Diabete 2: in arrivo una nuova combinazione di farmaci

«Sudore freddo, le gambe che tremano e il battito cardiaco accelera all’improvviso. Le forze vengono meno: stai per svenire e ti accorgi giusto in tempo, quando va bene, di sederti e avvisare qualcuno. E’ una sensazione terribile: è come se stessi per morire e ne sei consapevole, senza poter fare nulla. Quando la provi anche solo una volta, poi rimani in ansia perenne, perché hai paura che si ripeta». Così Monica, 55 anni, insegnante, racconta la crisi ipoglicemica che ha affrontato qualche anno fa, quando era andata da poco in menopausa. Da allora è molto attenta alla terapia, perché sa benissimo che, con la menopausa, gli sbalzi ormonali potrebbero accentuare le crisi, soprattutto se la malattia non è ben controllata. Più della metà delle persone con diabete tipo 2 in cura con insulina non ha un buon controllo della malattia. E il 46% va incontro a crisi ipoglicemiche frequenti. «Questo accade perché il diabete, per sua natura, è una malattia progressiva e impone che, nel tempo, la terapia venga opportunamente intensificata, associando ai farmaci orali antiglicemizzanti dosi adeguate di insulina, quando necessario, per mantenere un buon compenso metabolico, fondamentale per prevenire o rallentare le complicanze a lungo termine, come quelle micro e macrovascolari», puntualizza Simona Frontoni, professoressa di Endocrinologia, all’Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina, Università di Roma Tor Vergata. «Nella pratica clinica però si assiste spesso a una ritardata o mancata attuazione di una corretta impostazione della terapia, con conseguente mancato raggiungimento di un buon controllo del diabete».

Gli ostacoli al rimodellamento della terapia sono molteplici e sono da ricondurre sia a fattori legati al paziente, sia a scelte del medico. Lo dimostrano i risultati della ricerca POC (Perceptions of Control), condotta in Italia su un campione di 100 medici e 250 persone con diabete in trattamento con insulina basale. Lo studio è stato illustrato nel corso di un evento a Milano, promosso da Novo Nordisk, dove è stato presentato un nuovo farmaco IDegLira, la prima e unica combinazione di insulina degludec e liraglutide, analogo del recettore del GLP-1 in grado di potenziare l’azione dell’insulina, che consente di intensificare la terapia con una sola iniezione sottocutanea al giorno. «Per la ricerca POC le barriere all’intensificazione terapeutica, più spesso percepite dal medico, riguardano le difficoltà del paziente ad affrontare una terapia più complessa a causa di problemi cognitivi legati anche all’età avanzata (64%), la preoccupazione per le ipoglicemie (45%), soprattutto se il paziente ha un lavoro dove una crisi ipoglicemica potrebbe essere pericolosa, e la riluttanza dei pazienti a intensificare il trattamento per non aggiungere ulteriori iniezioni a quelle che già fanno (35%)», spiega Antonio Nicolucci, direttore Coresearch – Center for outcomes research and clinical epidemiology. «Secondo le raccomandazioni delle società scientifiche americane ed europee ADA (American Diabetes Association)/EASD (European Foundation for the Study of Diabetes), se l’aggiunta di insulina basale ai medicinali orali per il diabete fallisce, bisogna procedere con una terapia iniettiva combinata con più farmaci», spiega Agostino Consoli, professore di Endocrinologia presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti – Pescara. «Tra le possibili strategie, si propone l’aggiunta di un’iniezione di insulina ad azione rapida prima del pasto più abbondante o di agonisti recettoriali del GLP-1. In entrambi i casi ciò implica per il paziente l’introduzione di un’ulteriore iniezione e quindi una gestione più complicata della cura. Con la nuova formulazione IDegLira questo non è più necessario, perché i due principi attivi sono uniti in un’unica formulazione in una pennetta preriempita, da somministrare una sola volta al giorno». Come funziona questa combinazione? «Rispetto all’insulina basale, IDegLira si è dimostrata efficace nel trattamento del diabete tipo 2, perché agisce tanto sulla glicemia a digiuno quanto sulle escursioni glicemiche successive ai pasti della giornata», aggiunge Consoli. «L’insulina Degludec ha infatti un’emivita molto lunga e viene rilasciata lentamente: è dunque più sicura dal momento che comporta un rischio inferiore di ipoglicemia. Consente anche un minor aumento del peso, in quanto Liraglutide, analogo del GLP1, potenzia l’effetto dell’insulina e agisce su un ormone, il glucagone, rallentando lo svuotamento gastrico e riducendo così l’appetito. È inoltre comoda per il paziente in quanto consente una sola iniezione al giorno: questo fattore è importante perché spesso la mancata aderenza alla terapia è connessa alla complessità della somministrazione. E tranquillizza il paziente che si sente più protetto contro le crisi ipoglicemiche». «Può accadere che la paura di avere una crisi ipoglicemica, soprattutto di notte quando il paziente non ha controllo, possa portare ad aumentare l’assunzione di cibo o modificare la dose di insulina, con il rischio di compromettere ulteriormente il controllo glicemico», fa notare la professoressa Frontoni. «Le persone con diabete di tipo 2 presentano spesso una problematica di sovrappeso e incremento legato alla terapia, problema che con questa nuova combinazione non si verifica».

