Diabete: la donna al centro della giornata mondiale

Sono meno studiate nei trial clinici, meno trattate o trattate con minore attenzione. Eppure le donne si ammalano di diabete come gli uomini, sviluppando spesso complicanze in forma addirittura più grave, come le malattie cardiovascolari, l’ictus, la retinopatia. Le donne possono essere colpite da questa malattia in età diverse rispetto agli uomini e in periodi particolarmente delicati come la gravidanza e la menopausa. E si trovano spesso a dover affrontare questa patologia associata ad altre comorbilità. Per questo la Giornata mondiale del diabete (14 novembre), promossa dall’International Diabetes Federation (IDF), è stata dedicata quest’anno alle donne.
Per approfondire le tematiche di questa malattia al femminile abbiamo intervistato la dottoressa Olga Disoteo, della Struttura Semplice Dipartimentale di Diabetologia dell’ASST  Grande Ospedale Metropolitano Niguarda” di Milano, intervenuta in questi giorni all’annuale Congresso AME (Associazione Medici Endocrinologi) di Roma.

In che percentuale il diabete colpisce le donne e a quale età? La menopausa potrebbe essere un fattore di rischio? Potrebbero esserlo altre malattie (ipercolesterolemia, malattie endocrine)?
«I dati di prevalenza del diabete in Italia provengono per lo più da fonti istituzionali. L’ISTAT alla fine degli anni ’80 indicava una prevalenza del 2,5%. Nel 2015 del 5,4% senza differenza tra maschi e femmine (circa 3 milioni di persone). L’Osservatorio ARNO, che raccoglie circa 10 milioni di persone afferenti a 32 ASL del territorio italiano, indica nel 2015 una prevalenza totale del diabete pari al 6.2%. Dallo stesso registro ARNO è emersa una differenza di genere nella prevalenza del diabete che risulta pari al 6.6% negli uomini e al 5.9% nelle donne. Una prevalenza che aumenta con l’età, fino a raggiungere nei dati Istat il 20.3% nelle persone di età superiore a 75 anni. L’età matura e quindi la menopausa, con le modifiche ormonali e fisiche che ne derivano (calo degli estrogeni, incremento del peso e dell’obesità viscerale), è un momento critico per l’insorgenza di diabete, come pure il pregresso diabete gestazionale. La presenza di obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia o di patologie a carico della tiroide, queste ultime molto frequenti nel sesso femminile, del surrene o dell’ipofisi, più rare, possono favorire l’insorgenza di diabete».

È vero che le donne con diabete hanno maggiori rischi cardiovascolari? È possibile prevenirli?
«Il diabete tipo 2 si associa ad un aumento di mortalità del 35-40% rispetto alla popolazione generale, più evidente tra le donne. Le diabetiche perdono parte del vantaggio di sopravvivenza legato al genere femminile proprio a causa della malattia. L’aumentato rischio di mortalità in entrambi i sessi dovuto al diabete si riduce con l’invecchiamento ed è soprattutto legato a patologie cardiovascolari, a seguire per tumori e malattie dell’apparato digerente. La prevenzione della mortalità cardiovascolare si basa sugli stessi principi della prevenzione del diabete stesso: mantenere uno stile di vita sano con alimentazione corretta, astensione dal fumo, modico consumo di alcol, molto modico per le donne, regolare attività fisica, evitare l’eccesso di peso e, se presente, impegnarsi nella sua riduzione oltre a una corretta assunzione di terapie per il controllo del diabete, dell’ipertensione arteriosa, della dislipidemia se presenti. Oggi per la cura del diabete sono disponibili farmaci che hanno dimostrato sicurezza, efficacia e importanti effetti positivi sulla riduzione della mortalità cardiovascolare: tali farmaci devono essere prescritti dallo specialista diabetologo nell’ambito di un corretto approccio alla patologia diabetica».

Esistono farmaci specifici per le donne? Le terapie per il diabete danno risposte differenti nelle donne rispetto agli uomini?
«Non esistono farmaci specifici per la donna diabetica, anzi questo è un aspetto critico. Le donne infatti partecipano meno agli studi clinici che testano la sicurezza e l’efficacia dei farmaci: fino a qualche anno fa i risultati venivano presentati complessivamente senza dividerli sulla base del genere. Oggi questi dati sono disponibili e non mostrano diversità di sicurezza ed efficacia tra i due generi. Diverso invece il discorso dei possibili effetti collaterali che talvolta presentano prevalenza diversa nei due sessi sulla base delle caratteristiche anatomiche».

Quali consigli dare a una donna diabetica riguardo agli stili di vita?
«Il primo e principale è di “non” fumare e mantenere uno stile di vita sano e attivo. In secondo luogo assumere correttamente le terapie prescritte dallo specialista e attenersi con regolarità agli esami prescritti».

