C’è in giro una certa sciatteria amorosa e non è un bene: ne parla Umberta Telfener nel suo ultimo, emozionante libro Letti sfatti. Una guida per tornare a fare l’amore (Giunti editore), con un inedito racconto introduttivo di Chiara Gamberale La famiglia Senzéros.
L’autrice, che è psicologa clinica ed esperta di problematiche della coppia, propone alcune ipotesi sul perché si faccia meno all’amore in quest’epoca iper-moderna e ci fornisce, attraverso un dizionario ragionato, stimoli per tornare a praticarlo e a curarlo, e riscoprirne tutta la straordinarietà.
Donnainsalute l’ha intervistata: ascoltiamola.
Cosa significa sciatteria nel dizionario affettivo?
«Trattare con superficilità la relazione, dandola per scontata, senza curarla, senza prestarle attenzione. Senza avere un vero scambio di emozioni, sensazioni, racconti… una progettualità condivisa. Insomma è uno stare insieme con un investimento al minimo, e finché funziona, senza sforzo e senza impegno. La relazione non deve essere problematica. Le difficoltà vengono gestite separandosi, spesso troppo presto e senza avere capito bene cosa sia successo».
Perché oggi la relazione è una faccenda sempre più complicata?
«Investire nell’amore reciproco implica tempo e attenzione, fare spazio all’altro, accogliendolo. Oggi invece trionfa la paura dell’intimità. Ci si fa prendere dall’entusiasmo dell’inizio perché le emozioni forti fanno circolare adrenalina, poi ci si spaventa, quando è il momento della vicinanza. E allora è come se dicessimo: ti voglio, desidero che tu mi venga vicino, mi conosca, ma aspetta un attimo, non voglio rischiare. Amami ma da lontano, desiderami ma sarò irraggiungibile per te. Anche la paura di essere scoperti per come siamo, di sentire qualcuno troppo vicino a livello emotivo, può renderci latitanti nelle relazioni. E fa costruire così muri attorno al cuore per tenere distante chi può entrare. Non si sta insieme per incontrarsi e arricchirsi delle differenze reciproche, piuttosto per confermarsi o sanare le proprie frustrazioni. Ci sono coppie che vivono dentro un involucro superficiale anziché approfondire l’intimità. E’ così che i rapporti diventano scatole magari belle fuori, ma vuote, chiuse, troppo leggere. Rischiano di volar via alla prima difficoltà. Poi siamo nell’epoca che richiede efficienza, non devi perdere tempo. Ora sono gli incontri sessuali a precedere un possibile innamoramento, si va subito a letto. E internet e social media favoriscono semmai un’esibizione pornografica dell’intimità».
Che tipologia di rapporti vede nella sua pratica clinica?
«Incontro spesso nel mio studio coppie che si sono perse, allontanate. Matrimoni che saltano dopo vent’anni di convivenza, solitudini esasperate, poli-amori, donne fantastiche che restano sole, quarantenni che si mostrano autonome ma sono piene di molte difese, altre che per tenersi il compagno rischiano di rendersi dipendenti e delegare il potere della loro felicità ai partner, altre ancora che hanno imparto a usare i maschi e ad aspettarsi poco da loro, donne più consapevoli della propria sessualità che, anziché essere viste dai maschi come compagne con le quali condividere una sessualità più piena, vengono viste come aggressive e richiedenti. Il risultato? Molte donne, e sempre più uomini, alla domanda se il sesso che praticano corrisponda ai loro desideri, rispondono “no”».
Che sia dovuto a una monotona routine, a un’emicrania cronica o a un problema psicologico o ad ormoni ballerini, il calo del desiderio è un fenomeno molto diffuso. Come affrontarlo?
«Appurato che non ci siano problemi fisici, potrebbe essere vissuto come uno stimolo a riflettere su un particolare momento dell’evoluzione del rapporto. Il difficile compito della coppia è proprio quello di stare al passo con queste trasformazioni, tenendo conto che il sesso, in alcuni casi, è la cartina al tornasole di altre dinamiche. “Quando ti apri con me”, dice una donna al suo uomo in un consulto di coppia, “ho anche voglia di venire a letto con te”. Sarebbe molto costruttivo affrontare il problema insieme, senza far passare troppo tempo ».