IDegLira è in classe A, rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale in quasi tutte le Regioni (tranne Emilia Romagna, Calabria, Sicilia e Sardegna che stanno definendo i rimborsi): è indicata per gli adulti con diabete tipo 2 trattati con insulina e ipoglicemizzanti orali, che non ottengono un controllo glicemico adeguato. In particolare, lo studio clinico DUAL V ha dimostrato che, rispetto ai pazienti trattati con sola insulina glargine, le persone con diabete tipo 2 in cura con IDegLira hanno ottenuto maggior riduzione dell’emoglobina glicata, una diminuzione del peso corporeo (calo di 1,4 kg rispetto a un aumento di 1,8 e un tasso di ipoglicemie inferiore del 57% (2,2 rispetto a 5,1 eventi per paziente per anno).

di Paola Trombetta

 

Più della metà dei diabetici di tipo 2 non è aderente alle terapie

Inerzia terapeutica dei diabetologi e non aderenza del paziente alle prescrizioni: questi sono i due fenomeni che incidono maggiormente sul mancato raggiungimento di un buon compenso glicemico nei diabetici di tipo 2. Meno della metà di loro raggiunge, infatti, i livelli di emoglobina glicata consigliati dalle Linee guida. L’inerzia terapeutica è uno degli errori più diffusi tra i diabetologi e consiste nel mancato riadattamento della cura quando questa non risulti efficace. La non aderenza del paziente alla prescrizione farmacologica e allo stile di vita, viene riscontrata dai diabetologi mediamente nella metà dei loro assistiti. “È un problema dal pesante impatto economico”, evidenzia Domenico Mannino, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD).Secondo dati OMS, il costo annuo della non aderenza alle terapie farmacologiche è di circa 125 miliardi di euro in Europa e di 100 miliardi di dollari negli Stati Uniti. L’operatore sanitario è oggi sottoposto a forti pressioni: l’innovazione terapeutica sta rivoluzionando gli scenari dell’assistenza alle persone con diabete, ma la sostenibilità del sistema sanitario impone continue restrizioni.  Per il diabetologo che lavora con i pazienti, lo stress cronico può essere emotivamente logorante e causare difficoltà nell’erogazione quotidiana delle cure”. Proprio per far fronte a questa situazione, fornire ai diabetologi le competenze per vincere l’inerzia terapeutica e le capacità relazionali e comunicative per coinvolgere più attivamente il paziente, anche sfruttando nuove tecnologie e social media, AMD lancia la nuova “Scuola per educatori in diabetologia”. Il progetto formativo prenderà il via il 23 e 24 febbraio prossimi con il primo ciclo di lezioni e si articolerà in più moduli nel corso dell’anno per concludersi a novembre. Per informazioni: www.aemmedi.it      P.T.

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