta: un tumore al seno “brutto”, infiltrante, vascolarizzato, multifocale, tale da richiedere una mastectomia. Immediata, sei giorni dopo, la diagnosi. Eppure Rosalba Reggio, oggi in terapia, come pure nei prossimi 8 anni, racconta con serenità la sua esperienza con il tumore al seno. «Ho deciso di raccontare la mia storia – spiega – per rassicurare tutte le donne, colpite da questa malattia, e infondere in loro la sicurezza che abbiamo la capacità di superare questa difficoltà, ben superiore a quanto immaginiamo. Oggi posso dire che ho vissuto e vivo il tumore come un’esperienza positiva, da cui ho appreso molto: mi ha fatto aprire gli occhi su alcuni aspetti della vita che vedevo senza guardarli. E sono orgogliosa della mia “reazione”: il tumore resta una prova difficile, ma credo di averlo affrontato con lucidità e nel modo più sereno possibile. Grazie anche alla ricerca e all’ambiente che mi ha avvolto con sensibilità e attenzione, nel corso della malattia. Per questo vorrei ribadire l’importanza di un impegno sinergico fra ricerca, istituzioni, associazioni e popolazione, perché se tutti condividessimo e fossimo solidali nella lotta al tumore, della mammella in particolare, forse potremmo regalare a tutte un futuro più ricco di opportunità di cura e di qualità di vita».
Una speranza anche per le 50 mila donne che, nel 2017, saranno colpite da un tumore del seno, ma soprattutto per le 12 mila che ogni anno sviluppano metastasi da questo tumore. Con un obiettivo: passare dall’87% di sopravvivenza, a 5 anni dalla diagnosi, al 100%, evitando cioè che la malattia possa estendersi ad altri organi. Come conferma la dottoressa Lucia Del Mastro, ricercatrice AIRC (Associazione Ricerca sul Cancro) e Coordinatrice della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, che abbiamo intervistato in occasione della presentazione a Milano della Breast Cancer Campaign, promossa da The Estée Lauder Companies Italia, insieme ad AIRC, nel 25° anniversario del Nastro Rosa, nato nel 1992 per volontà di Evelyn H. Lauder, e diventato nel mondo simbolo della lotta al tumore del seno. E per raggiungere questo traguardo, AIRC nel 2017 ha destinato oltre 10 milioni di euro al finanziamento di 66 progetti di ricerca e 20 borse di studio sul tumore del seno.
Dottoressa Del Mastro, quanto è importante puntare alla cura del 13% di donne con tumore metastatico?
«È fondamentale, perché significa ridurre l’incidenza di 12 mila nuovi casi “metastatici” che si registrano ogni anno in Italia. Attualmente sono circa 36 mila le donne con tumore metastatico e questo numero evidenzia l’impegno di ricercatori e di chi sostiene la ricerca e deve concentrarsi proprio sul quel 13% di donne che manca per raggiungere il 100% di sopravvivenza. Una percentuale apparentemente piccola, ma in realtà molto elevata se paragonata all’incidenza, sensibilmente inferiore, di altri tumori femminili come quello del collo dell’utero (2.300 nuovi casi nel 2017) e dell’ovaio (5.200 nuovi casi nel 2017)».
Quali passi avanti sono stati fatti in questi ultimi anni nella cura del tumore del seno metastatico?
«La prima “conquista”, e la più importante, l’abbiamo raggiunta nel miglioramento dell’aspettativa di vita, passata da pochi mesi degli anni ’70 a oltre 50 mesi negli anni 2000, dovuta soprattutto a un miglioramento delle armi terapeutiche, tra cui la disponibilità di farmaci innovativi ed efficaci sviluppati nel corso degli anni. Grazie anche al lavoro dei ricercatori che negli anni 2000, studiando centinaia di geni, hanno capito che il tumore della mammella non è un’unica malattia, ma ne esistono di diversi tipi e sottotipi, ognuno dei quali merita un trattamento “personalizzato” alla natura e tipologia della malattia stessa. Partendo da questa preziosa informazione, oggi si stanno studiando specifiche alterazioni di ogni singolo tumore, per offrire alle donne terapie mirate con farmaci innovativi capaci di contrastare la crescita di cellule neoplastiche o evitando che sviluppino metastasi».
Di che farmaci si tratta?
«Oggi disponiamo di più farmaci, studiati su misura della natura del tumore, che viene classificato in 5 categorie: esistono tumori ER+, HER2+, ER+/HER2+, triplo negativo o BRCA mutato. I tumori HER2+ sono quelli in cui si sono ottenuti i maggiori avanzamenti: oggi sono trattati con anticorpi monoclonali oppure piccole molecole che inibiscono in maniera specifica i meccanismi alla base della crescita di questo tumore, evitando in alcuni casi la tossicità tipica della chemioterapia. I tumori dipendenti dai recettori ormonali, invece, si avvalgono di nuovi farmaci che migliorano in maniera significativa l’efficacia dell’ormonoterapia. Per il tumore triplo negativo si stanno sviluppando studi di immunoterapia, mentre nel sottogruppo di tumori con mutazione di un gene BRCA, recenti studi confermano l’efficacia dei farmaci inibitori di Parp, una proteina coinvolta nei processi di riparazione del DNA. Accanto ai nuovi farmaci ci sono, inoltre, alcune tecniche diagnostiche, come un semplice prelievo di sangue che permetterà di caratterizzare la tipologia del tumore da cui è affetta una donna e di contrastare precocemente l’insorgenza di metastasi. Grazie ai progressi diagnostici e terapeutici, la sopravvivenza nelle donne con tumore del seno metastatico nel corso degli ultimi anni è raddoppiata dal 18%, negli anni ’90, all’attuale 36%. Ma il nostro obiettivo è raggiungere il 100% della sopravvivenza, annullando lo sviluppo di metastasi dopo l’intervento».
Che cosa si sta facendo per raggiungere questo traguardo?
«Si stanno sviluppando nuovi schemi di cura, forti dell’intuizione di Gianni Bonadonna, il primo oncologo al mondo che capì l’importanza di sottoporre la donna, dopo intervento chirurgico, a specifiche terapie che potessero evitare l’insorgenza di metastasi. Un recente studio italiano del 2015 ha messo a punto un nuovo protocollo di cura, con la somministrazione ravvicinata di cicli di chemioterapia, a base di farmaci quali antracicline e taxani, capace di innalzare la sopravvivenza a oltre 90% in 5 anni. L’efficacia di questo schema terapeutico è stata riconosciuta a livello internazionale, tanto che le linee guida americane hanno rivisto i protocolli, includendolo tra i migliori trattamenti da effettuare in donne operate di tumore della mammella».
Quale messaggio dare alle donne, che hanno avuto un tumore al seno?
«Alle donne “guarite”, raccomando di condividere la loro esperienza perché coloro che si ammaleranno di tumore della mammella, in futuro, possano seguire un percorso di cura in maniera più ottimistica. Invito invece le donne con tumore al seno, anche metastatico, a continuare a combattere, perché la ricerca va avanti velocemente e speriamo a breve di poter offrire trattamenti sempre più efficaci in attesa di raggiungere l’obiettivo del 100% di sopravvivenza».
di Francesca Morelli