Intimità perduta, desiderio che latita… a parte gli innamorati di fresco, sembra che il sesso sia l’ultimo dei pensieri di una coppia. Curioso che questo accada in un’epoca di cosiddetta liberazione…
«Il sesso è per certi versi sopravvalutato, si immagina che possa costituire il collante di un incontro casuale, nello stesso tempo è sottovalutato: viene praticato senza intimità, senza che si sappia niente dell’altro, senza che se ne riconosca la magia. I giovani ne fanno meno in assoluto, lo fanno con tanti, o da soli di fronte a uno schermo. Si cercano anche luoghi insoliti per fare sesso in modalità mordi e fuggi per evitare l’ intimità. Altro che “pantere grigie”, il massimo consumo di Viagra è tra i ragazzi di trent’anni per avere prestazioni da sballo. Le ragazze? Spesso simulano l’orgasmo e praticano ai maschi sesso orale senza provare piacere. L’industria della pornografia fa scuola anche per le ragazze. Tra le trentenni c’è grande libertà di comportamento: il giochino, il consumo di pornografia in rete, il pornoshop… “Scopare” oggi diventa una questione di immagine, c’entra poco con il piacere. Il resto è più importante del sesso. Il lavoro. Il fitness. Gli hobby. Gli amici. Diventa piacere comprare e consumare, avere una parossistica cura di sé».
Cosa sta succedendo al desiderio?
«Paradossalmente nell’epoca in cui di amore e di sesso si parla di più, ed è esibito ovunque, il desiderio latita: perché l’altro è scomparso. Concordo con Byung-Chul Han (uno dei più influenti filosofi contemporanei, sudcoreano vive in Germania). In questi tempi ipermoderni, l’Eros agonizza perché l’altro ormai funge solo da specchio del nostro Ego. Siamo un po’ tutti concentrati su noi stessi, e si ricerca ossessivamente nell’altro un riconoscimento che non sopporta le frustrazioni, l’attesa, le crisi».
Come possiamo ricostruire l’intimità?
«Intimità è la capacità di stare in sintonia con l’altro con rispetto verso se stessi, verso il partner e verso la relazione. Dunque darsi valore è importante. Non sto quindi proponendo un Ego silente che si annulla in un mortifero rapporto fusionale, quanto la possibilità di abbassarne il volume, per fare spazio all’Altro, ascoltarlo, condividere per dialogare. L’intimità prevede il confronto, la libertà di esprimersi, l’accettazione e il rispetto delle differenze, disponibilità e fiducia nel mostrare all’altro anche la nostra vulnerabilità, lasciando la porta aperta senza paura che l’altro ne approfitti. E questo è possibile solo se prima riusciamo ad essere intimi con noi stessi, a connetterci con le nostre parti più profonde (“cosa penso, cosa desidero, quali sono i miei sogni e i miei valori?”). Solo se riusciamo a entrare in confidenza con quello che sentiamo veramente, sappiamo capire come muoverci nelle relazioni affettive. E quando andare via».
A proposito della ricorrenza di San Valentino, cosa pensa della festa degli innamorati?
«I rituali continuano a essere centrali per noi: è un modo per ricordare che amarsi è importante. E’ però diventata prevalentemente una festa commerciale: milioni di coppie in tutto il mondo si sentono in “obbligo” di dover regalare cuori e cuoricini, di cioccolato, d’oro, d’argento, l’immancabile profumo, il classico completino intimo, weekend di lusso, cene a lume di candela e chi più ne ha più ne metta. Il mio consiglio è: regalate invece al partner attenzione, gioia, una risata. Sorprese d’amore. Per sorpresa intendo tutto ciò che non è consuetudine. Quante volte stiamo bene con lui/lei e non ci facciamo caso? Il mantra di questa festa allora diventa: “So che ci sei e ne sono felice”. Serve a riconoscere la presenza del partner e a non darla per scontata, né ai tuoi né ai suoi occhi. Prova. E scopri cosa cambia».
di Cristina Tirinzoni