Come gestire una gravidanza nella donna diabetica: quali esami deve fare e quali accorgimenti seguire (dieta e farmaci)?
«Sia le donne affette da diabete di tipo1 che di tipo 2 possono intraprendere una o più gravidanze, ma è indispensabile la programmazione, comunicando al medico di famiglia o al diabetologo il desiderio di voler avere un figlio. Il medico invierà la paziente a un centro con esperienza nella gestione del diabete in gravidanza, al fine di ottimizzare il compenso glicemico prima del concepimento, ovvero di mantenere valori glicemici all’interno di un range di riferimento e dell’emoglobina glicata inferiore o uguale a 6,5% (48 mmol/ml). Finché tali valori non verranno raggiunti, sarà necessario l’impiego di un anticoncezionale sicuro concordato con il ginecologo.
Sono da evitare, per la sicurezza della madre e del feto, concepimenti in fase di cattivo compenso glucidico, ovvero con valori di emoglobina glicata e glicemia diversi da quelli previsti. Nelle donne con diabete di tipo 1 potrà essere necessario aumentare o modificare la dose e il tipo di insulina e, in alcuni casi, potrà essere indicato il passaggio a terapia con microinfusore prima del concepimento. Nelle pazienti con diabete di tipo 2 sarà necessario passare a trattamento insulinico prima del concepimento. In entrambe le pazienti dovranno inoltre essere valutate le altre terapie eventualmente assunte, ad esempio per il controllo dell’ipertensione arteriosa o della dislipidemia, che, qualora fossero controindicate in gravidanza, dovranno essere modificate da uno specialista esperto. In caso di patologie tiroidee dovrà essere ottimizzato il controllo prima del concepimento. L’assunzione di acido folico è fondamentale per evitare il rischio di malformazioni fetali. Lo screening delle complicanze diabetiche dovrà essere eseguito prima del concepimento: in particolare occorre effettuare una visita oculistica, un elettrocardiogramma, la microalbuminuria e un regolare controllo della pressione arteriosa. Durante la gravidanza lo specialista diabetologo indicherà la periodicità dei controlli e gli esami da effettuare».

In occasione della Giornata mondiale, dal 15 al 17 novembre dalle 9 alle 13, si potranno richiedere consulenze relative alla gestione del diabete in gravidanza presso l’ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda. Le prestazioni ambulatoriali saranno prenotabili, richiedendo un “visita per la Giornata Mondiale del Diabete”, da tutte le postazioni del front office aziendale e dal n° verde 800638638 da rete fissa – 02999599 da cellulare. Al servizio potranno accedere esclusivamente donne in età 14-45 anni; il tempo previsto per l’incontro è di 15’.

di Paola Trombetta

 

E quando compare in gravidanza? C’è un nuovo sistema di controllo della glicemia

Ogni anno in Italia 40mila gravidanze hanno come complicanza il diabete: il 7,5% delle donne sono diabetiche già prima della gravidanza, mentre nel 15%, circa una donna su 7, la malattia compare durante i nove mesi di gestazione (diabete gestazionale). In questi casi l’organismo non è più in grado di assorbire e utilizzare gli zuccheri per insufficiente produzione di insulina, l’ormone che controlla i livelli di glucosio nel sangue, che tendono ad aumentare durante la gravidanza. «Nel 90% dei casi il diabete gestazionale si risolve dopo il parto, anche se queste donne sono comunque più a rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 in un periodo successivo: il 50% diventa diabetica dopo 5/10 anni», puntualizza la professoressa Ester Vitacolonna, associato alla Scuola di Medicina e Scienze della Salute dell’Università “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara e coordinatrice del Gruppo di Studio Diabete e Gravidanza AMD-SID. «Le donne più a rischio di sviluppare il diabete in gravidanza sono quelle di età superiore a 35 anni, in sovrappeso o obese, con familiarità per questa malattia. Per loro in particolare è fondamentale la misurazione della glicemia a digiuno alla prima visita ginecologica: se supera i 120/126 mg/dl, occorre approfondire la misurazione della glicemia dopo l’assunzione dei pasti (3/4 volte al giorno) o dopo la somministrazione di 75 gr. di glucosio (test da carico). Se la glicemia supera il valore di 200 mg/dl, siamo di fronte a una situazione patologica che deve essere monitorata e controllata».
Oggi, anche per le donne in gravidanza, è stato approvato ed è rimborsabile, un sistema di monitoraggio del glucosio molto pratico (Free Style Libre) che consente di controllare i livelli di glucosio, senza continue punture al dito, usando un semplice sensore che viene applicato sul braccio e un rilevatore che registra i valori di glicemia.

Nei casi di diabete confermato, come si può intervenire? «Occorre innanzitutto cambiare il regime alimentare, con una dieta povera di glucosio e con piccoli pasti più volte al giorno. E poi si consiglia di fare attività fisica. Nei casi di diabete, ovviamente, si devono utilizzare i farmaci: l’insulina, se necessaria, e le terapie che controllano la glicemia». E in caso di mancato controllo del diabete, quali rischi per il feto? «Potrebbe crescere più del dovuto e avere un peso superiore alla media al momento del parto, con il rischio di un parto difficile e conseguente necessità di ricorrere al cesareo», risponde il professor Enrico Ferrazzi, ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’Università degli Studi di Milano e coordinatore dell’Area Medicina Materno-Fetale SIGO. «Alla nascita il bambino potrebbe presentare difficoltà respiratorie e, nei casi estremi, morte perinatale. Il pericolo per la mamma è la comparsa di emorragie dopo il parto. Inoltre il bambino, crescendo, ha un rischio sei volte maggiore di soffrire di obesità e diabete».  P. T.

 

 

 

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